Foto LaPresse

Con gli scandali e i disastri tornano puntuali i magistrati supereroi

Ermes Antonucci

Dalla nave Diciotti al ponte Morandi, i procuratori sono in prima fila nel ritagliarsi un ruolo politico

Roma. E’ di nuovo tempo di magistrati supereroi, figure classiche dell’antropologia italica, sempre pronte a balzare agli onori della cronaca di fronte a scandali, disastri ed emergenze dai risvolti giudiziari, per cogliere a pieno le chance di visibilità mediatica. Non c’è solo il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, recatosi in pompa magna a Catania per ispezionare personalmente – nonostante la dubbia competenza territoriale e senza delegare la polizia giudiziaria, come solitamente avviene – la nave Diciotti, quando questa era ancora bloccata nel porto con i 177 migranti a bordo, prima di iscrivere ufficialmente nel registro degli indagati il ministro dell’Interno Matteo Salvini. Sceso dalla nave, il pm rilasciò pure un’intervista in cui descriveva le difficili condizioni igienico-sanitarie a bordo, arricchendo il racconto di confidenze personali di dubbia pertinenza con la compostezza che dovrebbe accompagnare chi veste la toga (“Mi ha accompagnato un appuntato che non era mai stato a contatto con questa realtà. Sconvolto. ‘Dottore dal vivo cambia tutto, non è come si legge sui giornali…’. Ha ragione”). Poi l’apertura dell’indagine nei confronti di Salvini, molto chiacchierata ma dai risultati giudiziari piuttosto incerti.

 

Il titolare della Procura di Agrigento ispeziona personalmente l’imbarcazione con i migranti bloccata a Catania e rilascia subito un’intervista. Il suo collega di Genova ammicca alla propaganda grillina sui privati brutti e cattivi. Ma entrambi si oppongono alla deriva sensazionalistica

Non c’è solo il caso Diciotti a consegnarci pm supereroi, dicevamo, ma anche la drammatica vicenda del crollo del ponte Morandi a Genova. Qui è stato il procuratore capo del capoluogo ligure, Francesco Cozzi, ad abbandonare immediatamente l’approccio sobrio e riservato che ci si aspetterebbe da un magistrato incaricato di portare avanti la delicatissima inchiesta sulle cause del crollo e della morte di 43 persone. Non passa quasi giorno, infatti, che il procuratore non intervenga sugli organi di informazione per rivelare al pubblico gli avanzamenti dell’indagine e lanciarsi in valutazioni anche di carattere politico.

 

Dopo neanche 72 ore dal crollo, ecco la prima intervista rilasciata al quotidiano il Giornale, dove Cozzi annuncia che la procura da lui guidata darà coraggiosamente “le risposte che tutto il paese si attende”, prendendosi tutto il tempo necessario per individuare le responsabilità penali. Passano due giorni e il 19 agosto Cozzi rilascia un’altra intervista (stavolta al Corriere della Sera) dove, pur premettendo che “l’indagine è in una fase preliminare ed esiste comunque un segreto istruttorio”, decide di “avanzare un ragionamento più generale”. E’ il grimaldello linguistico per spogliarsi della toga e intervenire a gamba tesa nell’aspro dibattito pubblico e politico che in quelle ore sta emergendo attorno alla questione della possibile nazionalizzazione della gestione delle autostrade. Pur non essendo ancora chiare le responsabilità del crollo del ponte Morandi, infatti, il governo gialloverde ha già individuato il colpevole (Autostrade per l’Italia-Atlantia-Benetton), gettandolo alla pubblica gogna e proponendo la revoca della concessione con la nazionalizzazione coatta della rete autostradale.

 

Il pm Cozzi, non curante dell’altissimo livello di tensione della diatriba politica, dice la sua occhieggiando alle posizioni grilline: “Ho qualche difficoltà ad accettare l’idea che il tema della sicurezza pubblica stradale sia rimesso nelle mani dei privati. La filosofia del nostro sistema vede oggi uno stato espropriato dei suoi poteri, una sorta di proprietario assenteista che ha abdicato al ruolo di garante della sicurezza. Come se avesse detto al privato, veditela tu”. Una considerazione di carattere politico che non spetterebbe al magistrato fare, soprattutto in quel momento, e che per di più finisce con l’assumere le forme di un bel endorsement alla propaganda messa in piedi dal Movimento 5 stelle sui “privati brutti e cattivi”.

 

L’endorsement immediato di Cantone

La lettura politica di Cozzi, tra l’altro, trova presto sponda nelle parole di un altro magistrato, Raffaele Cantone (presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione), sempre pronto a intervenire sui temi che più infiammano il dibattito pubblico. In un’intervista alla Stampa, Cantone si dice pronto a fare la sua parte nell’inchiesta sul crollo del ponte, anche se non vi è alcun indizio di possibili comportamenti corruttivi (i soli che potrebbero ricadere sotto la sua competenza), per poi moraleggiare su tutto lo scibile umano, dalla reazione del governo all’etica pubblica, dalle riforme portate avanti in Parlamento al grado di fiducia dei cittadini, e soddisfare infine i desideri dei lettori pentastellati con la frase magica: “Privatizzazioni da rivedere”.

 

Ma Cozzi non si ferma e, dopo un’altra intervista al Corriere della Sera, mostra di voler scendere direttamente nell’agone politico, replicando in maniera stizzita – e per certi versi anche offensiva – proprio al ministro Salvini, che dopo aver saputo di essere stato indagato per la vicenda della nave Diciotti aveva fatto un parallelo con il caso di Genova, dopo dieci giorni ancora senza indagati: “Sarebbe come se a una chiacchierata fra tecnici fosse ammessa una persona che non sa di cosa parla”, dichiara Cozzi, definendo Salvini un incompetente, seppur indirettamente.

 

L’ultimo atto della campagna mediatica di Cozzi si è avuto martedì scorso, quando il procuratore capo di Genova ha organizzato una conferenza stampa con i giornalisti dalla finalità poco chiara, non essendo ancora state individuate delle persone indagate. “Non ci possono essere in questo momento novità salienti sulle ipotesi di profili di responsabilità”, ha ammesso il pm. “La nota positiva – ha aggiunto – è che sono molti gli elementi a disposizione e l’analisi che viene effettuata dai consulenti tecnici e dalla polizia giudiziaria è fervida. Ci aspettiamo risultati utili in tempi non troppo lontani, ma non domani o dopodomani. Non possiamo dare risposte che anticipino i risultati, anche sommari, di determinate analisi”. Bene, benissimo, ma allora perché tenere una conferenza stampa?

 

In compenso, dal pm è arrivato uno stop al sensazionalismo, sempre in risposta alle accuse di Salvini: “Si possono anche fare i processi sensazionali con 20 indagati, ma non faremmo un buon lavoro”. E menomale, altrimenti ce lo saremmo ritrovato direttamente nello studio televisivo di Barbara D’Urso.

Di più su questi argomenti: