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Ritorna l'Euskaltel-Euskadi, un sogno autarchico che scavalla le montagne

Giovanni Battistuzzi

La squadra basca aveva lasciato il ciclismo alla fine del 2013. Era rinata sotto altre forme, altre dimensioni, altri colori. Da aprile tornerà anche il vecchio sponsor sulle magliette arancioni

Erano anime inquiete, da transumanza e fughe. Erano anime ascensionali, da alta quota e solitudine. Erano anime coraggiose, da foga e da arrembaggio. Erano un colore e una bandiera. Erano una croce bianca e una ics verde su sfondo rosso, eppure un colore soltanto, almeno sui pedali: arancio, sintesi additiva degli ultimi due. Erano un nome: Euskaltel. Tutto sembrava un passato remoto. Tornerà a essere presente. Ancora.

 

Perché c'era, c'è e continuerà a esserci il ProTeam Fundación-Orbea, ma tutto questo con una data di scadenza: il 5 aprile 2020. Poi si tornerà all'antico, a ciò che c'era un tempo, a ciò che, in fondo, non ci siamo mai davvero abituati ad aver perso: Euskaltel-Euskadi.

 

 

Perché all'Itzulia Basque Country, per semplicità Giro dei Paesi Baschi, il nome che fu riapparirà in gruppo, impresso su quelle maglie arancio che coprono corpi per nascita o quanto meno per discendenza baschi. E poco importa se Dzmitry Zhyhunou di basco ha poco se non un passato a pedali tra la Navarra e Donostia. “Ma è basco dentro“, ha sottolineato Jorge Azanza, ds della squadra.

 


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“L'obbiettivo è riportare la squadra dove deve essere. Nel grande ciclismo”, ha detto Mikel Landa, capitano della Bahrain-McLaren e presidente della Fundación Euskadi. In quel grande ciclismo che ha visto i baschi dal 1994 al 2013 (dal 1998 griffati Euskaltel), animare grandi giri e grandi corse, domare salite, scavallare montagne, occupare le fughe, provare a far saltare banchi ben imbanditi per altrui banchetti. E trovare il tempo di conquistare pure un'Olimpiade con Samuel Sánchez.

 

Con l'addio dell'Euskaltel nel 2014 i baschi dovettero dire addio a quella resistenza che sapeva d'antico. Si erano ricolorati e rinominati, erano ripartiti da zero. Avevano illuso il mondo ciclistico e forse si erano illusi con la Murias. Intanto Landa lavorava, chiacchierava, discuteva, allacciava rapporti per ridare vita a quell'autarchismo che era una fuga da un mondo, quello ciclistico, che si stava allargando sempre più.

 

Quello che sembrava un addio, fortunatamente era solo un arrivederci.

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