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Processo alla riforma della giustizia

Ermes Antonucci

Dai costituzionalisti ai professori, nessuno è d’accordo con la sospensione della prescrizione

Roma. Sfilza di bocciature per la riforma della prescrizione proposta dalla maggioranza. Durante le audizioni svolte lunedì dalle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, giuristi, magistrati e avvocati hanno pesantemente criticato la norma inserita in extremis dal Movimento 5 Stelle all’interno del ddl anticorruzione che prevede la sospensione della prescrizione dopo una sentenza di primo grado.

  

Persino l’Associazione nazionale magistrati, che sabato scorso ha annunciato un pacchetto di proposte da sottoporre al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, ha voluto prendere alcune distanze. Il presidente del “sindacato delle toghe”, Francesco Minisci, pur rivendicando il sostegno alla proposta, ha detto che la riforma “deve inserirsi in un più complesso e ampio intervento sul codice penale e di procedura penale”, in quanto “adottata da sola sarebbe una soluzione non solo inefficace ma dannosa per le corti d’appello che vedrebbero aumentare i carichi”. Minisci ha inoltre proposto di applicare lo stop al decorso della prescrizione “solo alle sentenze di condanna e non anche a quelle di assoluzione”, evidenziando “la diversità tra l’una e l’altra sentenza in termini di garanzie e interesse dello Stato ad arrivare alla conclusione del processo”.

  

Bocciature pesanti sono arrivate anche dai rappresentanti dell’avvocatura, delle alte Corti e del mondo accademico. L’Unione delle Camere Penali Italiane, dopo aver attaccato nei giorni scorsi l’Anm (“Si candida al ruolo di ghost writer della peggiore riforma populista e giustizialista della storia repubblicana”), per bocca del segretario Eriberto Rosso ha “ribadito la ferma contrarietà all’emendamento sia nel metodo che nel merito”, ritenendo la disciplina “certamente contraria a molti principi della nostra Costituzione” (dal principio di legalità previsto dall’articolo 25 alla ragionevole durata del processo stabilita dall’articolo 111). Secondo Andrea Mascherin, presidente del Consiglio Nazionale Forense, “l’esigenza di allungare i tempi in nome della difesa della parte lesa è sistematicamente sbagliata e non risponde ai principi della Costituzione”: “Solo dopo aver garantito la ragionevole durata del processo possiamo parlare di prescrizione”. Durante l’audizione, il Cnf ha anche chiesto alla maggioranza di governo di chiarire se la riforma della prescrizione andrà di pari passo con quella del processo penale: “Non è possibile che si rimanga, come cittadini e quindi coloro che vi hanno votato, appesi a un distinguo. Il M5s afferma che le due riforme sono l’una slegata dall’altra, mentre la Lega afferma invece che le due riforme dipendono l’una dall’altra”. Per Riccardo Fuzio, procuratore generale della Corte di Cassazione, “l’emendamento è una prescrizione tombale, non è una sospensione ma un atto interruttivo definitivo della prescrizione”. Non solo: la scelta di spostare al 2020 l’entrata in vigore della riforma, e quindi di aspettare diversi anni prima di vederne gli effetti, spinge Fuzio a chiedersi se non si sia di fronte a una semplice “bandierina” voluta dal M5s per motivi propagandistici.

  

Secondo Giovanni Mammone, primo presidente della Corte di Cassazione, la discussione dovrebbe tener conto necessariamente della sovrapposizione della riforma con la legge sulla prescrizione approvata un anno fa, che ha già previsto una sospensione dei termini di prescrizione dopo una sentenza di primo o secondo grado: “Una soluzione non coordinata può dar luogo a una violazione dell’articolo 111 della Costituzione sul giusto processo, che viene garantito anche attraverso una ragionevole durata del processo”. Giovanni Canzio, presidente emerito della Corte di Cassazione, ha ammesso di far “fatica a trovare la ratio della norma”: “Ha un senso parlare di stop della prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado quando i due terzi delle prescrizioni, circa il 66 per cento, vengono dichiarate all’interno delle indagini preliminari?”. “Non è scandaloso prevedere che dopo la condanna di primo grado si sterilizzi l’effetto della prescrizione – ha aggiunto Canzio – ma così come è formulato può rivelarsi un agente patogeno perché può innalzare il carico giudiziario di lavoro delle corti d’appello, può sollecitare azioni non virtuose all’interno delle indagini preliminari prive di controllo della ragionevole durata del processo”. Canzio ha così espresso “fortissimi dubbi sulla costituzionalità della norma”, che “sarebbe dannosa per l’intero sistema”.

  

Accademici contro

La proposta di riforma è stata demolita in audizione dai professori universitari. Per Vittorio Manes, docente di Diritto penale all’Università di Bologna, si tratta di “un blitz politico” che introduce il principio della “presunzione di colpevolezza” e dà vita a una “giustizia kafkiana”. Secondo Manes, la riforma non migliorerà la giustizia ma “produrrà la condizione di eterni giudicabili, che una volta entrati sotto il radar della giustizia penale rimarranno tali a vita”. Alessandro Bernasconi, docente di Diritto penale all’Università di Brescia, ha individuato ben “sei motivi di incostituzionalità” della riforma proposta, “che potrebbero sfociare in altrettanti rinvii alla Consulta”: dalla ragionevole durata del processo alla certezza del diritto, dalla presunzione di innocenza al diritto di difesa. Il costituzionalista Francesco Saverio Marini, professore di istituzioni di diritto pubblico all’Università Tor Vergata di Roma, si è spinto oltre e ha parlato di un disegno complessivo del governo che delinea un quadro da “deriva giustizialista che mortifica la nostra storia, sempre connotata da una matrice liberal-garantista. Un processo sine die è una sorta di ergastolo processuale”. Infine, per Nicola Pisani, professore di diritto penale all’Università di Teramo, la proposta del M5s ha “un’anima autoritaria”.

  

Quando lunedì prossimo il ddl anticorruzione con la riforma della prescrizione passerà all’esame della Camera, il testo sarà già stato bocciato da tutti gli esperti del settore.