Il ministro dell'Istruzione Marco Bussetti (Foto LaPresse)

Bussetti, il ministro grigioverde

Marianna Rizzini

L’ex prof di ginnastica tutto casa, chiesa e niente chat che fa il poliziotto buono con gli studenti ribelli e gioca a fare l’anti Truce

Il presepe da salvare, il crocifisso da non maltrattare, i compiti delle vacanze da dare e non dare (darli, sì, ma pochi, per non gravare sugli impegni delle famiglie): dopo sei mesi di governo gialloverde, e viste le numerose dichiarazioni sui temi suddetti, si vede spuntare qui e lì, quasi dal nulla, il nome del finora poco citato ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, l’uomo che a inizio giugno, a esecutivo appena formato e alla comparsa delle foto ufficiali dal Quirinale, veniva individuato (non per sua colpa) più che altro per esclusione: questo è Luigi Di Maio, questo è Matteo Salvini, questo è Danilo Toninelli, questo è Giovanni Tria, questi sono i leghisti, questi sono i Cinque stelle, questo dev’essere il ministro dell’Istruzione. Ah, e chi è? E capitava sovente che, nel gioco delle individuazioni, l’elettore confondesse Bussetti con il ministro della Cultura Alberto Bonisoli, e Bonisoli con Bussetti, e anche oggi non è detto che lo studente appena uscito dal ciclo autunnale delle occupazioni consideri Bussetti il suo peggior nemico: davanti al liceo Mamiani, a Roma, due mesi fa, contro Salvini si protestava, ma Bussetti neanche veniva nominato.

 

Non conosciutissimo, all’inizio veniva confuso con il ministro della Cultura Bonisoli.Ora si trova (suo malgrado?) in campo 

E forse la difficoltà di individuazione sta anche nel percorso: all’Istruzione, per settimane, pareva dovessero andare altri, e primo tra gli altri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vincenzo Spadafora, e poi Salvatore Giuliano, già preside in un istituto tecnico in quel di Brindisi e oggi sottosegretario nello stesso ministero che pareva destinato a lui nei giorni preelettorali in cui Di Maio, dal quartiere Eur, pronunciava i nomi del proprio futuro governo (soltanto immaginato).

 

Tempo due mesi, e al Miur arrivava però Bussetti, in teoria un “tecnico” (ex insegnante di educazione fisica e di sostegno con laurea in Scienze motorie, ex responsabile dell’ufficio scolastico regionale lombardo con impegni da docente all’Università Cattolica), ma in pratica politicamente ancorato al mondo leghista via Giancarlo Giorgetti, suo amico ed estimatore, e politicamente a confronto, da anni, con i parlamentari di Forza Italia esperti di temi scolastici (come Valentina Aprea, che ha promesso di “incalzare” il ministro fin dalla prima audizione in Commissione: “… libertà di scelta, autonomia, innovazione, internazionalizzazione, sistema duale, apprendimento attivo, problem solving e apprendistato. Incalzeremo il ministro su questi temi perché il nostro paese non rimanga indietro e i nostri giovani possano al contrario avere opportunità di studio e di lavoro in linea con i paesi europei più avanzati”, ha detto Aprea).

 

Ma il motivo per cui il “tecnico” Bussetti, non nuovo ai labirinti delle burocrazie, è salito infine sulla poltrona su cui sedeva Valeria Fedeli è anche legato – questo si evinceva inizialmente – all’intenzione gialloverde di smantellare la Buona Scuola renziana (serviva una persona con conoscenza specifica di leggi e regolamenti scolastici). Poi è arrivato il diluvio, nel senso dell’urgenza M5s-Lega sulla manovra e nel rapporto con l’Europa, e però in mezzo al diluvio, di tanto in tanto, c’è Bussetti che s’affaccia, un po’ marziano un po’ pompiere un po’, come si suol dire, “buon padre di famiglia”: solo che la famiglia è quella “Dio e patria” di impostazione salviniana (intanto Bussetti, nei giorni successivi alla tragedia della discoteca di Corinaldo, ha fatto sapere di non gradire i testi sulle droghe del trapper Sferaebbasta, che tra l’altro, ha detto, non piace neanche alle sue figlie).

