Conte resta solo a prendersi il merito della Manovra scritta da Bruxelles

Nicola Imberti

Di Maio e Salvini assenti a Palazzo Madama durante l'informativa sulla legge di Bilancio. E alla fine commentano entusiasti: “Un plauso al presidente del Consiglio”

La plasticità della scena si rovina solo quando il microfono, in un moto di ribellione antisovranista, decide di emettere un fastidioso fruscio. I commessi del Senato, su indicazione della presidente Casellati, provano a sostituirlo. Poi il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è costretto a cambiare posto e microfono. Per chi si collega in quei minuti con la diretta streaming di Palazzo Madama l'effetto è straniante. Il premier leggermente decentrato rispetto al “posto d'onore” che normalmente gli spetta al centro dei banchi del governo. Prima di questo imprevisto cambio di programma, però, l'effetto è altrettanto straniante. Perché in questi mesi, quasi sempre, Conte è stato immortalato nelle aule del Parlamento incastonato tra i suoi dioscuri, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Un presidente commissariato, lo hanno definito, una figura diafana scelta per dare un volto pulito all'impresentabilità gialloverde.

 

Ma stavolta non è così. Di Maio e Salvini non ci sono. Al fianco di Conte i tecnici Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi. È, a suo modo, un cambio di paradigma. Un messaggio. Il leader della Lega e quello del M5s sanno bene che quella approvata a Bruxelles non è la loro Manovra, non poteva esserlo per via di promesse troppo strampalate per risultare credibili, non può esserlo perché politicamente nessuno dei due vicepremier può intestarsi un documento che è stato pensato, scritto e limato, in assoluta sintonia con i “burocrati” di Bruxelles. E allora tocca a Conte. È suo il merito. Suoi saranno, quando la piazza ne chiederà conto (e c'è da giurarci che succederà), le colpe.

 

E così mentre Conte spiega che nel momento di maggior tensione è stato lui ad “assumersi onere e responsabilità di riannodare i fili del dialogo” con Bruxelles. Mentre assicura che il governo non ha “ceduto sui contenuti”, è rimasto “fermo nelle proprie determinazioni” e che “reddito e quota 100 partiranno nei tempi previsti”, resta l'impressione che quella che sta andando in scena a Palazzo Madama altro non sia che una raffinata operazione di smarcamento politico.

 

Non a caso, poco dopo che il premier ha terminato il suo intervento, ecco arrivare i commenti ufficiali dei due vicepremier assenti. “A Giuseppe Conte - dice Di Maio - va il mio plauso per lo straordinario lavoro e il risultato portato a casa in Europa sulla manovra economica, nel solo ed esclusivo interesse dei cittadini italiani. Il presidente del Consiglio con coraggio e competenza è riuscito ad avere successo in un negoziato delicato con la Commissione europea senza mai indietreggiare e senza tradire gli italiani. Anzi, portando avanti il dialogo con determinazione e a testa alta, scongiurando una procedura di infrazione che sarebbe stata, nei contenuti, davvero inaccettabile per il nostro paese”.

 

“Aver evitato la procedura d'infrazione è la vittoria del buonsenso per il bene dei cittadini italiani - gli fa eco Salvini - Un plauso al presidente Giuseppe Conte che ha portato avanti la trattativa con Bruxelles con competenza, serietà e fermezza. Le misure che abbiamo promesso le faremo nei modi e nei tempi previsti, dallo smantellamento della Fornero al reddito di cittadinanza, al taglio delle tasse per partite Iva, commercianti, professionisti e piccole imprese. Ora avanti tutta, con la manovra: siamo soddisfatti per i risultati raggiunti che diventeranno soldi veri da gennaio per aiutare milioni di italiani”.

 

In realtà, a Bruxelles, il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha appena spiegato che “la composizione delle misure annunciate e della manovra nel suo complesso desta ancora preoccupazione” e che l'Italia resta comunque sotto osservazione. Insomma, l'ipotesi di una procedura di infrazione potrebbe comunque tornare d'attualità. Ma poco importa, comunque vada il capro espiatorio c'è già. Ha stato Conte.

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