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Buon 2019, in Lombardia un altro anno senza autonomia? Idee e rischi

Redazione

La situazione per i paladini dell’autonomia è, paradossalmente, più ingarbugliata oggi di quando la Lega stava all’opposizione e il Pd di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi

Roberto Maroni avverte “spifferi di fregatura”. E poi si spiega: “Non vorrei che i referendum dell'ottobre 2017 venissero boicottati con un accordo al ribasso”. Che tradotto ancora meglio, significa ammettere che Luigi Di Maio ha nelle mani gli attrezzi per costringere Matteo Salvini a depotenziare il progetto di autonomia regionale a cui l’ex presidente della Lombardia ha affidato la sua ideale eredità politica. La scadenza per il lavoro tecnico è stata fissata al 15 gennaio, mentre entro il 15 febbraio la Lega vuole la chiusura dell’istruttoria e la definizione delle proposte definitive da sottoporre alle Regioni che hanno fatto richiesta – o tramite procedura ordinaria, come l’Emilia-Romagna, o tramite referendum consultivo, come Lombardia e Veneto – di avere maggiore autonomia. L’intervista di Maroni, qualche giorno fa a Libero, è insieme la rivendicazione di un punto di vista storicamente caro alla Lega quando era “Nord”, un ballon d’essai lanciato in campo avverso e un segnale lanciato al Capitano, che sulla questione non si è mai scaldato, avendo cambiato rotta e visuale, ma sa anche benissimo che non può tradire il mandato di una grande parte del suo elettorato storico.

 

Eppure, la situazione per i paladini dell’autonomia è, paradossalmente, più ingarbugliata oggi di quando la Lega stava all’opposizione e il Pd di Paolo Gentiloni a Palazzo Chigi. Oggi il partner di governo di un Salvini già di suo più interessato ad essere primo a Roma che non nelle province del Nord (dimenticando il saggio convincimento di Giulio Cesare) è un partito, i Cinque stelle, che ha puntato gran parte della sua credibilità sulla cambiale firmata alle regioni del Sud: reddito di cittadinanza e sussidi. E soprattutto, far di tutto per non far “scappare” in avanti il resto del paese: basta vedere la retorica politica finto-meridionalista che si è riaccesa in vista della scadenza di febbraio. E dunque, sarà ancora una volta un mezzo flop? Un altro anno senza autonomia?

 

Buona o meno buona che la si giudichi – GranMilano vi aveva dedicato un dibattito a più voci – la questione oggi non è più ideologica: è legata alle condizioni stesse di sviluppo della “macroregione” del Nord: Lombardia e Veneto, ma anche Emilia-Romagna, e non vanno dimenticate Piemonte e Liguria, in questo momento forse le aree più in sofferenza, per molti e diversi motivi. Da una amministrazione più efficiente e veloce delle regioni più dinamiche dipende l’aggancio all’Europa, e la sopravvivenza stessa del sistema Italia. Sono le idee che, in questa pagina, sostengono, anche con molte differenze, un storico interprete del regionalismo, come Piero Bassetti e un autonomista convinto, anche contro il suo stesso ex partito, come Giancarlo Pagliarini. E’ un problema che ovviamente ha confini più ampi di quelli di Milano, ma Milano ne è parte centrale, anche se come spesso accade un po’ distratta. C’è chi coltiva sogni da città stato, chi rimpiange il sostanziale fallimento (un suicidio) della Città metropolitana, chi ha immaginato possibile, per un po’, un distretto economico e finanziario più flessibile, chi ragiona sulla realtà di una megalopoli diffusa di venti milioni di abitanti che dovrebbe avere regole più adatte a lei. Be’, per ora c’è (forse) un po’ più di autonomia. Sarebbe il caso di prendersela.

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