Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Vincere con Salvini per non governare con Salvini

Claudio Cerasa

Perché Berlusconi è molto a suo agio nel duello fratricida con la Lega

La prima opzione è sconfiggerli. La seconda è convertirli. La terza è allearsi con loro. In venticinque anni di politica, il rapporto di Silvio Berlusconi con i suoi avversari ha seguito grosso modo tre traiettorie. La prima traiettoria è quella dei rottamati e la lista ormai inizia a essere lunga: da Occhetto a Bersani, da Di Pietro a Ingroia, da Fini a D’Alema. La seconda traiettoria è quella dei convertiti, ovvero coloro che hanno cominciato a considerare Berlusconi non più un simbolo del populismo ma un argine al populismo, e anche qui la lista inizia a essere lunga: da Scalfari a Santoro, da Merkel a Emmott, da Juncker a un qualunque parlamentare del Pd. La terza traiettoria è quella dell’alleanza, e nella storia di Berlusconi è capitato spesso di vederlo impegnato ad abbracciare un avversario per poi provare a neutralizzarlo (da D’Alema a Renzi).

 

Arrivato a un passo dalle elezioni Berlusconi si ritrova per la prima volta nella vita in una condizione difficile da descrivere ma che rappresenta il vero grande romanzo politico di questa campagna elettorale: il suo alleato, ovvero Matteo Salvini, si muove sempre più da potenziale avversario; il suo avversario, ovvero Matteo Renzi, si muove sempre di più da potenziale alleato. Berlusconi dice una cosa e Salvini dice l’esatto opposto. Renzi dice una cosa e Berlusconi si accorge di pensarla in maniera diversa ma non all’esatto opposto. Vale un po’ per tutto. Vale quando si parla di Europa, di pensioni, di euro, di lavoro, di Merkel, di Macron, di Trump, di America, di deficit (tema che ieri ha fatto detonare i rapporti tra Berlusconi e Salvini: il primo sostiene di non voler sforare il 3 per cento). Vale quando si parla di missioni all’estero (Forza Italia ha votato con il Pd sul Niger, la Lega no). Vale quando si parla di economia (Forza Italia ha votato con il Pd per il nuovo presidente della Consob, la Lega no). Vale un po’ per tutto. E si capisce dunque che dentro la testa del Cav. viva spesso un ragionamento che suona più o meno così: sperare di vincere le elezioni con Salvini, sperare di non governare con Salvini. Negli ultimi venticinque anni Berlusconi ha dimostrato più volte di essere un fuoriclasse assoluto nel rendere i populisti meno spigolosi di quello che sembrano (è la vera magia del Cav.) ma allo stesso modo ha avuto più volte l’occasione di sperimentare sulla propria pelle che quando si governa gli avversari più temibili si trovano spesso più tra i propri amici che tra i propri nemici e per questo è possibile che la due giorni a Bruxelles tra gli amici del Partito popolare europeo abbia contribuito a rafforzare una convinzione che il Cav. matura da tempo, più o meno da quando ha accettato l’idea di rinunciare a una legge elettorale che avrebbe concesso ai partiti uniti sotto un unico cartello elettorale di avere un premio di maggioranza in caso di vittoria sopra il 40 per cento: la convinzione che in queste elezioni le uniche alleanze che contano devono essere quelle che nasceranno non prima ma dopo il 4 marzo. A Bruxelles, nel Ppe, in molti hanno chiesto a Berlusconi del suo rapporto con Salvini e in molti hanno trasmesso all’entourage del Cav. la preoccupazione per un centrodestra sbilanciato a favore delle forze sovraniste. Il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, Manfred Weber, ha scelto di non commentare il rapporto tra Salvini e Berlusconi. Qualcuno nel Ppe però, pressato dal Foglio, accetta di farlo. Abbiamo inviato ieri mattina un sms al grande Alain Lamassoure, ex ministro in Francia ai tempi di Chirac e Mitterrand, oggi eurodeputato e membro dell’ufficio di presidenza del gruppo del Ppe. Abbiamo chiesto se per il Ppe è indifferente vedere un Berlusconi al governo alleato con la Lega di Salvini o con il Pd di Renzi e Lamassoure ha detto quello che Berlusconi chissà quante volte si è sentito ripetere durante il suo mini tour europeo: “Berlusconi ha già governato con la Lega. Non vedo perché il Ppe dovrebbe cambiare idea. Anche se nessuno fuori dall’Italia pensa che questa sia la soluzione migliore”. Sconfiggere Salvini non si può. Convertirlo neppure. Forse non resta che un’opzione: allearsi con lui e poi sperare di allearsi con qualcun altro. Berlusconi è sempre riuscito a governare bene i populisti anche portandoli al governo. Ma governarli con il 38 per cento è un conto. Governarli con il 16 per cento ne è un altro. Tenere Salvini lontano dal governo non è detto che sia possibile ma è esattamente quello che in questi giorni viene chiesto al Cav. non solo dall’Europa: forse anche dal buonsenso.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.