Un governo senza autonomia rischia grosso
I grillini sono saliti sul treno leghista, ora provano a sabotarlo. E’ un guaio
La metafora più efficace la offre una parlamentare del M5s veneta. “Per paura di restare indietro, siamo saliti su un treno in cui non stavamo a nostro agio, e ora ci siamo resi conto che va troppo di corsa, che non si ferma dove noi speravamo, ma molto più in là, e quindi cerchiamo di scenderne in qualche modo”. Il treno, nella fattispecie, è quello dell’autonomismo: quello messo in moto, con grande entusiasmo, da Luca Zaia e Roberto Maroni.
Erano gli inizi del 2015, e i due governatori lanciarono la crociata leghista: maggiori poteri e maggiore indipendenza per le due regioni più produttive del paese. I grillini percepirono subito il rischio di lasciare ai rivali del Carroccio la paternità esclusiva dell’iniziativa, con l’annesso guadagno di voti, e decisero allora – in Lombardia in modo più compatto, in Veneto tra vari malumori interni – di aggregarsi. Si fecero latori di una proposta di “autonomia costituzionale”, tentarono di arginare le derive più estreme, ma insomma salirono sul treno. Solo che poi Maroni e Zaia (soprattutto Zaia, che sul tema si sta giocando molto, e a Salvini ha fatto sapere di non ammettere tentennamenti) hanno dimostrato di voler fare sul serio, con l’autonomia: e anzi, hanno protestato di fronte alle prime avvisaglie di rallentamento sulla “madre di tutte le battaglie”.
E così nei giorni scorsi Stefano Buffagni, sottosegretario grillino agli Affari regionali, lui che pure era stato il regista dell’intesa autonomista con Maroni in Lombardia, ha definito “molto irrealizzabile” la richiesta di Zaia. Ne è seguito l’imbarazzo, e lo spaesamento, dei consiglieri regionali veneti. Evidentemente – il M5s spesso lo dimentica – intestarsi crociate altrui genera poi problemi di coerenza e di identità politica. Vale per l’autonomia, e non solo per l’autonomia.
storia di una metamorfosi