Matteo Renzi e Carlo Calenda (LaPresse)

Lettere

Guerre fratricide al centro. Draghi al Colle rigenera la politica

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa 

Al direttore - Non sono di centro, non me lo posso permettere.
Michele Magno

Il centro, bel tema. Ci si potrebbe chiedere che futuro ha il centro se coloro che hanno a cuore il centro non considerassero la guerra fratricida come un elemento non negoziabile della propria identità. Se Renzi e Calenda non litigassero tra loro ogni giorno, il centro potrebbe ambire a qualcosa ma fino a quando non ci sarà una nuova legge elettorale il problema del centro sarà sempre quello: fare una campagna anti populista, qualsiasi cosa significhi, dopo aver governato a lungo con i cosiddetti populisti, dopo aver fatto molte campagne elettorali insieme con i cosiddetti populisti e sapendo che alla fine dei conti con uno dei partiti considerati populisti sarà inevitabile, prima o dopo l’elezione, dover fare un accordo. 


 

Al direttore - Il bel libro di Piero Meucci “Ettore Bernabei, il primato della politica” (Marsilio editore) è uno spaccato di vita vissuta di un grande protagonista dei primi 40 anni della Prima Repubblica. Il materiale sul quale ha lavorato Meucci sono i diari di Ettore Bernabei, dalla direzione del Giornale del mattino di Firenze alla direzione del Popolo, dalla direzione generale della Rai al ruolo di autorevole consigliere di Amintore Fanfani. In quei diari emerge tutta la difficoltà di governare un paese di frontiera come l’Italia nel lungo periodo della Guerra fredda, durante il quale il più grande partito di opposizione, il Pci di Togliatti e Berlinguer, era guidato sulle grandi questioni da Mosca nel mentre gli americani non facevano mancare pressioni sulla Democrazia cristiana e sui suoi alleati di governo. I diari di Bernabei nel leggerli sono profondamente educativi per le giovani generazioni ormai disaffezionate alla politica e ai suoi protagonisti. Pagina dopo pagina si tocca con mano la fatica della democrazia in un grande partito nel quale la libertà di pensiero, la collegialità delle decisioni e le diverse visioni della società italiana erano  le coordinate lungo le quali si evidenziava la forte dialettica tra le correnti di pensiero della Dc. Le stesse lotte di potere descritte così dettagliatamente evidenziano sempre come il potere fosse lo strumento non per ambizioni personali, che pure esistono  in politica, ma al servizio di politiche economiche e sociali sostenute da sensibilità diverse unite da un comune grande riferimento culturale come quello della dottrina sociale della Chiesa. Nei suoi diari Bernabei parla del primato della politica, anche qui non come il frutto di un’arroganza del Parlamento quanto piuttosto figlio di una concezione democratica del potere che deve potere sempre essere rimosso dal voto popolare o dagli orientamenti dentro ai partiti o tra partiti. Quel potere merita il primato. Altri, quali ad esempio quelli economico-finanziari o della magistratura inquirente, non lasciandosi mai votare e quindi inamovibili, non possono esercitare quel primato che spetta per l’appunto alla politica. Lungo le pagine del libro emergono valori importanti che trascendono il singolo partito. L’esigenza di un riferimento culturale senza il quale un partito diventa un comitato elettorale, il confronto permanente tra diverse sensibilità per trovare un punto di caduta comune per politiche condivise e cioè la democrazia essenziale per selezionare darwinianamente idee ed energie, l’esigenza di inclusione dentro ai partiti e verso la società, la passione per il servizio, definita da Paolo VI la più alta forma di carità, sono forse valori cannibalizzati dal personalismo autoritario diffuso nel nostro sistema politico da alcuni decenni. Allo stesso modo la visione internazionale deve sempre accompagnare la politica nazionale, che all’interno delle alleanze scelte deve avere una propria specificità. La politica estera italiana con la sua grande attenzione al mondo arabo fu l’esempio di come una specificità particolare poteva dare all’Alleanza atlantica successi importanti. Insomma, un libro da leggere e da approfondire per rimotivare nuove generazioni a un impegno politico per il futuro del paese. 
Paolo Cirino Pomicino

Provocazione, ma nemmeno troppo: e se oggi il modo migliore per potere ristabilire il primato della politica fosse quello di scommettere su Draghi al Quirinale, dunque su un non-politico, ma il più politico dei non-politici, per ridare alla politica, per sette anni, le giuste coordinate entro le quali provare a rigenerarsi?

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