l'intervista

No all'antimafia della fuffa. Parla Costantino Visconti

Ermes Antonucci

"Da palermitano anche io sono cresciuto con l’idea che la mafia era invincibile. Gli ultimi trent’anni invece hanno dimostrato che la mafia è vincibilissima, ma questa storia ora va raccontata alle nuove generazioni". Colloquio con il giurista

"Consegnare alle nuove generazioni e all’opinione pubblica l’idea della mafia come super potere imbattibile è sostanzialmente il più grande contributo che si può dare alla permanenza e alla persistenza delle mafie nel nostro paese". Lo afferma, intervistato dal Foglio, Costantino Visconti, docente di Diritto penale all’Università di Palermo. Il giorno del trentunesimo anniversario della strage di Via D’Amelio è anche l’occasione per riflettere sui danni causati dall’antimafia della fuffa

 

Esiste un ampio schieramento di intellettuali che ritiene, più o meno in buona fede, che la mafia, o più precisamente le mafie, siano un super potere criminale che tutto decide e tutto dispone”, afferma Visconti. “Questo tipo di approccio ha diversi effetti negativi. Il primo – spiega – è che nega la storia alle nuove generazioni. Sottrae la storia degli ultimi trent’anni, il passaggio da una mafia che comandava nelle città e che era ben protetta dal potere politico a una mafia ridotta ai minimi termini, grazie all’azione di magistratura e polizia. Questo dato ha a che fare con una questione fondamentale e che io sento molto come cittadino palermitano. Anche io sono cresciuto con l’idea che la mafia era invincibile. Gli ultimi trent’anni invece hanno dimostrato che la mafia è vincibilissima”.

 

“Il secondo effetto negativo di questo modo di intendere la mafia – prosegue il giurista palermitano – è che non fa capire ciò di cui abbiamo bisogno adesso. Confonde le acque. Noi abbiamo bisogno di sapere lo stato di salute delle organizzazioni criminali e di capire quali strumenti adottare sulla base di una consapevolezza: il diritto penale ha raggiunto il massimo di ciò che poteva dare in termini di repressione e quindi restrizioni rispetto alle garanzie individuali. Quindi è chiaro che la partita per la sconfitta definitiva di queste organizzazioni criminali sta altrove: non nel diritto penale, ma nell’educazione culturale. E lo dico da penalista”.

 

“Bisogna insegnare bene la storia”, dice Visconti, che prosegue: “Bisogna raccontare che le mafie storicamente hanno avuto un ruolo invadente nella vita delle nostre comunità, soprattutto meridionali, ma che dal 1982 in poi (usiamo come spartiacque l’approvazione della legge Rognoni-La Torre), grazie al sacrificio di tante persone siamo arrivati a un punto in cui le mafie sono sotto pressione permanentemente. In questo modo dai la sensazione che qui l’entità forte e lo stato, che nulla a che vedere con la mafia, e che quindi bisogna affidarsi allo stato. E’ chiaro fino a quando nelle scuole si continueranno a invitare Saverio Lodato e Nino Di Matteo, che dicono che lo stato è marcio, si darà un messaggio diverso alle nuove generazioni. Bisogna spiegare che lo stato c’è, e che è più forte delle mafie, perché questo è un dato inconfutabile”.

 

Quando venne catturato Matteo Messina Denaro, lei parlò di “eterno ritorno dell’antimafia nichilista”. Cosa intendeva? “L’antimafia nichilista – risponde Visconti – mette permanentemente in discussione i risultati che ottengono i corpi professionali dello stato nel contrasto a Cosa nostra in nome di un inafferrabile ‘oltre’, di un ‘sistema mafioso superiore e supremo’ che rimarrebbe sempre impunito, perfino a insaputa di chi compie le investigazioni, magistrati e forze di polizia in particolare”. “L’antimafia nichilista – prosegue il docente – presume di capire e sapere più di tutti come stanno realmente le cose. Non dà mai soddisfazione a chi lavora sul campo e, occupando in modo spropositato e a volte con un approccio cameratesco gli spazi mediatici messi generosamente a loro disposizione, punta inesorabilmente a celebrare l’invincibilità della mafia e dei suoi registi occulti. Paradossalmente, alla forza inarrestabile e mai scalfita di Cosa nostra credono più loro che gli stessi mafiosi”.

 

Conclude Visconti: “Questo per dire che anche quando il ministro Nordio propone una tipizzazione del concorso esterno in associazione mafiosa non bisogna scandalizzarsi, semmai bisogna entrare nel merito e capire come farla. Ma con quel tipo di antimafia che a tamburo battente ripete che ogni passo che fai è ascrivibile a un complotto giudaico-massonico-mafioso non si può discutere”.