Sergio Mattarella con Maria Elisabetta Alberti Casellati (foto LaPresse)

E dopo lo stallo? Perché il governo del presidente spaventa Lega e M5s

David Allegranti

L’incaricata prende atto dei “no” e dei veti: il centrodestra è unito e Di Maio non vuole Forza Italia. L’opzione Fico

Roma. L’esplorazione rapidissima di Elisabetta Casellati, che ha ricevuto l’incarico da Sergio Mattarella per verificare la possibilità di una maggioranza di governo, è servita anzitutto a “consultare” il centrodestra e a stabilirne lo stato di salute. Non sembrano tuttavia esserci segnali di cedimento, visto che da Forza Italia alla Lega si sottolinea ancora l’unica via possibile, cioè il “centrodestra unito”, base di partenza per far nascere il nuovo esecutivo. “Siamo pronti a partecipare a un governo così come è stato indicato dagli italiani con il centrodestra e il M5s”, ha detto Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega, dopo l’incontro con il centrodestra. “Qualsiasi tentativo passa dal centrodestra unito. Non per tigna o per ripicca, ma perché è la coalizione più votata. Se poi Pd e Cinque stelle – dice al Foglio Stefano Mugnai, deputato e coordinatore di Forza Italia in Toscana – troveranno i numeri per fare la maggioranza se ne assumeranno la responsabilità di fronte al paese. Ma mi pare un’alchimia alquanto instabile...”. Idem Maurizio Gasparri, che al Foglio dice: “Abbiamo il 40 per cento dei seggi, è quella la base per fare un governo”.

 

Insomma, nessun passo in avanti: Luigi Di Maio ieri ha detto che “il centrodestra per noi è un artifizio elettorale. Ancora una volta abbiamo ribadito in questa sede che il Movimento 5 stelle è pronto a sottoscrivere un contratto di governo solo con la Lega non con tutto il centrodestra”. Il capo politico del M5s ha poi spiegato che il tempo sta per scadere e che Matteo Salvini ha poche ore per decidere che cosa fare. La risposta arrivata dal centrodestra sembra definitiva. Mara Carfagna, vicepresidente della Camera: “Siamo una forza di governo coesa, che collabora da tempo con sinergia e comunione di intenti, pur incarnando anime e sensibilità diverse. L’Italia non ha più tempo da perdere”. E in democrazia, ha spiegato, “non esistono veti ad personam, quelli sono propri dei regimi autoritari”.

 

Ma di veto in veto si procede spediti verso scenari alternativi. Uno tra i più accreditati, che vedrebbe anche la partecipazione del Pd, è il governo del presidente. Una prospettiva temuta da M5s e Lega perché metterebbe a rischio i veti incrociati che entrambi i partiti hanno posto in queste settimane (mai con FI, mai con il Pd). D’altronde il voto anticipato non pare essere un’opzione. Mattarella non lo consentirebbe e come osserva Osvaldo Napoli “i tempi della crisi sono nelle mani delle forze politiche. Chi, da vincitore, non è riuscito a trovare uno sbocco politico per formare una maggioranza parlamentare deve prepararsi a indossare l’elmetto perché l’unica cosa che non si vede all’orizzonte sono le elezioni anticipate, una soluzione che porterebbe solo danni all’Italia”. I tentativi di Di Maio di forzatura, con penultimatum vari a Salvini, denotano una certa ansia. Proprio per scongiurare l’ipotesi del “governo Mattarella” (che poi rischierebbe di essere un governo delle astensioni), che costringerebbe i partiti anti sistema a rimangiarsi molti dei propri veti: Di Maio dovrebbe fare un passo indietro, visto che per il M5s è sempre stato solo lui l’unico presidente del Consiglio possibile e la Lega dovrebbe essere disponibile a governare con il Pd, unica soluzione che Salvini ha categoricamente escluso (ma nella Lega c’è anche chi sostiene che troppo si sia insistito nei “no” al Pd).

 

A questo punto, però, viene da chiedersi se l’unica possibilità per il centrodestra – per evitare il governo del presidente, che ha evidentemente dei rischi per i partiti anti-sistema, soprattutto la Lega che a differenza del M5s non s’è acconciata a fare il partner macroniano – non sia quella di restare all’opposizione. A quel punto si potrebbero aprire i giochi tra Pd e M5s. Renzi permettendo, beninteso. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.