Case popolari nel quartiere di Quarto Oggiaro (foto LaPresse)

Mali di periferia, due vie “sociali” aspettando di più

Daniele Bonecchi

Quarto Oggiaro e Padova, niente rivoluzioni urbane ma ricucitura sostenibile. Un po’ funziona

Tra Quarto Oggiaro e la Comasina, negli anni 70, hanno giocato pesante le bande di spacciatori calabresi e la mala autoctona. Lui, il bel René, a Quarto Oggiaro ci veniva di tanto in tanto. Il suo regno era la Comasina, al di là del ponte delle Nord. Le sue gesta criminali lo portavano in giro per l’Italia. Tra gli abitanti più anziani di Quarto Oggiaro c’è chi se lo ricorda. Erano anni poveri ma belli, gli anni del boom. Ma a “Quarto Raggio”, come lo chiamavano i milanesi, c’era poco da stare allegri. Proprio qui l’Unione inquilini dell’epoca organizzò le prime occupazioni delle case popolari.

 

Oggi Quarto Oggiaro è un quartiere relativamente pacificato. Meno polveriera di anni fa. Ha tutti i problemi delle periferie che sono “ossessione” per Sala e banco di prova elettorale, ma ciò che fa la differenza è un lavoro di ricucitura della socialità in atto da tempo. Il comune di Milano ci sta lavorando. L’indagine svolta dagli allievi del corso di laurea di Comunicazione e società della Statale sul quartiere spiega che il 79 per cento degli abitanti è soddisfatto della qualità della vita del quartiere, il 33 vorrebbe andarsene e il 38 è soddisfatto dell’integrazione con gli immigrati. Complice forse l’allargamento del Fuorisalone del design nel popolare quartiere di periferia.

 

A piazzetta Capuana è stata messa a bella posta una installazione di design e sono state allestite mostre e luoghi d’incontro. Protagonista un’azienda, la Bellosta Rubinetterie, che in collaborazione con Vill@perta e FabriQ ha sfidato i pregiudizi venendo in periferia. E proprio nel cuore del quartiere, a villa Scheibler, costruita nella seconda metà del Quattrocento il comune ha deciso di costruire un incubatore d’impresa e dei servizi per la formazione. FabriQ è l’incubatore che ogni anno sviluppa alcune decine di progetti con le start up del territorio e che è diventato un vero laboratorio dell’innovazione e della ricerca sociale. La porta accanto è occupata dalla Fondazione Brodolini, che offre una rete di oltre 200 esperti e ricercatori, e collabora anche con la Commissione europea. Completa il quadro Impact Hub Milano, una rete internazionale di spazi di coworking dedicati dove imprenditori e professionisti possono accedere a risorse e individuare opportunità di mercato. Impact Hub Milano è il primo nodo italiano di questa rete. “Vogliamo che le idee selezionate e finanziate – spiega l’assessore alle Politiche per il lavoro, Attività produttive e commercio Cristina Tajani – contribuiscano realmente al miglioramento dei servizi alla cittadinanza, rispondendo in modo nuovo ai bisogni degli abitanti del quartiere, sperimentando anche nuovi modelli di business. Una sperimentazione che si pone in linea con le migliori esperienze europee”.

 

Dall’altra parte di Milano, oltre piazzale Loreto, si apre una delle zone più difficili della città, sulla quale oggi il comune ha deciso di scommettere (soprattutto in chiave di rigenerazione sociale, più che urbanistica, che è materia più pesante): via Padova. Mirko Mazzali, delegato del sindaco alle periferie, spiega: “La situazione interessante è quella di via Padova, a partire dalla trasformazione del Trotter e poi all’utilizzo dei beni confiscati alla malavita. Ci sono alcuni interventi di urbanistica tattica molto interessanti”. E infatti per “riportare” nel centro della città una delle arterie più degradate che l’amministrazione ha deciso di costruire un lungo tracciato verde, lungo sei chilometri, disseminato di servizi per i cittadini, che da piazza San Babila, attraverso corso Venezia, corso Buenos Aires, piazza Loreto, arriva fino al popoloso quartiere di via Padova, presentato qualche settimana fa.

 

“La rigenerazione di questi sei km di Milano sta avvenendo per gradi e in maniera diffusa, con grandi e piccoli interventi che vedono una stretta sinergia tra pubblico e privato – spiega l’assessore all’Urbanistica e Verde Pierfrancesco Maran –. Ora siamo davanti a una svolta. Vogliamo pensare a una Milano 2030 più sostenibile. Abbiamo una visione del futuro di quest’asse che si àncora su tre progetti in fase di avvio, che porteranno l’incremento delle aree a vocazione pedonale e degli alberi, con l’obiettivo di arrivare a un progetto complessivo e di qualità di ampio respiro”. Ovviamente per risolvere i problemi di questo quadrante nord non basta la viabilità smart. Le recenti emergenze, come il fortino della droga sgomberato nell’aprile del 2018, in via Cavezzali 11 – sembrano archiviati. Ma ancora una volta la scelta, virtuosa e obbligata a un tempo, del comune, è lavorare in accordo con il privato sociale. Da solo il pubblico non basta. Anche qui sul fronte abitativo e dei servizi è in campo Fondazione Cariplo. Che già negli anni scorsi aveva completato, in via Padova 36, cuore del quartiere multietnico, un edificio simbolo della convivenza tra famiglie italiane e straniere, tra giovani e anziani. Un progetto di housing sociale (con Regione Lombardia, Fondazione housing sociale, Fondo immobiliare di Lombardia e Abitare sociale metropolitano). Ora Fondazione Cariplo è coinvolta anche nel progetto di rilancio del parco Trotter con il progetto sociale Puntodicomunità nell’ex Convitto del Trotter. Basterà a cambiare i connotati ad un quartiere da troppo tempo abbandonato?

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