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Giovani e famiglie. Il comune di Milano rilancia il canone concordato. Airbnb e il caso New York

Giovanni Seu

L’accordo siglato da Palazzo Marino prevede che la città sia divisa in cinque zone in cui sono fissati minimi e i massini degli affitti mentre i titolari delle case che aderiscono godono una serie di agevolazioni. Intanto il modello adottato dalla metropoli americana fa discutere

Al pari della riduzione dello smog o della messa in sicurezza del Seveso, il proposito di calmierare gli affitti fa venire in mente la battuta di De Gaulle: “Vasto programma”.  Nel caso dei canoni si può dire che è vastissimo, perché Milano negli ultimi anni è diventata una città turistica con una esplosione della domanda di alloggi che ne ha moltiplicato il valore. Basta scorrere una delle tante indagini delle società immobiliari, ad esempio Tecnocasa, per sapere ciò che già si intuisce: servono 750 euro per affittare un monolocale, 1.040 euro per un bilocale e 1.410 euro per un trilocale. A Roma, seconda città più costosa tra le grandi, rispettivamente “bastano” 600 euro, 770 euro e 960 euro. Un bilocale medio a Milano, in locazione, costa più di un trilocale medio a Roma.

 

Ma non è tutto, il trend dice che i numeri crescono sempre più, uno scenario da incubo perché incentiva l’esodo nell’hinterland delle fasce deboli, in modo particolare giovani al primo impiego e famiglie. Pierfrancesco Maran lo conosce bene e sa anche che il “canone concordato” è uno strumento che sinora non ha funzionato bene: “Non era più adeguato – spiega al Foglio l’assessore comunale alla Casa – Nell’accordo di luglio abbiamo aggiornato le tariffe in modo che siano più rispondenti ai valori di mercato. Il nostro obiettivo è di assicurare vantaggi, in particolare fiscali, ai proprietari, semplificare le modalità di calcolo e fissare un tetto per le stanze agli studenti”.

 

L’accordo siglato da Palazzo Marino con Città Metropolitana, i comuni che ne fanno parte e otto tra associazioni degli inquilini e dei proprietari, prevede che la città di Milano sia divisa in cinque zone in cui sono fissati minimi e i massini degli affitti mentre i titolari delle case che aderiscono rinunciando al libero mercato godono una serie di agevolazioni: la cedolare secca è ridotta dal 21 per cento al 10, l’Imu è portata allo 0,73 per cento, ci sono poi riduzioni sull’imposta di registro e sull’Irpef. C’è anche un contributo fino a 4 mila euro ad appartamento da utilizzare per eventuali ristrutturazioni. Sulla carta le proposte sono interessanti, ma è difficile ipotizzare quale impatto potranno avere sul mercato. Maran si mostra ottimista: “E’ possibile che i prezzi continuino a salire, molto dipenderà dal rapporto tra domanda e offerta che non è possibile stabilire oggi. Noi lavoriamo sulla domanda proponendo affitti a lungo termine in cui sono garantiti i pagamenti, facendo così venire meno una delle principali paure dei locatari”. Il punto più delicato di quella che lo stesso assessore definisce una “scommessa” riguarda le politiche per gli studenti: “In tutte le grandi città i giovani vanno ad abitare in case piccole. Il canone concordato è una strategia per dare respiro a questa fascia d’età, in particolare agli studenti cui offriamo una stanza garantendo che non ci saranno aumenti, a differenza di quanto accadeva prima: è una sfida importante, dobbiamo essere capaci di trattenerli assieme ai lavoratori e alle giovani coppie”. 

 

Una questione decisiva per il successo di questa operazione è il rapporto con Airbnb che oramai riguarda tutte le grandi città. L’esempio di New York che ha stabilito forti restrizioni – l’obbligo dei proprietari di registrarsi in comune, di vivere nell’abitazione che viene affittata ed essere presenti durante il soggiorno degli ospiti che non potranno essere più di due – fa molto discutere. Sul tema è intervenuto ieri il sindaco Sala che riconosce come il caso di New York sia un riferimento: “Così non va bene perché non si può avere più di 20 mila appartamenti dedicati agli affitti brevi, la preoccupazione della ministra Santanchè è che se si limita così si colpisca il turismo. Va bene però nel turismo Milano sta crescendo tantissimo, luglio 2023 ha avuto il più 30 per cento sul 2019”. Sulla stessa linea si colloca Maran: “Il problema non è azzerare Airbnb che è ciò che rischia di accadere a New York ma intervenire su un fenomeno che, se non contrastato, può crescere fino al 35-40 per cento snaturando la città. La soluzione sta nel limitare le autorizzazioni e nell’impedire le speculazioni: chi svolge di fatto un’attività alberghiera deve accettarne le regole”. Resta un’ultima domanda: siamo a settembre, riaprono le università e ripartono gli eventi, quanto funzionerà l’accordo? L’assessore è chiaro: “Dovremo convincere i titolari degli alloggi che il canone convenzionato è conveniente, più di quello libero”.

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