Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Di Maio sbianchetta anche il referendum

Luciano Capone

M5s e governo. L’ipocrisia di non far scegliere agli iscritti l’alleanza da fare

Roma. Perché il Movimento 5 stelle non sceglie l’alleato di governo alla vecchia maniera, con un referendum sul blog? Il Foglio ha svelato ciò che era sotto gli occhi di tutti: il M5s ha due programmi. Uno è il frutto della stagione “movimentista” e “ribellista”, indotto dall’alto ma comunque votato dagli iscritti sul blog. L’altro è figlio della stagione “responsabile” e “istituzionale”, imposto dal “capo politico” ma nato dalle consultazioni di Luigi Di Maio con le ambasciate, con gli “investitori internazionali” e con vari “supercompetenti”.

 

Se il primo era affine alle istanze della Lega, il secondo rientra nel progressivo percorso di avvicinamento al Pd. Fanno parte del primo programma l’antiamericanismo (“Gli Stati Uniti dal 1989 hanno trasformato il mondo in una polveriera”); le critiche feroci all’Alleanza atlantica (“C’è una discordanza tra l’interesse della sicurezza nazionale italiana e le strategie della Nato”); la vicinanza alla Siria di Assad (“L’Italia ha colpevolmente prestato il fianco alla Nato rompendo le relazioni diplomatiche con Assad”), le posizioni molto filorusse (“Italia ed Europa non colgono i timori della Russia a fronte del progressivo allargamento della Nato”); l’euroscetticismo (“L’euro è sicuramente insostenibile, siamo succubi della moneta unica”) accompagnato dalla proposta votata sul blog di una “moneta fiscale” da affiancare all’euro.

  

 

Nel secondo programma tutte queste proposte sono state eliminate, cambiate o sfumate: niente più antiamericanismo duro e puro; niente più uscita dalla Nato e dalle missioni militari (sì agli interventi con “truppe di mera interposizione pacifica”); niente più antieuropeismo e doppie monete (“non significa abbandonare la moneta unica, ma fare dei passi concreti verso la salvaguardia ...”); niente più tagli dei “privilegi dei sindacati”. Chi e come sceglie tra i due programmi e le due possibili alleanze? 

   

  

Nessuno può dire con certezza se il “cambio di programma” del movimento sia trasformismo o maturazione, opportunismo o evoluzione, anche perché il tira e molla di questa fase di stallo post elettorale indica chiaramente che il M5s “non è di destra né di sinistra” nel senso che può essere sia l’una sia l’altra cosa. E’ ancora in bilico: può firmare un “contratto” con la Lega sulla base di un programma o con il Pd sulla base dell’altro.

  

Il problema poi è che Di Maio si è presentato alle elezioni con una squadra di governo al completo, promettendo di non fare alleanze con nessuno, al massimo ci sarebbe stata una richiesta di appoggio “a chi ci sta” ma “senza poltrone”. E ora su quale base programmatica si farà l’alleanza? Quali sono i punti imprescindibili e quelli secondari? Chi nel movimento “senza delega” ha il mandato per scendere a compromessi con i “vecchi partiti” responsabili dello sfascio?

  

In teoria nessuno. Ma il bello della democrazia diretta è proprio questo, alla delega si sostituisce la partecipazione. E questo è il principio su cui è nato il M5s. La democrazia diretta, secondo Gianroberto Casaleggio, vuol dire proprio “spostare verso il cittadino il peso delle decisioni, della partecipazione e quindi sostituire l’attuale delega al Parlamento, che è una delega in bianco”. Certo, forse fare un referendum su tutto è complicato, anche se Casaleggio diceva che con la tecnologia di adesso si può fare. Ma quale migliore occasione per un referendum di una situazione imprevista, su cui i cittadini non si erano espressi, di fondamentale importanza politica?

   

E invece no. Di Maio ha preferito la doppia delega: lui, delegato dai cittadini, ha a sua volta delegato il prof. Giacinto della Cananea per decidere l’alleanza politica (Pd o Lega) sulla base di una perizia tecnica sul programma. Della Cananea a sua volta nominerà altri tecnici per formare un “Comitato scientifico per l’analisi dei programmi” che produrrà il verdetto. Ma quale programma verrà valutato, il primo o il secondo? Per il partito della “democrazia diretta” non sarebbe più consono un referendum con una domanda secca: Pd o Lega?

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali