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Il Nord è una sola macroregione, ha bisogno di altre regole

Daniele Bonecchi

Per Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia, fermare l’autonomia è affondare l’Italia. Il sovranismo? “E’ l’urlo del morente”

Piero Bassetti – primo presidente della Regione Lombardia dal 1970 al 1974, autonomista convinto – non fa un passo indietro, anzi con la saggezza di un giovanotto indica la strada per dare una risposta più efficace alla domanda che da tutto il nord sale in modo prepotente. Parlare con Bassetti è come gettare lo sguardo sull’Italia e sull’Europa, osservarne senza rimpianto il passato, per scorgere ciò che potrebbe riservarci il futuro. La quintessenza di ciò che manca alla politica di oggi: cultura, saggezza, conoscenza. “Perché col voto del 4 marzo – spiega Bassetti – abbiamo sostituito il mandato per scegliere la classe di governo con quello per esprimere la protesta. E’ la differenza che c’è tra un tweet e un programma politico: il tweet lancia un urlo, un programma politico spiega qual è la risposta al proprio urlo”, dice, con buona pace per il “contratto” siglato dai due partiti di governo.

  

Ma l’autonomia regionale, argomento caro a Bassetti, è più importante della polemica politica. Si parte da lontano. “Avevano ragione tutti i regionalisti storici, da destra a sinistra, da Salvemini a Sturzo, nel dire che l’Italia essendo un’espressione geografica con esperienze storiche diversissime doveva ricomporsi attraverso una integrazione di autonomie”, spiega Bassetti. “Poi il compromesso arrivato già vecchio nella Costituzione, con le 20 regioni che sono una rappresentazione più statistica che sociologica: non ha favorito una presa di conoscenza politica delle diverse problematiche regionali e le esperienze storiche del paese”. Gianfranco Miglio? “Aveva capito questo discorso e aveva intuito che per conciliare le esigenze di una statualità che non può essere frantumata, con le esigenze di rispetto della democrazia del paese, la proposta sensata era quella delle tre grandi regioni della penisola più le due isole”. Ed è questa la strada che indica l’autonomista convinto Bassetti: “Io sostengo che oggi l’unica proposta regionalista valida dovrebbe essere questa. Tenendo conto che la Costituzione considera una dimensione regionale diversa si tratterà di fare un compromesso. Ritengo che oggi l’attuazione vera dell’articolo 117 dovrebbe essere eseguita aiutando il paese a riordinare la sua morfologia regionalista”. Ma il progetto di autonomia regionale si scontra con la politica di un’Italia ancora divisa in due. “Il problema dell’autonomia è strettamente collegato col problema politico, perché il nord, se vuole rimanere in Europa, non è più in grado di riscattare il sud. Paradossalmente il sud ha un’enorme prospettiva che non esisteva un secolo fa: quella di essere egemonico nel Mediterraneo. Proposta molto più dignitosa del reddito di cittadinanza”, punzecchia Bassetti. “Non è un caso che oggi il Veneto la Lombardia ma anche, in un certo senso, il Piemonte e l’Emilia (come la Liguria) occhieggiano una sostanziale proposta di unità del nord. Naturalmente devono farlo con modalità che la storia delle nostre istituzioni costringe a rispettare”. E dunque lo storico presidente della Regione Lombardia è ottimista perché l’autonomia è ineluttabile, come la modernizzazione del paese. “Oggi il mondo non è più organizzato solo attraverso la logica del territorio ma anche con le funzioni. Ha fatto più urbanistica il Frecciarossa che tutti i piani regolatori dei comuni che il treno attraversa. Oggi c’è un grosso problema legato alla glocalizzazione e alla reticolarità, che è il rapporto tra città e campagna, quello dim cui soffre la Francia. Perché le funzioni vanno dal Freciarossa all’Autostrada del Sole, dal porto di Genova ai grandi trafori e poi alla Cina e all’Europa. La glocalizzazione ha fatto uscire questi problemi dalla subordinazione degli stati nazionali”. Ma la risposta italiana è quella giusta? “Il sovranismo è l’urlo del morente – risponde Bassetti – cioè la crisi dello stato nazionale. Oggi il tema delle grandi opere, delle funzioni, è fondamentale. Ad esempio la Borsa con la finanza definisce una funzione preminente”. E così si spiega il ruolo emergente, dominante di Milano. “A questo punto autonomia vuol dire autogoverno, il problema vero è saper esprimere forme di governo rispettose della domanda politica e del glocalismo che porta la globalizzazione in tutti i localismi. Non c’è una politica locale che non si misuri con le politiche globali”. E il mezzogiorno, la terra promessa di Di Maio e soci? “Oggi l’autogoverno del sud non si propone. Anche per gli esponenti che dicono ‘non lasceremo mai che lo stato ci abbandoni’, è una cosa drammaticamente vera. Da autonomista non mi sentirei proporre al sud l’autogoverno”.

 

La lunga marcia di Piero Bassetti verso l’autonomia non conosce sosta: “Ora coi sindaci e gli amministratori locali, da Sala a Chiamparino, stiamo lavorando, perché il tema nord, e non solo nordovest, ha fatto muovere tante realtà attorno alla necessità di realizzare le opere pubbliche. Perché l’organizzazione del territorio della Lombardia, del Veneto, del Piemonte non può avere la stessa logica di quello della Calabria”. Del resto, “bastava guardare il risultato elettorale del 4 marzo per capire che di Italie ce ne sono ancora due. Divise sulla linea Gotica, e che gli italiani non sono una realtà omogenea perché votano in modo completamente diverso”. E autonomia sia.