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Il futuro del Pd lombardo: non una festa ma tanto lavoro. Parla Roggiani, prossima segretaria regionale

Fabio Massa

"Il lavoro che dobbiamo fare al congresso di questo mese sarà quello di valorizzare e riuscire a capire come possiamo ripartire dopo 30 anni in cui perdiamo in Regione”, dice la futura leader dem in Lombardia

Resiliente. Se si dovesse usare un aggettivo per Silvia Roggiani, segretaria del Partito democratico metropolitano e prossima segretaria regionale dem, probabilmente bisognerebbe pescare in campo ambientale. Resiliente perché malgrado le mille bufere, sottile e leggera come una canna, è rimasta al suo posto, ogni volta tornando su. Non si spezza. Anche di fronte a una competizione, quella per il suo successore, che mette contro amici, percorsi, storie politiche un tempo affini. Mentre inizia la Festa dell’unità e si attende di capire che cosa Elly Schlein pensi di una città come Milano, che non è esattamente Bologna né un vivaio di sardine, i giochi veri si fanno dentro al partito.

E in questo dialogo con il Foglio, Silvia Roggiani parte dal proprio futuro: prenderà il testimone da Vinicio Peluffo per la guida del partito lombardo. Candidatura unica, quindi: si perde qualcosa per quanto riguarda il dibattito? “Dipende. Dipenderà da come sarà il congresso in questo mese che abbiamo di fronte. Ma accusare il Partito democratico di essere un partito in cui non si discute penso sia abbastanza incredibile. Assistiamo quotidianamente a discussioni ovunque: nelle nostre assemblee, nei nostri organismi, nei dibattiti alle Feste dell’unità, sui social e sui giornali. Se c’è una cosa su cui possiamo migliorare, dopo i nostri confronti, è sicuramente nel messaggio che inviamo all’esterno. Ma che confronto e discussione nel Pd non manchino, mi sembra evidente”.

Sì, il dibattito sì, insomma. “E’ così: il dibattito nel Pd esiste ed è normale visto che parliamo di un grande partito plurale, dove le diversità ci sono e coesistono al suo interno. Il lavoro che dobbiamo fare in questo congresso non sarà solo quello di riuscire a valorizzare ma anche di riuscire a capire come possiamo ripartire dopo 30 anni in cui perdiamo in Regione Lombardia”.

Andiamo subito a bomba. Lombardia terra ostile. Da sempre. Ma perché? “Tanti motivi. Io credo che ci sia una rassegnazione diffusa in Regione e che il Pd non venga di conseguenza considerato un orizzonte di possibile risposta politica ai bisogni ma anche alle aspettative e ai sogni che le persone hanno. Alcuni diritti non ci sono e viene dato per assodato che sia così”. Faccia un esempio. “Il fatto che la sanità oggi sia un ricatto dove o si paga o si aspetta è vissuto quasi come normale. Perché di fondo Regione Lombardia viene comunque considerata come l’eccellenza della sanità. Ed è pure vero che ci sono eccellenze. Ma il diritto a curarsi in tempi certi con la sanità pubblica qui non c’è. La stessa cosa vale per i trasporti. Eppure il Pd non è evidentemente riuscito in questi anni a essere considerata come forza di governo alternativa”. Ipotizziamo: se in 30 anni alla parola d’ordine del centrosinistra “sanità pubblica” gli elettori hanno risposto “privato convenzionato”, forse qualcosa vorrà pur dire, no? “Intanto io non penso che la sanità oggi sia identica al sistema che Formigoni aveva immaginato e iniziato a mettere in atto. E questo non lo dico per lodare Formigoni, ma c’è stato un peggioramento. Invece di capire come il privato potesse aiutare la sanità pubblica gli è stato dato uno spazio senza bilanciare i diritti con i doveri e senza mettere al centro i bisogni e le esigenze del cittadino. Quindi sì: la sanità è decisamente peggiorata. Con il Pnrr abbiamo una grande occasione per rilanciare la sanità territoriale qui mai realizzata. Ma ancora oggi su questo non vediamo alcuno scatto. Per altro sul Pnrr stiamo perdendo un sacco di soldi come Lombardia, più di 700 milioni. Eppure nessuno della destra lombarda dice nulla”.

Rimane il punto: a distanza di 5 anni, con due candidati radicalmente diversi (Gori e Majorino), con un Covid e una massa di polemiche e inchieste (tutte finite nel nulla), il Pd ha perso le elezioni con un divario addirittura leggermente maggiore. “Io penso che il Pd al di là del candidato non sia riuscito a far arrivare nella Lombardia profonda una visione forte e alternativa a quella della destra, né a intercettare quella delusione e rassegnazione da parte dei cittadini lombardi. E’ vero che la Lombardia è la più ricca d’Italia, ma i problemi ci sono. Eccome. Ecco, non hanno guardato a noi come una soluzione a questi problemi”. 

Cambiamo tema e andiamo al confronto per il suo successore alla segreteria metropolitana: Alessandro Capelli contro Santo Minniti. Futuro complicato. Da loro verranno di fatto le mosse per il prossimo sindaco. Nella storia recente (e anche meno recente) di Milano nessuno ha mai governato più di 15 anni. “L’eredità rispetto al governo di Milano non è solo quella del Pd. Da Pisapia in avanti è iniziata una stagione del centrosinistra, dove il Pd ha visto una accresciuta centralità. Nel Sala-bis noi abbiamo raddoppiato le liste della coalizione ma il Pd ha comunque aumentato i suoi voti non solo percentualmente ma in termini assoluti. Oggi il Pd è radicato, e gli iscritti sono aumentati”. 

Beppe Sala, sindaco al secondo mandato, dice che vuole dare una mano al Pd. “Il sindaco Sala è uno dei protagonisti del centrosinistra in Lombardia ed è fondamentale che in vista del 2028, nel laboratorio che metteremo in campo insieme a Emilio Del Bono, tutti siano in squadra. Benissimo dunque la disponibilità di Sala, con cui sarò felice di continuare a lavorare anche da segretaria del Pd lombardo”. Chiudiamo sulla sfida provinciale. Esiste un ticket tra Capelli e Roggiani? Oppure sono due partite differenti? “Io non lo nascondo: come dico in modo trasparente da mesi non ho voluto essere un arbitro nella scelta di chi potesse guidare la federazione metropolitana dopo di me. Santo Minniti e Alessandro Capelli sono stati entrambi nella mia segreteria, che è un organismo fiduciario. Quindi sono state entrambe persone di mia fiducia, scelte da me. Io credo che oggi Alessandro possa interpretare meglio questa sfida che abbiamo davanti, molto complessa, di vincere ancora a Milano e di essere un partito sempre più radicato e che abbia una visione forte per la città metropolitana”.

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