 

È contro i cantanti che parlano di droghe e contro le chat docenti-genitori. E ancora vede la sua maestra elementare

 Intanto, però, zitto zitto o quasi, il ministro ha apportato un (ennesimo) cambiamento all’esame di maturità, rendendolo più difficile o più facile a seconda dei punti di vista (con un paio di certezze: no alla terza prova e modifiche alla seconda; sì alla tesina, no a un colloquio obbligatorio sull’alternanza scuola-lavoro, altra eredità del passato che inizialmente pareva in cima alla lista gialloverde delle bestie nere in tema di istruzione). Sempre zitto zitto, a inizio novembre, Bussetti si è reso protagonista di una vicenda lì per lì non chiara ai più: “Oggi il ministro Bussetti con mia sorpresa mi ha comunicato la revoca immediata dell’incarico di presidente dell’Agenzia spaziale italiana”, twittava infatti una mattina Roberto Battiston, dal 2014 presidente dell’Asi. “È il primo spoils system in un Ente di ricerca”, scriveva, poco prima che la notizia desse il via a supposizioni del tipo: “C’è maretta sullo spazio tra M5s e Lega”, visto il disappunto in proposito del viceministro in quota grillina Lorenzo Fioramonti, economista (“ho appreso anche io questa notizia dai social network stamattina.

 

  

Non sarebbe male se decisioni che attengono allo sviluppo e alla leadership del sistema di ricerca in Italia si condividessero anche con il viceministro, visto che si è occupato di ricerca scientifica per anni”, diceva parlando di sé in terza persona Fioramonti). Corollario delle supposizioni, lo sbilanciamento sul lato leghista riguardo alle politiche spaziali e aerospaziali, su cui ha delega il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e su cui di riflesso vigila l’uomo-pilastro dei salviniani al Miur: Giuseppe Valditara, capo dipartimento per la Formazione superiore e la ricerca, già senatore berlusconiano, già docente di Diritto romano e consigliere dell’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini (e qualche giorno fa l’Espresso aveva attribuito a Valditara, in prospettiva, l’intenzione di puntare sulla “massima autonomia alle università e massima autonomia anche ai professori, a costo di mettere mano al loro status giuridico fissato per legge”, con conseguente “liberalizzazione pressoché completa delle attività extra accademiche dei docenti”, su consulenze ed eventuali incarichi per conto di enti pubblici e privati”).

 

Intanto, dal Miur, che è diventato sommessamente terra di attrito tra Cinque stelle e Lega, filtrano idee diverse sui test Invalsi, la cui abolizione era vista di buon occhio dai Cinque stelle senza per questo essere priorità per la Lega (ieri Repubblica titolava: “Test Invalsi verso la pensione”, ma aggiungeva che “solo un mese fa Bussetti aveva smentito”). Sia come sia, il cinquantaseienne Bussetti, da “marziano” che era, può ora ritrovarsi metaforicamente al fronte, ché il contratto di governo rischia di scricchiolare anche in campo scolastico-universitario.

 

Ex insegnante di ginnastica, ex provveditore, esperto di burocrazie e regolamenti, vicino al sottosegretario leghista Giorgetti

E pensare che Bussetti, fino a sei mesi fa, aveva seguito il tipico cursus della carriera interna scolastica: dalla docenza alla presidenza (di istituto) al provveditorato. Non immaginava di ritrovarsi ministro, l’ex coach di pallacanestro (l’altezza tradisce l’antico impiego) con esperienze di insegnamento nei master dell’Università Cattolica, tanto più che, nei giorni interminabili e convulsi che hanno preceduto la formazione del governo, Bussetti si è ritrovato a doversi preparare alla cerimonia del giuramento per ben due volte: sei tu, gli hanno detto una sera, per poi passare al “come non detto” il giorno dopo. Ma il “sei tu” veniva ripetuto a stretto giro, motivo per cui il futuro ministro, come ha raccontato un giorno a Emanuela Fiorentino su Panorama, ha dovuto tirare fuori e rimettere nell’armadio per due volte il vestito buono, con tanta gratitudine, ha raccontato nella stessa intervista, per la ex maestra Nicolina, “severa ma bravissima”, una a cui bastava guardare la classe per ottenere silenzio immediato. Grazie a Nicolina, dice Bussetti, metà della classe ha fatto carriera, e la maestra ancora segue gli ex alunni (a lui dice “mi raccomando, fai il bravo”).

