(foto Ansa)

un foglio internazionale

Il crollo globale delle nascite minaccia le economie ricche

Una tendenza che tocca anche paesi finora immuni e che avrà conseguenze enormi sulle economie, l’innovazione e la politica dei paesi sviluppati

Nei 250 anni trascorsi dalla Rivoluzione industriale, la popolazione mondiale, come la sua ricchezza, è esplosa. Prima della fine di questo secolo, tuttavia, il numero di persone sul pianeta potrebbe ridursi per la prima volta dalla peste nera. La causa principale non è un aumento dei decessi, ma un crollo delle nascite”. Così l’Economist. “In gran parte del mondo il tasso di fertilità, il numero medio di nascite per donna, sta crollando. Sebbene la tendenza possa essere familiare, la sua portata e le sue conseguenze non lo sono. Il baby bust incombe sul futuro dell’economia mondiale. Nel 2000 il tasso di fertilità mondiale era di 2,7 nascite per donna, ben al di sopra del ‘tasso di sostituzione’ di 2,1, con il quale una popolazione è stabile. Oggi è 2,3 e sta diminuendo. I 15 paesi più grandi per pil hanno tutti un tasso di fertilità inferiore al tasso di sostituzione. Ciò include l’America e gran parte del mondo ricco, ma anche Cina e India, che insieme rappresentano più di un terzo della popolazione mondiale. Il risultato è che in gran parte del mondo lo scalpiccio di piedini dei bambini viene soffocato dal rumore dei bastoni da passeggio dei vecchi”. 

 

“L’Italia, da 59 milioni, si dimezzerà a 32 milioni in solo due generazioni, con gli over 65 anni che passeranno dal 24 al 38 per cento della popolazione”, dice un nuovo mega rapporto della Banca Mondiale. “I primi esempi di paesi che invecchiano non sono più solo Giappone e Italia, ma anche Brasile, Messico e Tailandia” scrive l’Economist. “Entro il 2030 più della metà degli abitanti dell’Asia orientale e sudorientale avrà più di 40 anni. Poiché i vecchi muoiono e non vengono sostituiti, è probabile che le popolazioni si riducano. Al di fuori dell’Africa, si prevede che la popolazione mondiale raggiungerà il picco nel 2050 e finirà il secolo più piccola di quanto non sia oggi. Anche in Africa il tasso di fertilità sta diminuendo. Qualunque cosa dicano alcuni ambientalisti, una popolazione in calo crea problemi. Quello ovvio è che sta diventando sempre più difficile sostenere i pensionati di tutto il mondo. I pensionati attingono alla produzione di chi è in età lavorativa, sia attraverso lo stato, che riscuote le tasse sui lavoratori per pagare le pensioni, sia con i risparmi per acquistare beni e servizi o perché i parenti forniscono cure non pagate. Ma mentre il mondo ricco ha attualmente tre persone tra i 20 e i 64 anni per tutti gli over 65, entro il 2050 ne avrà meno di due. Le implicazioni sono tasse più elevate, pensionamenti tardivi, minori rendimenti per i risparmiatori e, possibilmente, crisi del bilancio pubblico. Il basso rapporto tra lavoratori e pensionati è solo uno dei problemi derivanti dal crollo della fertilità. I paesi più anziani sono meno intraprendenti e meno a loro agio nell’assumere rischi. Gli elettori anziani ossificano la politica. Poiché i vecchi beneficiano meno dei giovani quando le economie crescono, si sono dimostrati meno propensi alle politiche a favore della crescita. E’ probabile che la ‘distruzione creativa’ sia più rara nelle società che invecchiano, sopprimendo la crescita della produttività. L’impulso dei liberali a incoraggiare una maggiore immigrazione è più nobile. Ma anche questa è una diagnosi errata. Un’economia iperproduttiva basata sull’intelligenza artificiale potrebbe trovare facile sostenere un numero maggiore di pensionati. I progressi inattesi della produttività hanno fatto sì che le bombe demografiche a orologeria, come la fame di massa predetta da Thomas Malthus nel XVIII secolo, non riuscirono a esplodere. Meno bambini significa meno genio umano. Ma potrebbe essere un problema che il genio umano può risolvere”.

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