Marco Pannella durante la manifestazione "Iraq libero" nel 2003 (foto LaPresse)

Marco, uno e centomila

Pannella l'amerikano

Mario Sechi
Sei stato anche questo, Pannella lo yankee. Pannella Truman. Pannella Bush. Pannella a stelle e strisce. … si vis pacem, para bellum…si poteva evitare quel conflitto, quello in Iraq, criticai Bush a viso aperto per aver sabotato la pace ancora possibile… noi abbiamo combattuto per evitare la morte di Tareq Aziz”.

Pannella il radicale. Pannella l’anticlericale. Pannella l’antiproibizionista. Pannella l’abortista. Pannella il divorzista. Pannella il garantista. Pannella il giusto. Pannella il divoratore. Pannella il digiunatore. Pannella il fumatore. Pannella tra le sbarre. Pannella Papillon. Pannella libero. Pannella prigioniero. Pannella l’eversore. Pannella gandhiano. Pannella in ospedale. Pannella al Quirinale. Pannella all’estero. Pannella in patria. Pannella in guerra. Pannella per la vita. Pannella per la morte. Pannella radio star. Pannella imbavagliato. Pannella il sano. Pannella il malato. Pannella per sempre. Quante parti sei, Marco, non bastano tutte le tue nuvole di fumo per scriverti e descriverti. Nelle stesse ore in cui tutte queste sagome s’affollano, si riuniscono in un babelico discorso rotto dalla tosse, dall’accendino che scintilla, da Bordin che sbuffa (“e vabbè…”) e chiosa, intercetta i dardi che lanci, li guarda luccicare, esplodere nelle sue mani e annuvolarsi intorno al microfono, farsi liquidi come i suoi occhi, i nostri. Leggere e rileggere Pannella, qui sul Foglio. Che pensata chimerica. La clessidra non ci dà scampo, ora. Lo sai anche tu. E allora una delle tue sagome s’avvicina, una voce controvento: sono Pannella, l’amerikano. Sei stato anche questo, Pannella lo yankee. Pannella Truman. Pannella Bush. Pannella a stelle e strisce.

 

Fine Anni Ottanta, inizio Anni Novanta. Che tempi. “Stava venendo giù tutto, ricordi?”. Difficile dimenticarlo, macerie fumanti ovunque. “E proponemmo la Lega per l’uninominale, la fine del bipartitismo partitocratico”. Sul calendario scorreva l’anno 1986. “C’erano esponenti di tutti i partiti, allora: democristiani, socialisti, liberali e noi radicali”. L’America, terra del sogno. “Non sognavo, era tutto vero, lo realizzammo, era là, bastava poco e fu tradito dalla restaurazione del bipartitismo partitocratico”. Sì, ma era un’araba fenice, l’americanismo con gli italiani. “Era tutto possibile, che dici, new deal e mercato, giustizia americana, istituzioni americane. Chi altri l’ha mai proposto? Neanche Berlusconi, con il quale feci un pezzo di strada insieme, all’inizio della sua avventura politica, tu c’eri”. Ero un giovane cronista. Una mattina a Villa San Martino, Arcore, il caffè tardava ad arrivare. Fu una sorpresa trovarti in quel salotto. Berlusconi ti citava a memoria. Lui pensava a Reagan, ma tu? “Roosevelt e Milton Friedman, riforme sociali e libero mercato”. Ah, sì, l’alternanza, la libertà, un altro miraggio. Ma la guerra? Voi radicali non-violenti… “L’ho sempre detto, io, di essere americano, israeliano, della Cia e del Mossad”. Provocazioni. “No, sai bene che io sono stato cittadino veramente americano e veramente israeliano, perché lo sono stato per convinzione, per lealtà”. Troppo amerikano, forse. “Taci, noi vedemmo in anticipo Saddam che usava il gas contro i curdi, noi raccontammo gli orrori di Milosevic, io ho indossato la divisa dell’esercito croato a Osijek sotto i bombardamenti nel capodanno del 1992! noi vedemmo il sangue scorrere quando gli altri erano ciechi, il sangue versato dai tagliatori di teste talebani…”.

 

Sì, Marco, ma le bombe… “… si vis pacem, para bellum…si poteva evitare quel conflitto, quello in Iraq, criticai Bush a viso aperto per aver sabotato la pace ancora possibile… noi abbiamo combattuto per evitare la morte di Tareq Aziz… ma stavamo ballando e bisognava ballare”.  Ballare? La guerra non è un fox trot. “Vuol dire avere il coraggio delle proprie idee, ricordi cosa dissi di Milosevic? Sicuramente vi saranno donne e bambini uccisi nei raid, ma sicuramente è stato fatto l’impossibile per salvare i civili, mentre il macellaio Milosevic e coloro che lo considerano un interlocutore necessario per la stabilità dei Balcani hanno lasciato stuprare a migliaia le donne, massacrare e decapitare i bambini, cosa che è iscritta non nella storia, ma nella cronaca indiscussa della Jugoslavia”. Con la Nato e gli Stati Uniti, dunque. “E contro il macellaio Milosevic!”. Pannella, l’amerikano. “Scrivilo con la kappa, mi raccomando, perché con con Gandhi diciamo ancora meglio: mille volte meglio un violento che reagisce, che i codardi (i pacifisti aggiungo io) che si mettono a fare i neutrali tra le vittime ed i torturatori. E che vogliono far sedere attorno a un tavolo, mentre assassinano, i terroristi e le loro vittime”. Possente come il Mississippi. Si allontana, torna in compagnia di tutti i Pannella possibili e impossibili, veglia su Marco nel letto d’ospedale. Ora sono tutti là, intorno a te. Uno, nessuno, centomila Pannella.