il caso

La commissione scelta da Nordio stravolge la riforma Cartabia

Ermes Antonucci

Dal collocamento delle toghe fuori ruolo alla valutazione della professionalità: le nuove regole della commissione nominata del ministro della Giustizia (piena di magistrati fuori ruolo) ribalta la riforma del precedente governo

Il tradimento di una riforma. E’ ciò che sta accadendo attorno alla riforma dell’ordinamento giudiziario approvata un anno fa dal Parlamento su iniziativa dell’allora ministra della Giustizia Marta Cartabia. Dopo aver rinviato alla fine del 2023 il termine entro cui presentare i decreti attuativi, ora si scopre che la prima bozza del provvedimento – visionata in esclusiva dal Foglio – sovverte alcuni princìpi cardine della riforma

 

Che qualcosa potesse andare storto lo si era capito già al momento dell’istituzione a fine aprile, da parte del Guardasigilli Carlo Nordio, della commissione incaricata di elaborare i decreti attuativi, composta da 26 membri: diciotto magistrati, di cui dieci fuori ruolo, cinque docenti e tre avvocati. A guidare la flotta delle toghe fuori ruolo, peraltro, è Giusi Bartolozzi, vicecapo di gabinetto del ministro Nordio, che da tempo – tra una sfuriata e l’altra in pubblico con i propri collaboratori e colleghi – ha accentrato nelle proprie mani le decisioni più importanti che competono al ministero di Via Arenula

 

La preponderanza di magistrati fuori ruolo ha prodotto i suoi effetti, come denuncia  il deputato Enrico Costa, vicesegretario di Azione, da sempre attentissimo a ciò che avviene nel campo della  giustizia. 

 

Quello dei magistrati fuori ruolo costituisce, infatti, uno dei capitoli più importanti della riforma Cartabia. Il provvedimento innanzitutto prevede una riduzione del numero delle toghe collocate fuori ruolo, sia al ministero della Giustizia, sia negli altri ministeri, specificando che il collocamento è possibile “per la sola copertura di incarichi rispetto ai quali risultino necessari un elevato grado di preparazione in materie giuridiche o l’esperienza pratica maturata nell’esercizio dell’attività giudiziaria o una particolare conoscenza dell’organizzazione giudiziari”.

 

Ebbene, nonostante queste specificazioni, la bozza di legge di attuazione della delega prevede la riduzione del limite massimo di magistrati ordinari collocati fuori ruolo da 200 a 180: un taglio risibile. Non solo. Il testo stabilisce anche che il collocamento del magistrato fuori ruolo non può essere autorizzato “se sono decorsi meno di tre anni dal rientro in ruolo a seguito di un precedente collocamento fuori ruolo”. Tuttavia, qualche articolo più in là si specifica che “ai magistrati fuori ruolo al momento della pubblicazione del presente decreto, si applica la disciplina vigente al momento del conferimento o dell’autorizzazione dell’incarico”. Insomma, tutte le toghe attualmente fuori ruolo, a partire dai diciotto che compongono la commissione (inclusa la vicecapo di gabinetto Giusi Bartolozzi) possono dormire sonni tranquilli e attendere di essere nuovamente collocati fuori ruolo al termine dell’attuale incarico. 

 

La seconda grande novità contenuta nella bozza di decreto legislativo riguarda la valutazione di professionalità, oggi sostanzialmente inesistente (il 99,6 per cento dei magistrati viene promosso con giudizi positivi). Per cercare di porre rimedio a questa situazione, la legge Cartabia ha recepito la proposta di Costa di istituire il fascicolo di performance del magistrato, che conterrà per ogni anno di attività “i dati statistici e la documentazione necessaria per valutare il complesso dell’attività svolta, inclusa quella cautelare, sotto il profilo sia quantitativo che qualitativo, la tempestività dell’adozione dei provvedimenti, la sussistenza di caratteri di grave anomalia in relazione all’esito degli atti e dei provvedimenti nelle successive fasi o nei gradi del procedimento e del giudizio, nonché ogni altro elemento richiesto ai fini della valutazione”.

 

Ciò che fa la bozza di decreto legislativo è specificare cosa si intende per “grave anomalia”, vale a dire “il rigetto delle richieste, nonché la riforma e l’annullamento delle decisioni del magistrato ove assumano, anche in rapporto agli esiti delle decisioni e delle richieste adottate dai magistrati appartenenti al medesimo ufficio, carattere di marcata preponderanza e di frequenza rispetto al complesso degli affari definiti dal magistrato”. “E’ evidente – commenta Costa – che se un magistrato ha mille atti e si stabilisce che  c’è grave anomalia quando ne ha 501 non accolti o ribaltati, significa fare coriandoli di questa delega”. 

 

La bozza del decreto va anche oltre, stabilendo che “non costituiscono in ogni caso gravi anomalie la riforma del provvedimento o il rigetto della richiesta determinata dalla decisione del magistrato motivata in difformità dal consolidato orientamento giurisprudenziale, che pure abbia dimostrato di conoscere e col quale si sia confrontato”. Qui Enrico Costa sbotta: “Il magistrato creativo, che si fa bocciare tutto perché fa arrestare le persone e se le vede tutte liberate dal Riesame perché ha una sua particolare tesi dei gravi indizi di colpevolezza, può farla franca semplicemente scrivendo di sapere qual è l’orientamento prevalente. Ma stiamo scherzando?”. E chissà se intanto Nordio sia informato di tutto ciò.

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