Catiuscia Marini (Foto La Presse)

Marini ci spiega perché per il Pd il Pse è ormai insufficiente

David Allegranti

"Occorre aprire un campo politico nuovo in Europa a partire dal Pse", dice la governatrice della Regione Umbria

Roma. Nel Pd le due anime – una più aperturista, per esempio al dialogo con il M5s, l’altra decisamente per l’opposizione – discutono il da farsi, tra distinguo e sfumature. Catiuscia Marini, governatrice della Regione Umbria, appartiene alla seconda categoria: quella di chi pensa che il Pd debba stare all’opposizione. La domanda, però, è: per fare cosa? Intanto, dice al Foglio, “vediamo le consultazioni. Sono curiosa di sentire le proposte di Lega e 5 stelle. Io sono dell’opinione che il Pd debba stare ovviamente all’opposizione e costruire in questo anno un profilo nettamente europeista alternativo ai populismi che ci isolano in Europa…”. L’anno prossimo, non a caso, ci sono le elezioni europee. Il centrosinistra non può presentarsi, dice Marini, rinchiuso nell’alveo del solo Pse, che ormai è insufficiente per affrontare le sfide mosse dai populisti. “Dobbiamo come Pd aiutare a cambiare il Pse facendo nascere un polo dei riformisti e progressisti del XXI secolo contro le visioni neo autoritarie di vari paesi come Polonia e Ungheria.. Infine penso che la politica estera filo Russia della Lega sia dannosa per le sfide economiche dell’Italia”.

  

Il Pse è insomma inadeguato in questo momento? “Sicuramente non basta più. Io sono presidente gruppo Pse al comitato delle regioni dell’Ue e dico che occorre aprire un campo politico nuovo in Europa a partire dal Pse, ma che contenga i riformisti che sono alternativi alla destra e ai populismi vari”. Insomma, dice la presidente umbra, “dobbiamo proporre un progetto politico che si fondi sulle libertà civili ed economiche ma che ripensi anche la coesione sociale. Il vecchio welfare non basta più ma serve una nuova responsabilità pubblica nel sociale sulla scuola università. Sul periodo di assenza di lavoro, sull’integrazione sociale”. Secondo Marini, “il processo di integrazione europea ha subito tre scosse : la crisi globale del 2008 e si è trovata impreparata a gestirla con la conseguente crisi euro e crisi del lavoro; la crisi connessa ai fenomeni migratori; la necessità di organizzare una difesa comune sopratutto sotto la minaccia del terrorismo che mette in crisi i tradizionali sistemi di difesa . Tutto ciò genera insicurezza sociale, individuale. Come rispondiamo? I populisti sovranisti ripiegano su un nazionalismo sovranista fuori tempo e storia. Noi riformisti e progressisti dobbiamo mettere in campo un nuovo progetto e un pensiero politico lungo che ripensi le alleanze globali dei paesi democratici e riprogetti il welfare in epoca della globalizzazione”. Vede possibile un ritorno a casa della sinistra che ha lasciato il Pd? “Guardi, io credo che il tema non sia quello di tornare alla sinistra del XX secolo ma creare un nuovo soggetto europeo che parli alla società del XXI secolo. Ha ragione Matteo Renzi quando dice che bisogna aprirsi anche ai riformisti che non vengono dalla storia della sinistra europea storica. A questo punto tutti possono sentirsi parte del progetto purché guardiamo al futuro e non al passato”. 

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.