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Dietro l'attacco a Boeri si prepara la guerra all'autonomia di Tria

Luciano Capone

Per difendere Ragioneria e Mef il ministro dell’Economia scarica il presidente dell’Inps. Ma presto toccherà a lui

Roma. Più che politico, l’attacco del governo a Tito Boeri è personale. Perché è rivolto sia alla correttezza istituzionale del presidente dell’Inps, e quindi all’integrità morale, sia alle competenze dell’economista della Bocconi, e quindi alla sua reputazione scientifica. Il primo colpo contenuto nella nota congiunta firmata dal ministro del Lavoro e dal ministro dell’Economia, con un linguaggio davvero inusuale per un comunicato di due ministri, è di Luigi Di Maio ed è sulla “manina” che avrebbe sabotato il dl Dignità inserendo nella relazione tecnica la stima di 8 mila posti di lavoro persi l’anno, che “non va ricercata nell’ambito del Mef”. E’ evidente che se il responsabile della “manomissione” non è “né il ministero dell’Economia e delle Finanze né la Ragioneria generale dello stato”, l’indice viene puntato sull’Inps. E si tratta di un’accusa molto grave, di infedeltà alle istituzioni oltre che di boicottaggio politico.

 

Ma non è meno grave, agli occhi di uno stimato economista del lavoro come Boeri, è la parte in cui Giovanni Tria afferma che le stime Inps contenute nella relazione tecnica sugli effetti delle disposizioni relative ai contratti di lavoro “siano prive di basi scientifiche”. Poi è arrivato il carico dell’altro vicepremier, Matteo Salvini, che ha tradotto in maniera comprensibile l’avviso di sfratto: “Se non sei d’accordo con la linea politica di un governo ti dimetti”.

 

La risposta di Boeri è stata altrettanto decisa: “Le dichiarazioni contenute nella nota congiunta dei ministri Tria e Di Maio rivolgono un attacco senza precedenti alla credibilità di due istituzioni nevralgiche per la tenuta dei conti pubblici nel nostro paese”. Il presidente dell’Inps, proprio per respingere l’accusa di slealtà e l’insinuazione di essere la “manina”, tira in ballo anche la Ragioneria dello Stato “che ha bollinato una relazione tecnica che riprende in toto le stime dell’Inps”. Sul punto di merito, che riguarda il suo onore scientifico, Boeri ribatte che la nota è “ai limiti del negazionismo economico” perché “in presenza di un inasprimento del costo del lavoro, l’evidenza empirica e la teoria economica prevedono unanimemente un impatto negativo sulla domanda di lavoro”.

 

Ma, al di là della polemica scientifica sull’impatto occupazionale di un decreto che interessa gli esperti, è evidente che dietro questo feroce scontro estivo c’è una guerra di posizione che scoppierà in maniera più intensa in autunno. Più che le affermazioni di Di Maio, l’attacco a Boeri da parte di Tria – che fino a ora si è distinto per moderazione e responsabilità – è giunto inaspettato sia nei toni che nel contenuto. Ma si spiega a causa della pressione crescente a cui il ministro dell’Economia è stato sottoposto nelle ultime settimane rispetto alla sua linea autonoma rispetto ai partiti. Tria si è impegnato con Bruxelles e davanti agli osservatori internazionali a garantire la tenuta dei conti pubblici, e quindi a un percorso di finanza pubblica che va verso l’azzeramento del deficit, in continuità con le previsioni dei governi precedenti. Inoltre, il ministro dell’Economia è impegnato in un sotterraneo braccio di ferro sulle deleghe ai viceministri e su alcune importanti nomine, a partire dal direttore generale del Tesoro, che lui avrebbe individuato all’interno del Mef e che il M5s avrebbe invece individuato in una banca d’affari. Quando è esploso il caso del “dl Dignità”, il M5s in particolare – più della Lega – ha pensato di usarlo come casus belli per comprimere l’autonomia di Tria e “fare pulizia” al Mef e alla Ragioneria dello stato attraverso uno “spoil system” per togliere le “vipere” che mirano “a ledere l’operato di governo e M5s”. Il maggiore indiziato era quindi il Ragioniere dello stato Daniele Franco, prorogato per un anno, ma che può essere rimosso entro 90 giorni dal giuramento del nuovo governo. Quando Di Maio ha preteso la testa di qualcuno, Tria ha preferito tutelare Franco – che avrà un compito delicato nella bollinatura della Legge di Stabilità – scarificando Boeri. Questo è l’antipasto dell’assalto alla diligenza che si prepara per l’autunno in vista della finanziaria. Bisognerà vedere se, con questa concessione di realpolitik, Tria è riuscito ad allentare la pressione su di sé e a guadagnare una maggiore agibilità politica, o se invece ha motivato i partiti a pretendere di più. In quel caso, dopo Boeri, il prossimo obiettivo sarà lui.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali