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Il regista dei fuochi

Mariarosa Mancuso

Primo piano di legna che arde nel camino (per ore). La noia è slow tv, persino d’autore

All’inizio era il fuoco, e attorno al fuoco si raccontavano le storie. Il romanzo, ricorda Vladimir Nabokov nelle sue “Lezioni di letteratura” (Adelphi), è nato il giorno in cui un ragazzino, correndo, gridò “Al lupo, al lupo…” senza avere lupi alle calcagna (fu cacciato dalla tribù, è sicuro; ma l’umanità aveva fatto un bel passo avanti).

 

Poi la televisione sostituì il focolare, fornendo la quantità di storie necessarie per affrontare l’esistenza (sarà pure una droga, ma a parte Don Chisciotte e Madame Bovary nessuno poi si è fatto troppo male). Grazie a Netflix, dalla modica quantità siamo passati al diluvio di storie, con l’imbarazzo della scelta e il crollo della conversazione – trovare una serie condivisa, per andare oltre lo scambio “Hai visto XY?” “Non ancora, me la segno”, è sempre più difficile.

 

Agli spettatori nostalgici di piaceri semplici, Netflix restituisce il fuoco. Un’ora di ceppi che bruciano e crepitano sul vostro schermo, in tempo reale. Con musica natalizia o senza musica natalizia (così da moltiplicare le occasioni d’uso). Per gli spettatori non udenti ogni tanto compare crackling nei sottotitoli: il rumore del legno quando scoppietta.

 

Francamente: mai avremmo trovato il filmato – son troppe le serie ancora da evadere, dentro e fuori Netflix – se non avessimo letto sull’Independent un’intervista a George Ford. L’uomo che filma il fuoco nei caminetti, negli intervalli del suo lavoro vero: produce video per insegnare ai pappagalli a parlare. Anche video per svagare i gatti soli a casa, con un turbinìo di topi.

 

Una quarantina di “Fireplace For Your Home”, durata variabile dalla mezz’ora alle tre ore, sono adesso in circolazione. Altri lo saranno a breve, tra cui un “Chestnut Roasting”: castagne arrostite in tempo reale. La betulla va fortissimo per via della bianca corteccia, spiega Mr Ford, mentre annuncia l’esotismo del “Mesquite Fireplace”, alle fiamme una pianta che cresce nelle zone desertiche della California e dello Utah, oltre che in Sudamerica. Prima dello sbarco su Netflix, i video erano venduti su Amazon, o circolavano su YouTube (se uno si accontentava di caminetti a bassa definizione).

 

Netflix non dà i numeri. George Ford sì. Stima che settanta milioni di spettatori nel mondo abbiano ammirato le sue betulle ardenti. “Mesquite Fireplace” farà invece un’apparizione in anteprima, il prossimo febbraio, nel film “Hard Power” con Liam Neeson. Si prendono caminetti già filmati perché i caminetti veri sul set sono troppo impegnativi: non hanno mai le fiamme giuste, né la temperatura giusta che fornisce i colori giusti. Può capitare che un ciocco bruci storto, oppure che cada malamente, provocando un incendio o rovinando un tappeto. Tutte cose che potrebbero capitare nel salotto di casa vostra, per non parlare del fumo che affumica gli ospiti, se il fuochista non è provetto.

 

Con l’orgoglio professionale di chi si occupa di sciocchezze, Ford il regista dei fuochi racconta che il primo film costò 30.000 dollari e due anni di lavoro: il precedente caminetto filmato risaliva al 1960, ormai inguardabile. Vinse la sua battaglia nel 2010, quando Netflix smise di trattarlo come un pazzo furioso (oggi nel genere slow tv – a metà tra il salvaschermo e i film d’autore dove “si vede la pittura asciugare” – propone anche le meduse).

 

Salvo prenderlo in giro con “Fireplace For Your Home: Bright Edition”, uscito in occasione del post-apocalittico (e inguardabile) “Bright” con Will Smith: un bidone in fiamme (a colori psichedelici e “velenosi”) con sirene della polizia e rumore di elicotteri.

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