Le tensioni (pronte a esplodere) al ministero della Giustizia

Ermes Antonucci

Il ministero di Via Arenula è una polveriera pronta a esplodere. La causa di tutte le tensioni porta un nome e un cognome ben precisi: Giusi Bartolozzi, vicecapo di gabinetto del Guardasigilli Carlo Nordio

Il ministero della Giustizia è una polveriera pronta a esplodere. La causa di tutte le tensioni porta un nome e un cognome ben precisi: Giusi Bartolozzi, formalmente vicecapo di gabinetto del Guardasigilli Nordio, sostanzialmente la persona che ha accentrato nelle sue mani tutte le decisioni più importanti che competono al ministero. Tanto da essere definita ormai la “zarina di Via Arenula”. “Al ministero non si prendono più decisioni in maniera collegiale, tutto è accentrato nelle sue mani, è lei che comanda”, riferisce una fonte del ministero, che ci riporta una realtà fino ad ora rimasta nascosta, in buona parte anche allo stesso Nordio. “Tutte le decisioni passano per il suo tavolo, anche quelle già prese in precedenza insieme dai capi degli uffici”.

 

Come con la tela di Penelope, i provvedimenti vengono tessuti di giorno, in modo collegiale, ma disfatti di notte dalla vicecapo di gabinetto. Che si sente ben più di una vicecapo: “Bypassa sistematicamente i vertici degli uffici di diretta collaborazione del ministro. Fa il vice, il capo di gabinetto, il sottosegretario e anche il viceministro. Si sostituisce a tutti i capi, anche dei vari dipartimenti. Fa tutto lei”, conferma un’altra fonte, raccontando le rumorose sfuriate di Bartolozzi per i corridoi di Via Arenula. “Lei lo dice apertamente: ‘Sono qui per fare politica’. Ma allora non dovevi fare il vicecapo di gabinetto, bensì il viceministro o il sottosegretario”, commenta.

 

Bartolozzi è una delle tante toghe collocate fuori ruolo al ministero. E’ stata giudice a Gela, a Palermo e poi alla corte d’appello di Roma. Poi è entrata in politica, venendo eletta alla Camera nel 2018 con Forza Italia. Nel luglio 2021 passò al gruppo Misto dopo essere stata rimossa dalla commissione Giustizia per aver annunciato il voto contrario a un emendamento proposto da Fi, considerato norma ad personam dalle opposizioni. Con l’uscita da Fi, Bartolozzi si attirò le ire di Marta Fascina, compagna di Silvio Berlusconi: “Non si tratta di silenziare le voci critiche – affermò Fascina – ma di impedire di utilizzare i partiti come taxi per raggiungere lauti stipendi a posizioni di potere, salvo poi (raggiunto l’obiettivo) cambiare idea, ideali, valori, partito”.

 

Il ritorno di Bartolozzi nei ranghi della magistratura è durato poco. Appena diventato ministro, infatti, Nordio ha deciso di nominare il presidente del tribunale di Vicenza, Alberto Rizzo, come suo capo di gabinetto e Bartolozzi sua vice, non immaginando certamente che quest’ultima avrebbe ben presto dato vita a fibrillazioni al ministero della Giustizia. Fibrillazioni così profonde, riferisce una fonte, da essere arrivate persino all’attenzione del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Chi non sembra ancora essersi accorto di queste tensioni, o perlomeno non avrebbe compreso le ripercussioni devastanti che stanno producendo, sarebbe proprio Nordio, che continua a garantire fiducia a Bartolozzi e a delegarle ampi settori di intervento. Spesso con risultati paradossali, che vanno contro le stesse idee liberali espresse in tutti questi anni dal Nordio intellettuale.

 

Porta la firma di Bartolozzi, ad esempio, l’emendamento al decreto sulla Pubblica amministrazione elaborato per aumentare di dieci unità il numero di magistrati da destinare al ministero della Giustizia. Lo stesso emendamento, poi ritirato, prevedeva anche la creazione nell’ufficio di gabinetto del Guardasigilli di un posto di funzione dirigenziale, da retribuire con 300 mila euro all’anno. C’è sempre Bartolozzi, poi, dietro l’emendamento che ha rinviato a fine dicembre il termine per emanare i decreti attuativi della riforma Cartabia sul Csm e sull’ordinamento giudiziario. L’obiettivo ultimo sarebbe quello di far decadere la riforma, e con questa i limiti introdotti per le porte girevoli tra politica e magistratura.

 

Insomma, altro che separazione dei poteri. Con il suo attivismo in difesa delle toghe, Bartolozzi “sembra essere l’avamposto dell’Associazione nazionale magistrati al ministero della Giustizia”, ci dicono. La stessa Anm che nel 1997 convocò Nordio davanti ai probiviri per alcune sue affermazioni garantiste (Nordio li mandò a farsi benedire e non si presentò neanche). Nonostante ciò, la “zarina di Via Arenula” continua ad avere un forte ascendente sul ministro. Mettendo a rischio, per molti, il futuro stesso delle tanto attese riforme della giustizia.

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