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Gran Milano

Cara Expo di Roma, il grande balzo in avanti è possibile. Lettera fiduciosa da Milano

Maurizio Crippa

Per vincere la corsa con Busan e Riad, la capitale deve far crescere una mobilitazione intellettuale, culturale e d’immagine internazionale. Ma soprattutto, va messo in campo sin da subito un progetto di futuro, che vada al di là della decisione del Bie sul 2030. Come è accaduto nel capologuogo lombardo, già prima dell'esposizione del 2015

Cara Roma, eterna capitale d’Italia oggi in corsa per ottenere dal Bureau international des Expositions l’assegnazione di Expo2030, qui è l’intera città di Milano che ti scrive, augurandoti un pieno successo nell’impresa. Il responso arriverà alla fine di novembre, nei giorni scorsi Giorgia Meloni è stata in visita a Parigi, da Macron, anche (ma non solo) per perorare la causa di Roma, con tanto di splendida festa all’ambasciata d’Italia. Noi milanesi ci ricordiamo ancora l’esplosione di festa il 31 marzo del 2008, quando il Bie decretò la nostra città, e ovviamente l’Italia, vincitrice contro la rivale Smirne. Speriamo di cuore (no scemenze campanilistiche!) che una tale esplosione di gioia possa accadere anche nelle strade di Roma. Con tutto quello che ne seguì: di entusiasmo cittadino, di iniziative, di trasformazioni immaginate e realizzate. Sarebbe per l’Italia e la capitale una grande occasione, come lo è stata indubbiamente per Milano: basterebbe uno sguardo a cosa sta diventato l’ex Area Expo, oggi MIND District.

Ma perché ciò accada occorrono alcune condizioni, e qui proviamo a spiegartele – senza nessuna presunzione, soltanto per esperienza fatta. La prima è quella che purtroppo meno dipende da te, e dal tuo ottimo comitato promotore: si tratta di conquistare uno per uno i voti dei paesi che sceglieranno (pro capite) la città vincente. In corsa c’è Riad, e la Corea del Sud con Busan. Ed è risaputo che la capacità di lobbying e di convincimento dell’Arabia Saudita è enorme. Lo ha riconosciuto anche l’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente del comitato promotore per Expo a Roma, che mesi fa aveva anche aggiunto: “L’Europa è famosa per essere disunita nelle candidature internazionali e questa volta non fa eccezione”. Ai nostri tempi il lavoro diplomatico di Letizia Moratti, che a livello istituzionale e anche personale possedeva uno standing notevole, riuscì nell’impresa contro Smirne (86 voti a 65). Ora la strada è molto più ardua e anche la posizione internazionale del nostro paese è meno solida, persino in Europa.

Ma l’altra condizione dipende tutta da te, da Roma. Innanzitutto per convincere i membri del Bie ci vuole un bel titolo. Il tema scelto da Milano fu “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Un gran bel tema, che si è rivelato profetico. Roma ne ha scelto uno importante altrettanto: “Persone e territori: rigenerazione urbana, inclusione e innovazione”. Ed è su questo che per prima cosa deve far crescere una mobilitazione intellettuale, culturale e d’immagine internazionale (mancano solo pochi mesi: forza!).

Ma l’indicazione che Milano può offrire a Roma, alla sua politica, alle sue imprese, ai suoi stakeolder, è soprattutto un’altra. Si dice sempre che Milano “si è trasformata grazie a Expo2015”. Non è vero, o solo in parte. Milano, la città ma anche l’area metropolitana (che nessuno ricorda mai, ma è in gran parte territorio agricolo) aveva iniziato la sua trasformazione dalla fine degli anni ’90. Superare la de-industrializzazione, puntare su terziario e servizi; la rigenerazione urbana che iniziò con il Passante ferroviario, poi Porta Nuova e i grandi progetti che hanno cambiato l’urbanistica e la viabilità; l’investimento sempre maggiore sulle università e le reti di conoscenza. E fuori, nella Città metropolitana, l’inizio (lento, complesso) del recupero delle grandi aree industriali dismesse: Sesto-Falck, Rho e Pero (Fiera); il potenziamento del sistema aeroportuale, passeggeri e cargo; i poli della logistica (quella che, trasformandosi, sta rendendo a poco a poco possibile la nascita della città green “in quindici minuti”). Sono tutte cose che Milano, la Milano sempre bipartizan del buon governo riformista, aveva iniziato a fare oltre un decennio prima di vincere la gara per l’Expo: coinvolgendo politica, forze civiche e privati. Poi i sette anni turbolenti hanno spinto a una ulteriore accelerazione, e c’è anche chi oggi dice che si sia andati troppo avanti. Roma ha problemi strutturali enormi, Expo potrebbe essere, se non una manna, un volano di trasformazione. Ma la rincorsa per il grande balzo in avanti va presa prima e a prescindere da Expo, e riguarda tutto il sistema, non solo una o due aree urbane. Milano ci ha provato, tocca a te.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"