 

Al secondo posto, nel cuore scolastico del ministro, sta un professore universitario: “…il mitico professor Famulari, docente di chimica. Dovevo fare l’esame di biochimica e studiare un testo di ottocento pagine, lo stesso di Medicina. Su 100 ne passavano sei o sette. Un giorno, nel bar di fronte all’università lo incontro, lo saluto, mi chiede ‘tu chi sei?’, mi presento e gli dico che devo affrontare un’impresa impossibile. Ero disperato. ‘Vieni su con me’, mi ha portato a casa sua, a due passi da lì. Per tre giorni sono andato da lui a studiare, mi ha fornito le chiavi per aprire la mente. L’esame andò benissimo. Sono quelli che fanno davvero bene le cose a lasciare il segno”.

 

A chi obietti che un ex prof di ginnastica non sia adatto a fare il ministro, Bussetti di solito risponde con il curriculum (anche considerato, forse, che nel governo Lega-Cinque stelle c’è chi ne ha di molto sguarniti): la laurea in Scienze motorie, l’esperienza di provveditore, il diploma Isef, l’insegnamento. “Non è il titolo a dimostrare la qualità di un uomo”, e la cosa mette d’accordo, evidentemente, i fautori dell’“uno vale uno” grillini quanto i paladini della salita leghista al potere senza altri partiti di centrodestra. E però Bussetti non ha l’aria truce del Truce (Matteo Salvini) né il sorriso tirato di Luigi Di Maio: si presenta serenissimo negli studi televisivi, come se il fatto di essere membro del governo degli Arrabbiati contro la Ue e contro i fantomatici “poteri forti” non lo riguardasse, e a fine agosto, parlando di Buona Scuola dagli studi de La7, e dell’“algoritmo” tanto vituperato per una parte dei docenti, non si sbilanciava sul futuro, pur concedendo critiche sul passato. E insomma alimentava il sospetto di un temporeggiamento in attesa di vera e propria mossa in area salviniana.

 

Ma tra due litiganti gialloverdi (ora) il ministro, come il premier Giuseppe Conte su un altro piano, potrebbe anche ritagliarsi uno spazio, e si vede che lo spazio cui Bussetti mira ha a che fare con quella che chiama “la scuola come comunità più importante”. E all’apertura dell’anno scolastico, all’Isola d’Elba, ha idealmente sottoscritto le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella sui figli-bulli di genitori-bulli: “Qualche tessuto è stato lacerato nella società. Alcuni gravi episodi di violenza – genitori che hanno aggredito gli insegnanti dei propri figli – rappresentano un segnale d’allarme che non va sottovalutato. Il genitore-bullo non è meno distruttivo dello studente-bullo, il cui rifiuto cresce sempre di più nell’animo degli studenti, a scuola e nel web”.

 

Difensore di tradizioni cattoliche e coprotagonista del cosiddetto caso “spoils system all’Agenzia spaziale italiana

Concetto, questo, che pare venga ripetuto dal ministro a intermittenza ma con costanza. Ma Bussetti ha ottenuto subitanea uscita dal cono d’ombra il giorno in cui ha criticato l’uso smodato delle chat tra professori e studenti, e tra docenti e genitori, abitudine foriera di malintesi nonché veicolo di allarmismi, superstizioni, indignazioni un tanto al chilo: “I professori devono utilizzare le vie istituzionali. Esistono e quindi vanno utilizzate. Lo dico per il rispetto dei ruoli”.

 

Uomo casa e chiesa (le tradizioni cattoliche per Bussetti sono sacre, e non solo a Natale), il ministro non-truce ha fatto il poliziotto buono durante le occupazioni studentesche in cui, come si è detto, non era lui il nemico numero uno: “I ragazzi che manifestano lo fanno per qualcosa a cui tengono. Io la vedo così, la vedo sempre in positivo. Lo fanno per la loro scuola: è chiaro che la maniera è inopportuna. Non devono farlo attraverso l’occupazione. Credo però che reagiscano in questo modo perché non trovano chi li ascolta”. (Detto da uno che “non ha mai picchettato”, ritenendolo “un gesto poco rispettoso delle istituzioni”). Ma ieri, nel giorno della firma del nuovo contratto per dirigenti di scuole e università, lasciava da parte l’aria mansueta per tuonare contro lo scandalo mense scolastiche scoperto dai Nas: “Chi ha messo a repentaglio la salute dei nostri bimbi non resterà impunito”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.