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La lunga traversata

Giuseppe De Filippi

Fiducia, generosità, innovazione per contrastare il populismo. Beatrice Lorenzin e la ricerca di una nuova offerta politica

Beatrice Lorenzin parla di lunga traversata nel deserto che attende chi voglia riorganizzare (o, come sarebbe meglio dire, organizzare per la prima volta) un’offerta politica liberaldemocratica, europeista, centrista, e pro business pro opportunità, non truce, non inumana, non nazionalista. Non bastano più poche parole definitorie, una sola magari, perché il populismo al potere ma in eterna campagna elettorale ha inquinato anche il lessico pubblico, costringendo a mille precisazioni, a mille distinguo. E’ una fatica, ma è anche un esercizio utile, perché spinge a pensare, a definire, a chiarire, Nelle semplificazioni sono più bravi quelli del campo, dei campi, avversi. Lorenzin guarda così anche al congresso del Pd, “se non riesce a creare e a far vivere un partito aperto, quindi anche complesso, allora il progetto è perdente e certamente poco interessante per tutte quelle forze, compresa la mia piccola bandiera centrista, che non solo si oppongono al governo attuale ma erano state individuate, con progetti coraggiosi, già dai primi anni Novanta, già da prima che nascesse il Pd, come pari, come protagonisti, appunto alla pari in termini politici, di una costruzione politica ampia, ricca, varia”. Tornando al gruppetto, tanto omogeneo quanto poco interessato al resto del mondo – dice Lorenzin guardando al Pd – “non ci sarebbe né successo elettorale né possibilità di costruire qualcosa di utile anche nelle alleanze”. E questo, ci dice, non significa prendere posizione contro Nicola Zingaretti, ma chiedere a quello che resta il più grande partito del centrosinistra di non arroccarsi, di non chiudere un’esperienza positiva, di saper essere, anche per il futuro, una specie di piattaforma, nella quale inserire diverse istanze e diverse rappresentanze, senza scivolare nelle soluzioni solo numeriche guardando verso i grillini. Ma il più da fare riguarda il recupero degli elettori centristi. Secondo Lorenzin “Salvini non li ha veramente conquistati e non ne è stato conquistato. Il leader leghista non è condizionato da questi elettori, dalla loro agenda. La flat tax è sparita nel nulla e con essa tutte le questioni fiscali che sono alla base del malcontento del mondo produttivo. Ma Salvini non dà neppure l’impressione di ascoltare queste richieste. non ha preso posizione, tranne uno sbrigativo e si direbbe deludente incontro al ministero, verso le organizzazioni che in modo inedito hanno segnalato la loro preoccupazione per i danni delle politiche attuali riguardo alle aziende, al lavoro, alla creazione di ricchezza. Salvini non difende nessuna delle loro priorità, basta guardare a cosa ne è stato dell’alternanza scuola-lavoro. O alla quota 100, palesemente anti giovani, e quindi dannosa anche per la crescita futura. Sembra inebriato, o forse non ha ancora scelto, o forse ha un rapporto complicato con i Cinque stelle, o forse non gli interessa proprio quel mondo perché l’assenza di offerta moderata ha creato e sta creando una specie di effetto Trump, polarizzando comunque voti, anche non convintissimi, a favore di Salvini”.

  

Ma non sarà sempre così. Lorenzin è convinta che si possa, sia pure con fatica, riorganizzare la rappresentanza del partito del pil, estendendolo però a parti della società molto più ampie della versione confindustriale del settore produttivo. Lo dice con un’espressione un po’ sociologica, chiedendo “non più una rappresentanza verticale”, ma partecipazione e protagonismo di parti della società che si sono ammutolite o che hanno ritrovato da poco una voce nuova. Come, e li cita, i vari movimenti in sostegno delle infrastrutture e delle città. I protagonisti/missionari della nuova offerta politica liberaldemocratica ecc. li chiama “mediatori del conflitto”, perché, dice Lorenzin, “serve un grande lavoro politico, non online, o non solo online, per raggiungere cittadini sballottati da narrazioni confuse o tutte costruite sul negativo, sulla tetraggine, sulla perdita di speranza. Con chi è in quella condizione funziona solo il dialogo diretto, ovvero l’iniziativa politica tradizionale, per offrire racconti positivi e fattivi, e quindi responsabilizzanti, anche a partire dal conflitto, innegabile, prodotto dai cambiamenti tecnologici e organizzativi nel lavoro, dalla globalizzazione, dai rischi mondiali sul clima, dall’impoverimento di lungo periodo indotto dalla crisi demografica”. Perché l’economia tende al peggioramento e bisogna essere pronti a contrastare il populismo che vorrà cavalcare anche i danni da esso stesso creati per raccogliere rabbia e voti. Servono invece fiducia, generosità politica, innovazione e non ripiegamento. La traversata può essere lunga ma per Lorenzin è cominciata già in campagna elettorale, quando si trovò a incontrare un centinaio di ragazzi nel suo collegio vicino a Modena. Arrivati tutti leghisti e cinque stelle e soprattutto convinti di vivere in un’epoca tetra, senza speranze. “Ma con un lungo e direi capillare confronto, finito alle 2 di notte, credo di averne convinti un bel po’. La soluzione? non ho blandito la loro negatività ricevuta, ma ho descritto la condizione reale in cui si trovavano, come giovani di un’area ricca, solidale, ben governata, e ho recuperato in loro la molla della responsabilità individuale, del voler fare, del futuro”.

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