Matteo Zoppas (foto Imagoeconomica)

Matteo del nord-est

Marianna Rizzini

Ha simpatie leghiste ma critica il lassismo di Salvini sul decreto dignità di Di Maio. Zoppas, l’imprenditore che dice “attenti a quei due”

Vado a riprendermi i consensi al nord, dice il vicepremier a Cinque stelle Luigi Di Maio, a suggello dell’ormai non mascherabile disfida con il co-firmatore del contratto governativo e vicepremier Matteo Salvini. Ma bisogna vedere al nord come si mettono le cose (per l’uno e per l’altro e anche per gli altri, quelli che, in caso di crisi vera, potrebbero far parte dei cosiddetti “piani B”). Tanto più che l’estate del nord, e in particolare del nord-est, non è stata sonnacchiosa come può esserlo una passeggiata tra colli, monti e arenili adriatici, per quanto riguarda lo stato d’allerta presso gli imprenditori che della Lega sono stati a lungo base sociale e che alla Lega alleata dei Cinque stelle ora guardano con qualche perplessità, al punto da immaginare manifestazioni congiunte industriali-lavoratori.

 

E infatti già in luglio (e poi a inizio agosto, e poi ancora a fine agosto) il presidente di Confindustria Veneto Matteo Zoppas, quarantaquattrenne figlio d’arte da parte di padre (Zoppas, appunto) e di madre (famiglia Zanussi), con business allocato tra il ramo elettrodomestici e quello dell’acqua minerale (San Benedetto) e con impegno profuso a favore del premio Campiello,

Presidente di Confindustria Veneto, figlio d’arte di madre e di padre, ha lanciato l’allarme per le imprese in tempi gialloverdi

della cui Fondazione è presidente, non l’ha certo mandata a dire: “Molte aziende falliranno per colpa di queste regole”, cioè delle regole previste dal decreto dignità, diceva alla Stampa. “Ci sarà un impatto devastante sulle imprese”, diceva al Giorno, lasciando intendere che non confondeva il giallo con il verde: “So che il Carroccio non ci abbandonerà anche perché non sono poche le personalità venete del partito che hanno espresso perplessità nei confronti di un decreto… che rende talmente poco flessibile il mercato del lavoro che ci obbligherà a sacrificare parecchie opportunità di business, portando a non rinnovare contratti per via della stretta voluta da Di Maio”. E sul calar di settembre, in un’intervista a Libero, dal Trevigiano aveva rincarato: “E’ inutile illudersi di essere usciti dalla crisi. Una ripresa dell’1,2 ma anche fosse 1,5 per cento non è gran cosa e non risolve i problemi. L’economia oggi è a due velocità, con aziende in ripresa ma settori come l’edile, l’elettrodomestico e i mobili, ancora in affanno… non c’è più tempo da perdere. Con questa Finanziaria in autunno il governo si gioca tantissimo. Noi imprenditori siamo qui, pronti al dialogo, vorremmo essere ascoltati, non ignorati, come con il decreto dignità, che è stata una pessima partenza. Ci saremmo aspettati più interazione”.

 

E chiedeva, Zoppas, un “cambio di atteggiamento politico” al governo, sempre parlando a Di Maio perché (anche) Salvini intendesse. Tanto insistente è parso ultimamente questo Zoppas-Cassandra, profeta di sventura degli imprenditori cui è toccata in sorte l’alba del percorso anti-mercatista, assistenzialista e neocentralista del M5s, che qualcuno, tra Pordenone e Treviso, ha cominciato a domandarsi: “Ma per caso vuole candidarsi, Zoppas?” (variante: “Per caso vogliono farlo candidare,

Bocconiano, motociclista e pilota di elicottero, vive a Conegliano, ha animato cronache economiche e cronache rosa

Zoppas?”). E fantasticavano, gli autoctoni, su un futuro in politica dell’erede delle due famiglie storiche dell’imprenditoria di zona, uomo finora per così dire non da comizio, e anzi incline a una vita di lavoro e sport nella dimora situata proprio accanto al castello di Conegliano, e anzi praticamente all’interno della cinta muraria dello stesso (basìti rimasero i cronisti di motociclismo, anni fa, nell’apprendere che Zoppas, certezza delle gare trevigiane in Enduro, aveva in casa, oltre a una normale piscina, una specie di pista adatta alle sue tre moto, pur non possedendo un vero e proprio box). E però nessuno sa dire, nel Triveneto, se davvero ci abbia pensato, a preparare in qualche modo una futura discesa in campo, lo Zoppas improvvisamente loquace che ha acceso le speranze del centrodestra non salviniano e persino del Pd in cerca di connessione con il ceto medio produttivo (“certo poi ci metteremmo in casa un altro Colaninno”, scherza un deputato dem).

 

Sia come sia, chi lo conosce assicura che Zoppas, quando ha criticato il governo per il decreto dignità, “ha parlato prima di tutto da presidente di Confindustria Veneto”. Che “conosce la situazione delle aziende”. Che ha “lanciato l’allarme perché si rischia l’attacco dei mercati”. Che “interviene proprio per la gravità in prospettiva della situazione, dovesse persistere il governo lungo la strada finora intrapresa”. Anche di questo si parla, ora, e di quanto ancora Salvini possa dare garanzie al mondo che l’ha portato fino al Viminale e a Palazzo Chigi. Di questo si discetta nei bar di Conegliano dove, fino a pochi anni fa, di Zoppas si parlava non soltanto a proposito di tenuta aziendale e di successi nell’arte della manutenzione della motocicletta, letteralmente e per dirla con il famoso libro di Robert M. Pirsig, ma anche per la vita privata dai molti tornanti (le leggende metropolitane narrano di “ragazze intente a litigare in piazza, all’ora dell’aperitivo, per via dell’occhio assassino di Matteo”; le cronache mondane, invece, riferiscono di un matrimonio da favola finito nel giro di pochi mesi, prima che Zoppas incontrasse l’attuale compagna, motociclista come lui).

 

C’è chi pensa voglia fare politica, ma ha sempre solo lavorato in azienda (tranne una parentesi in Mediobanca)

Tutto pare vero, ma tutto pare al tempo stesso inverosimile, nel nord-est che si vede metaforicamente al governo (con Salvini) ma fuor di metafora si sente anche peggio che Salvini fosse all’opposizione (viste le idee degli alleati a cinque stelle che, a Treviso, fanno rimpiangere, dice un uomo di centrodestra, “qualsiasi governo precedente”). E tocca di nuovo citare Zoppas, dice l’esponente di centrodestra, “quando, quest’estate, ha chiesto a Salvini di tornare qui, in Triveneto, per toccare con mano le nostre ragioni”. (Zoppas diceva: “Oggi più che mai c’è bisogno di politiche espansive per poter agganciare la ripresa ed essere competitivi. I danni del decreto dignità si paleseranno nel medio e nel lungo periodo”). E chissà se il bocconiano Matteo – noto nella Milano altoborghese negli anni della movida universitaria, ma per lo spazio di tempo strettamente necessario a laurearsi – insiste come la goccia cinese sull’incombente danno alle imprese in virtù degli insegnamenti del suo libro talismano, “L’arte della guerra” del generale Sun Tzu (V secolo avanti Cristo), testo che insegna la dissimulazione come arma di battaglia: “Chi è abile, si mostri maldestro. Chi è utile, si mostri inutile. Chi è affabile, si mostri scostante. Chi è scostante, si mostri affabile” (e qui si apre un caso, ché “L’arte della guerra” è anche il libro-talismano di Franco Bernabè, storico ex presidente Telecom che pare si rifacesse a questa massima di Sun Tzu: “Coloro che non sono del tutto consapevoli dei danni derivanti dall’applicazione delle strategie non possono essere neppure consapevoli dei vantaggi derivanti dalla loro applicazione”). E dai rotoli di bambù da cui è emerso il Sun Tzu-pensiero emerge anche il consiglio che confligge con la fama dello Zoppas centauro oltreché imprenditore: “La miglior vittoria si ottiene senza combattere”.

