Matteo Salvini (foto LaPresse)

Processo sui pieni poteri di Salvini. Australia e clima: un po' di chiarezza

Chi ha scritto al direttore Claudio Cerasa

Al direttore - Cesenatico è una ridente cittadina balneare vicina a Milano Marittima (la Salò del nuovo centrodestra). Così, durante un comizio elettorale, il Capitano, sentendo prossima l’atmosfera del Papeete, si è gettato senza rete nel paradosso: “Se mi porteranno in un tribunale perché ho difeso confini, sicurezza e onore del mio paese, processeranno l’intero popolo italiano, non solo Matteo Salvini”. Dal momento che nessuna aula bunker è in grado di contenere 60 milioni di italiani, imputati per il solo fatto di essergli concittadini, è evidente che Salvini si arroga il diritto di rappresentarli tutti da solo: I am the people. E pensare che Benito Mussolini si accontentava di otto milioni di baionette. 

Giuliano Cazzola 

 

Andrebbero fatte della magliette da regalare a Matteo Salvini con il numero 27, come l’articolo della Costituzione in questione, con su scritto tre concetti semplici che il leader della Lega tende spesso a dimenticare: la responsabilità penale è personale; l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva; le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. E dunque, caro Salvini, se il Parlamento deciderà di portarti in tribunale, a essere processato non sarà l’intero popolo italiano ma sarà il metodo con cui un leader ha cercato di fottere il suo popolo: l’idea che i voti ricevuti ti possano permettere di essere considerato al di sopra della legge. 

 


Al direttore - Ormai la litania è virale. Non si prova neanche più a tentare spiegazioni meno scontate e ripetitive. Gli incendi sono, da sempre, una parte fondamentale del clima e degli ecosistemi australiani. E il collegamento tra l’attività antropica e gli incendi è sconsigliato dagli esperti. Ma non c’è verso: l’imputazione del caldo alle colpe antropiche, buona ormai per tutti gli usi, è la via più facile. Ed evita la necessità e la fatica di spiegare eventi complessi, come il caldo australiano di questi tempi, con argomenti all’altezza. L’Australia è parte di un continente unico che comprende vasti territori dal clima opposto: dai tropici al nord, al clima temperato del sud, con in mezzo il deserto e circondato da ben due oceani diversi, che influenzano il clima con le proprie correnti. Il continente oceanico è una sorta di microcosmo del funzionamento climatico dell'intero pianeta. Di recente il continente è stato segnato da complessi fenomeni meteorologici. Gli esperti spiegano che variazioni di temperatura tra la parte orientale e quella occidentale dell’oceano Indiano hanno portato meno pioggia, spingendo in altre direzioni i venti che, normalmente, portano umidità dall’oceano verso l’Australia. Allo stesso modo, le particolari condizioni dei venti antartici hanno favorito il clima secco di questi mesi, mentre il ritardo della stagione dei monsoni al nord ha permesso un aumento delle temperature nella parte centrale del paese. Insomma, è davvero difficile spiegare incendi, temperature e clima, nel continente australiano, facendo ricorso alle sole colpe antropiche e non anche ai fattori naturali. Imputare il caldo, su un territorio grande quasi quanto l’Europa e con meno di un decimo di abitanti, alle 530 megatonnellate di emissioni di CO2 – una quantità minore di quelle della sola Italia – è un’evidente forzatura. La monotona litania sulle colpe antropiche porta, nel caso australiano, a richieste e pretese particolarmente pesanti per l’economia del continente. Che non lasciano margini di scelta al governo conservatore. E che spiegano la ragione delle difficoltà delle Conferenze Onu sul clima a produrre risultati concreti. Tagliare le proprie emissioni di CO2 significa, per l’Australia, abbattere la propria estrazione di gas naturale. Con essa il continente alimenta la voce più attiva delle proprie esportazioni. Non solo: contribuisce, grazie a tali esportazioni, ad abbattere le emissioni globali sostituendo (laddove esporta) centrali a carbone (heavy carbon) con centrali a gas (low carbon). Non c’è alcun dubbio: nel climatismo isterico e catastrofista, oltre a una poco sopportabile pretesa anti crescita, c’è un’abbondante dose di stupidità. 

Umberto Minopoli

Di più su questi argomenti: