Moda o Plusvisione?

Gianluigi Ricuperati

Simona Clemenza, la felice instabilità dei linguaggi perché vestire è come comunicare

La moda è un’isola complicata, piena di trappole costituite principalmente da un forte senso di vuoto – un senso violento del tempo, diceva Proust parlando appunto di come cambiano i costumi da una stagione all’altra. È difficile promuovere un’idea di cultura grazie e attraverso la moda, senza adagiarsi al crogiolo classico del sistema delle star; senza essere pretenziosi; senza fingere che sia un’altra cosa. Alcuni lo fanno in modo sublime e investendo risorse significative – i soliti nomi, da tempo Prada, da poco Gucci grazie al genius “latino contemporaneo” di Alessandro Michele ma anche di persone colte e di qualità come Beniamino Marini, responsabile della comunicazione; altri lo fanno sotto traccia, in modo discreto e persistente, ma non meno puntuale. Tra questi, esempio “illuminato” è Simona Clemenza, che dalla corte di Re Karl Lagerfeld è approdata a Krizia qualche anno fa e poi ora da Aspesi, piccolo grande marchio che vuole vestire in modo sobrio snob persone che sono spesso un misto strano di sobrietà e snobismo. Simona Clemenza adora imparare, e se adori imparare la cosa migliore è circondarti di persone che inventano con linguaggi. Simona si muove con gratitudine e leggerezza: da Parigi a Milano, passando per un continuo tour che la porta – spesso in compagnia della sua deliziosa bimba di otto anni – in giro dall’Europa al Giappone. 

 

 

Quando era a Krizia, grazie al dialogo inesausto con Cristiano Seganfreddo, organizzò per il FuoriSalone una mostra del duo di designer FormaFantasma che vinse il premio come migliore evento culturale della settimana del Mobile. La maggior parte delle persone durante quei giorni a Milano si affida ai soliti noti, a volte estremi soliti noti, da Ingo Maurer a Philippe Starck, usato sicurissimo. Simona Clemenza però crede in, e si affida a, coloro che per mestiere e vocazione vedono il futuro dei linguaggi. E spesso si tratta di puntare su nomi più perigliosi, portatori liberi di complessità. Allora i FormaFantasma – italiani ma residenti in Belgio – erano noti e apprezzati portatori di complessità: oggi, nel 2020, sono nel programma della Serpentine Gallery di Londra, tempio dell’arte contemporanea che santifica e stabilisce. Sempre con Krizia, e sempre nello stesso umore di scoperta e curiosità che caratterizza il Ritmo-Clemenza, aveva affidato a registi giovani e giovani attrici un progetto di comunicazione cinematografica, anziché fare come tutti, che non-scommettono su cose certissime. Perché la relazione instabile tra impresa e cultura è appunto una continua scommessa, un gioco infantile serissimo, un piccolo atto di fede nel principio che si possa associare il Plusvalore alla Plusvisione che è tipica degli artisti, dei registi, delle donne e degli uomini che vivono del proprio linguaggio ripensandolo senza requie. ‘’Mi piace fare cose nuove e belle, e credo che si possa fare cultura anche con piccoli progetti dalla grande anima, come l’appuntamento che stiamo per annunciare per la Design Week di quest’anno, una vera grande sorpresa che avverrà nella nostra sede di corso Venezia a Milano, un’ennesima piccola cosa di ricerca, perché la moda deve parlare alle persone e la vita delle persone è una continua sperimentazione.’’ 

 

 

Simona Clemenza è uno di quei ceo con l’anima che rende felici le giornate dei cacciatori di teste, e difatti riceve continuamente proposte, e non è mai stata ferma un attimo negli ultimi dieci anni. D’altronde non è un caso che in un cosmo digitale nel quale le immagini si fanno eterne anche e oltre la sussistenza della vita fisica, la fotografia più significativa del suo “incontro esistenziale fondamentale” – Karl Lagerfeld, scomparso l’anno scorso – non sia uno dei tanti ritratti cupi o ironici che lo mettono in primo piano, ma le splendide foto della sua libreria gigante, una vera biblioteca che continua ad annunciare una verità nascosta, sepolta in bella evidenza: se la moda è uno stato violento del tempo, la cultura – i libri, il pensiero, le immagini – possono dotare di senso lo spillo su cui danziamo a milioni, nudi e poi vestiti, su Instagram o nella vita, in continua ricerca di frasi vere.

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