 

La passione per “L’arte della guerra” di Sun Tzu (come Franco Bernabè), e la dissimulazione necessaria tra Belluno e Treviso

Se si chiedono lumi alle signore di Conegliano, Zoppas è anche quello che da ragazzo faceva correre la Ferrari sulle salite, al punto da far esclamare ai passanti: “Ma chi è questo matto?”. Se si chiedono notizie ai cronisti locali, si apprende che il capo di Confindustria Veneto, anche pilota di elicottero per via della passione paterna per il volo, trasmessagli di pari passo con le regole base per condurre un’impresa, ha sbalordito il circondario nell’estate del 2010, quando, in un autogrill del padovano, ha messo in fuga un ladro “con una scazzottata degna di uno Spaghetti western”, recuperando la refurtiva, ovvero la borsa dell’allora fidanzata Paola Cimolai, con la quale alimentò per anni la cosiddetta “Dinasty del Friuli” (dei due si scriveva, un giorno sì e l’altro pure: belli, ricchi ed eredi di famiglie industriali, fino al suddetto matrimonio non duraturo).

 

“Zoppas li fa, nessuno li distrugge”, recitava non per niente la pubblicità degli elettrodomestici prodotti dalla famiglia di Matteo, ex apprendista inizialmente un po’ renitente alla disciplina, motivo per cui, a un certo punto, è stato mandato sei mesi in Messico: destinazione adatta, pensavano in famiglia, per forgiare il futuro manager. E però, ha raccontato Zoppas stesso al magazine di settore motociclistico Riders, per eterogenesi dei fini capitò che si forgiasse più che altro, in lui, la vis da guidatore di Enduro: “…Proprio lì ebbi modo di riavvicinarmi alla moto, facendo fuoristrada in posti meravigliosi e divertendomi un sacco. Ancora oggi è uno dei ricordi più belli della mia vita”. Tra i ricordi brutti, invece, Zoppas annoverava il periodo trascorso come analista post laureato in Mediobanca: “…Lì ho capito veramente cosa vuol dire lavorare. Tutte le sere si facevano le 21 o le 22, anche se non c’era una necessità impellente…”. Parentesi, quella, che per il resto la vita professionale di Zoppas jr ha seguito il richiamo della famiglia. Anche se una volta, intervistato da Business People, il futuro presidente di Confindustria Veneto ha descritto il sottile tormento di essere “figlio di”: “La grossa difficoltà che viviamo noi figli di imprenditori è quella di riuscire a relazionarci in modo giusto con la dirigenza. E’ un rapporto complicato, delicato, a volte servono degli strattoni. Quando si arriva e si prova a dare qualche suggerimento, spesso all’inizio ti guardano male. E riuscire a conquistarsi il riconoscimento della competenza e dell’autorevolezza non sempre è scontato”. Quasi vent’anni dopo, un particolare forse spiega perché Zoppas è considerato figura traino della “rivolta” anti Salvini nelle terre finora devote a Salvini: l’autorevolezza dell’imprenditore è passata (in loco) attraverso lotte sconosciute ai più ma, pare, caratterizzate da un alto grado di efferatezza, come per esempio nel caso della poltrona di capo della Confindustria Veneto, carica che dà potere su questioni locali cruciali, dalla gestione della Fondazione nord-est all’ingresso delle navi da crociera in Laguna (si vociferava allora di feroci discussioni e veti non valicabili tra imprenditori veneziani, da un lato, e imprenditori appartenenti alla triade territoriale Padova-Treviso-Belluno, dall’altra).

 

Non le piace neanche la flat tax? gli ha chiesto a un certo punto dell’estate, non senza stupore, il quotidiano Libero. Risposta di Zoppas: “Ho l’impressione che, a causa della composizione eterogenea della maggioranza e dei lavori in corso nei vari schieramenti, la campagna elettorale non sia ancora terminata. Si pensa solo all’impatto mediatico, tutto va avanti ragionando in termini di consenso immediato, senza curarsi delle necessità dell’economia reale. Continuiamo a scaldare i motori ma è giunto il momento di uscire dal parcheggio”. E chissà se questa era verità o dissimulazione alla Sun Tzu.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.