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Un appello alla Generazione Zero

Alberto Brambilla

Ragazzi, l’attesa dei miracoli dimaieschi non è vita. Marchionne docet

Cesare Pavese diceva che viaggiare è una “brutalità” perché “obbliga ad avere fiducia negli stranieri e a perdere di vista il comfort familiare della casa e degli amici”. Perché ci si sente “costantemente fuori equilibrio”. In un posto in cui “nulla è vostro, tranne le cose essenziali – l’aria, il sonno, i sogni, il mare, il cielo – tutte le cose tendono verso l’eterno o ciò che possiamo immaginare di esso”. Muoversi è un faticoso processo di conoscenza e di crescita personale, una magnifica brutalità che verrà ricompensata. Il ministro Luigi Di Maio, di 32 anni, è riuscito a offendere almeno due generazioni di (quasi) coetanei, quando giovedì, in occasione del 62esimo anniversario del disastro alla miniera di carbone Bois du Cazier di Marcinelle, in Belgio, ha detto che la fatalità di un incendio in cui persero la vita 136 emigranti italiani “ci deve ricordare che non bisogna emigrare”.

 

La prima generazione offesa è quella dei minatori che persero la vita, di età non superiore ai quarant’anni: loro non sono più qui a ricordare che avevano lasciato aree depresse del meridione per fare in modo che il posto dove sono nati non determinasse il loro destino. “Dobbiamo lavorare per non far più emigrare i nostri giovani. Il mio pensiero va a loro quando penso a tragedie come questa”, ha detto poi Di Maio, offendendo i giovani d’oggi. Dovrebbero sentirsi turlupinati dal ministro che come primo atto, il “decreto dignità”, impedisce a un apprendista di dimostrare per un periodo superiore a un anno di sapere applicare quanto studiato in almeno un decennio e quindi di guadagnarsi un’opportunità di crescita professionale. Tenere i ragazzi a casa nell’attesa di un reddito di cittadinanza significa mortificare le virtù individuali. E’ davvero meglio aspettare la manna dal cielo anziché andarsela a prendere? C’è contatto tra il messaggio assistenzialista del M5s – “restate, e sarete aiutati” – e quello vetero-nazionalista della Lega di Matteo Salvini – “restate, il paese ha bisogno di voi” – ed è l’esortazione all’immobilità, a limitare il movimento a “zero”. La paura dell’esterno sconsiglia di muoversi, quella di occupare il suolo di costruire, quella di consumare di comprare, quella di viaggiare sconsiglia di crescere. Di Maio forse ricava l’idea che “non bisogna emigrare” dalla sua esperienza di studente fuori-corso diventato il secondo ministro più giovane della storia della Repubblica. Ma la sua è esperienza irripetibile: non tutti vincono alla lotteria, c’è un solo fortunato.

 

La globalizzazione non può valere soltanto per la connessione digitale come strumento per esercitare la democrazia diretta, ha benefici ben più vasti. Se da Pomigliano d’Arco, suo paese d’origine, Di Maio si fosse guardato intorno avrebbe notato che l’opportunità di riscatto al meridione l’ha data Sergio Marchionne rivoluzionando lo stabilimento Fiat della sua città. E’ passato in dieci anni da cattivo esempio di inefficienza a eccellenza produttiva mondiale. L’esperienza del manager scomparso a luglio è quella cui “i nostri giovani” dovrebbero ispirarsi. In quanto essa è replicabile, ambiziosa, e non è il prodotto di eventi miracolosi ma di una cavalcata individuale e coraggiosa. “Per motivi di lavoro ho vissuto all’estero la maggior parte dei miei anni. Ho dovuto abituarmi presto a cambiare casa, abitudini e amici. E vi confesso apertamente che non è stato facile. Non è mai facile cominciare tutto daccapo in una terra sconosciuta, con una lingua straniera, imparare a gestire la solitudine di alcuni momenti. Non è facile lasciare le certezze del tuo mondo abituale per le incertezze di un mondo nuovo”, ha detto Marchionne ai ragazzi del Meeting di Rimini nel 2010. “Il contatto con un mondo sconosciuto è qualcosa che ti cambia nel profondo perché ti costringe a contare solo sulle tue forze e a superare i tuoi limiti”. Il problema, però, non è soltanto l’esternazione del ministro. E’ la domanda che pone ai 18-24enni e ai più giovani di loro: volete essere una Generazione Zero, ferma ad aspettare ‘o miracolo? Chi scegliete: Di Maio o Marchionne?

  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.