La lezione di Marina Berlusconi sul caso di Imane Fadil (e sulla gogna che intossica tutto)
Secondo la procura la giovane modella marocchina è morta per un'aplasia midollare. Nessun avvelenamento. La figlia del Cav. scrive al Corriere: “Chi ripagherà mio padre di quel che in questa storia di consapevole follia gli è stato gettato addosso?”
“La cultura dell’allusione e della calunnia intossica la vita democratica del nostro Paese”. Con una dura lettera al Corriere della Sera, Marina Berlusconi, figlia dell’ex presidente del Consiglio e leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, interviene per commentare la fine della vicenda di Imane Fadil, una delle testimoni del processo Ruby, morta lo scorso 1 agosto dopo un mese di agonia. Dopo aver escluso l’ipotesi di avvelenamento, che da più parti era stata alimentata per tirare in ballo fantomatiche responsabilità di Silvio Berlusconi, ieri la procura di Milano ha comunicato gli esiti degli accertamenti effettuati dai medici legali per individuare le cause della morte della ragazza: nessun avvelenamento doloso, ma una forma di aplasia midollare che impediva al midollo della giovane modella marocchina di produrre globuli bianchi e rossi. I pm hanno firmato il nullaosta alla restituzione della salma alla famiglia. L’inchiesta, che era stata aperta per omicidio volontario, va ora quindi verso una richiesta di archiviazione, anche perché non sono state individuate nemmeno responsabilità mediche. Insomma, fine del grande “mistero” che era stato alimentato da diversi organi di informazione e da alcuni scatenati esponenti politici.
Marina Berlusconi, però, non dimentica il fango che in tutti questi mesi è stato gettato addosso al padre, dipinto come il mandante occulto della morte (omicidio) di Imane Fadil. “Caro Direttore – scrive Marina Berlusconi nella lettera al Corriere – ora che l’evidenza dei fatti impone a tutti di tornare alla razionalità, una riflessione relativa al modo in cui la terribile vicenda della morte di Imane Fadil è stata gestita credo sia giusto farla. Non solo su ruolo e obiettività dell’informazione, ma anche, più in generale, sulla cultura dell’allusione e della calunnia e su quanto tutto questo intossichi la vita democratica del nostro Paese. Flagello non nuovo, purtroppo, la cui gravità mi pare troppo spesso sottovalutata. Così come non è una novità il fatto che da 25 anni una delle vittime principali, se non la principale, di questi meccanismi avvelenati sia proprio mio padre. Ma quello cui abbiamo assistito per lunghi mesi credo sia andato ben oltre. Stavolta c’era di mezzo la morte di un essere umano, di una ragazza dalla vita complicata che ha fatto una fine atroce. Di fronte alla quale non si sarebbe dovuto provare altro che rispetto e umana pietà. E invece il suo dramma è stato vergognosamente usato con una spregiudicatezza e un disprezzo della verità dei fatti che fanno rabbrividire”.
Marina Berlusconi prosegue ripercorrendo le tappe del caso di Imane Fadil, continuamente definita “testimone chiave” (anche se, nota la figlia dell’ex premier, “aveva già detto tutto quello che riteneva di dover dire”), fino ad arrivare al sospetto di avvelenamento con sostanze radioattive: “Chi è stato, se c’è stato, il regista di questo copione? In ogni caso, una volta messo a punto, una parte dell’informazione – per riflesso pavloviano certuni, per precisa scelta di strumentalizzazione altri – si attiva con grande zelo per additare il protagonista occulto: mio padre, ovviamente. Perché è vero che non c’è un reato ma solo un’ipotesi. È vero che non c’è un movente. È vero dunque che non può esserci un sospettato. E poi, l’ideologia acceca sì, ma qualunque persona sana di mente farebbe fatica a immaginare un killer assoldato ad Arcore che gira per Milano con nella valigetta sostanze capaci di annientare mezza città e tutto questo per eliminare una ragazza indifesa”.
“È tutto vero. Però... – aggiunge Marina Berlusconi – E qui scatta il consueto, perverso meccanismo, l’escamotage infallibile che consente di lanciare, nascondendo la mano, le calunnie più inverosimili: il «ragionamento politico», l’analisi del «contesto», la riflessione sullo «scenario». Tradotto: se di delitto si tratta, è chiaro che Silvio Berlusconi non c’entra, figurarsi. Però... una superteste a suo carico muore in quel modo ufficialmente sospetto... Però... magari qualcuno potrebbe avergli voluto fare un favore, oppure tendergli una trappola... Del resto, con le sue frequentazioni... E via a tutto l’indecente campionario di fango che ci sentiamo sciorinare da decenni, con il pretesto di una sorta di responsabilità morale tanto assurda che neppure i tribunali staliniani credo avrebbero mai avuto il coraggio di sostenere. Con assoluto sprezzo dell’intelligenza altrui, non ci si è vergognati neppure di fare un parallelo con il delitto Matteotti (il delitto Matteotti... Ma ci rendiamo conto della grottesca enormità?)”.
Qui il riferimento di Marina Berlusconi è a Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, che in un articolo si era addirittura spinto a paragonare il Cav. al Benito Mussolini dell’omicidio Matteotti, evocando le amicizie dell’ex premier con i russi, la massoneria e la mafia. Senza dimenticare, comunque, le ampie paginate pubblicate da Repubblica nei giorni del “mistero”, tutte finalizzate a rappresentare Imane Fadil come “la donna che sapeva troppo”.
Così, è il metodo della gogna a finire nel mirino di Marina Berlusconi: “Ora, dopo un’attesa che pareva infinita, le agenzie informano che secondo gli esami clinici Imane Fadil è morta per cause naturali. Fine del caso. Fine del mistero. Qualche sbrigativo articolo, e avanti il prossimo. Eh no, troppo facile. Certo, mio padre ha le spalle più che larghe, e di fronte a tutte le infamie con cui da 25 anni cercano di sommergerlo ha sempre reagito con un coraggio, una lucidità, una tenacia che non finiscono di sorprendere. Ma chi lo ripagherà di quel che in questa storia di consapevole follia gli è stato gettato addosso? Delle paginate sui giornali, anche stranieri, dei servizi su tg, radio, web, di quei talk show che con accanimento morboso per mesi hanno vivisezionato il caso? Qualcuno mai farà mea culpa per questi metodi da sciacalli?”.
La risposta a questa domanda sembra già essere sotto gli occhi di tutti, se si considera che il capofila della campagna stampa contro Silvio Berlusconi, il Fatto Quotidiano, proprio oggi dedica alla notizia della fine del caso di Imane Fadil soltanto un brevissimo trafiletto a pagina 16.
Ma ciò che più preoccupa, conclude Marina Berlusconi nella lettera, è che la cultura della gogna trovi sostenitori anche e soprattutto nel mondo politico: “Faccio fatica ad essere ottimista, e ne faccio ancora di più se guardo a quel che il Paese si appresta a vivere. Non mi pare di cogliere grandi sintomi di guarigione, anzi tutt’altro, da questa cultura dell’insinuare, del calunniare nascondendosi dietro un condizionale, dello sporcare in nome dei sacri principi. È una cultura malata che certa politica, certa ideologia istigano e cavalcano, senza preoccuparsi del fatto che sempre più spesso il Grande Inquisitore può in un attimo vedersi trasformato nel Grande Inquisito. Ma – quel che è ancora più grave – è una cultura che mina alle fondamenta valori come garantismo, giustizia, verità, valori su cui poggia ogni vera democrazia”.
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