Imane Fadil dentro l'aula del Tribunale di Milano in occasione del Processo Ruby ter a carico di Silvio Berlusconi (LaPresse)

Il Cav. non ha ucciso Imane Fadil. Ma va?

Redazione

L’autopsia sul corpo della giovane mette la parola fine a una tragica farsa

Imane Fadil non è stata avvelenata. “Non ci sono elementi a supporto di ipotesi di morte non naturale”, è la conclusione – anticipata dall’agenzia Adnkronos (ma ancora prima dal buon senso) – dell’autopsia svolta dai consulenti della procura di Milano sul corpo della giovane donna, una delle testimoni del processo Ruby, deceduta lo scorso primo marzo all’ospedale Humanitas di Rozzano dopo un mese di agonia.

  

A oltre cento giorni dal decesso, i consulenti spazzano via tutti i sospetti e la passione giallistica alimentati con gusto inebriato da una parte degli organi di informazione: “Non ci sarebbero risultanze indicative di avvenuto avvelenamento”. Scartata fin da subito l’ipotesi di una morte legata a sostanze radioattive, infatti, gli esami si sono poi concentrati sulla presenza di metalli nel sangue. I consulenti hanno rilevato una concentrazione superiore alla norma, ma non ritenuta mortale e dunque non sufficiente a ipotizzarla come causa del decesso.

  

Secondo i medici, dunque, non c’è nessun mistero sulla morte della povera Fadil. Solo una conclusione scientifica poteva mettere la parola fine a una vicenda segnata dall’impazzimento di alcuni quotidiani e di sbrigliatissimi politici (il giorno dopo la morte di Imane, la Repubblica di Carlo Verdelli titolò a caratteri cubitali: “La donna che sapeva troppo”, mentre il Fatto con altrettanta attenzione a combattere la cultura del sospetto dedicò tutta la prima pagina alla tesi dell’avvelenamento). A sprezzo del ridicolo avevano tamburellato sul “mistero” di Fadil, dando praticamente per certo che fosse morta avvelenata e che a spiegare il movente potesse essere una persona sola: Silvio Berlusconi. Roba da matti o da ubriachi. Così, Repubblica dedicava pagine e pagine (un giorno addirittura quattro) alla “donna che sapeva troppo”, sottolineando che “nessuno ha avuto pietà per l’Olgettina d’Italia”, definendola pure “testimone chiave” del processo Ruby, anche se tale non lo era mai stata. Nel frattempo, Marco Travaglio, sul Vernacoliere quotidiano, paragonava il Cav. al Benito Mussolini dell’omicidio Matteotti, evocando le amicizie dell’ex premier con i russi, la massoneria, la mafia… E i rettiliani? Ora, a distanza di oltre quattro mesi, non resta in piedi nulla. Ovviamente. Resta soltanto una gigantesca farsa recitata sul corpo di una povera donna morta troppo giovane.

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