dalla nostra inviata

Perché la battaglia di Avdiivka appare così lontana. Anche da Kyiv

Micol Flammini

Della città rimasta senza parole nessuno vuole parlare, è la nuova Bakhmut che però sembra invisibile. E' dalla sua difesa che parte la missione del nuovo capo delle Forze armate Oleksander Syrsky, che dispone i soldati in una posizione di difesa attiva per "estenuare i nemici"

Kyiv, dalla nostra inviata. Avdiivka si è trovata a metà tra la guerra di ieri e quella di oggi, fino al 2022 era sporta su un conflitto troppo vicino per essere ignorato, troppo pressante per lasciare vivere la città di oltre trentamila abitanti, annerita dalle sue miniere di carbone. Dal 2014 il conflitto è sempre stato vicino, adesso è dentro, e stritola Avdiivka, la nuova Bakhmut che però sembra invisibile: nessuno segue con il fiato sospeso l’avanzata delle truppe russe, la resistenza ucraina. Non ci sono Evgeni Prigozhin pronti a registrare video tra i corpi dei suoi mercenari. Avdiivka sembra lontanissima, da Kyiv dista settecentotrentotto chilometri, dall’attenzione di tutti è ad anni luce. Mosca, nonostante la sua superiorità di uomini e di fuoco, non è riuscita a conquistarla, la battaglia potrebbe andare avanti ancora a lungo, ogni giorno è un annuncio: Avdiivka sta per cadere. Ma Avdiivka non cade, resiste.  

 

Le truppe ucraine mantengono una posizione difensiva mentre nella città nell’oblast di Donetsk si sta consumando la prima disfatta della solidarietà occidentale: ad aggravare la situazione dell’esercito di Kyiv è la mancanza di munizioni, il rapporto di artiglieria è di cinque a uno a favore del nemico. I russi attaccano senza sosta, sperperano, hanno fatto della città il cuore della loro offensiva di inverno. Avdiivka non è un capriccio, se catturata sarebbe la prima grande città conquistata dai russi da maggio dello scorso anno, quando il Cremlino prese il controllo di Bakhmut, le tolse il nome ucraino e le mise quello sovietico di Artemovsk, e iniziarono i litigi tra gli uomini della Wagner e la Difesa: Prigozhin iniziò a meditare la sua marcia mortale, tra annunci, video, foto che hanno contribuito a rendere Bakhmut sgraditamente famosa. Se la Russia riuscisse a prendere Avdiivka spingerebbe la linea del fronte più lontano da Donetsk, per gli ucraini sarebbe più difficile riconquistare il capoluogo dell’oblast durante una controffensiva, per Mosca sarebbe un successo, più importante di Bakhmut, in cui fu soltanto accanimento: gli ucraini resistevano perché avevano capito l’ossessione russa per una città in macerie che, in nove mesi di offensiva, causò a Mosca la perdita di circa trentamila uomini e la divisione più profonda che il putinismo abbia mai sperimentato. Anche per Kyiv, però, fu molto dolorosa. 

 

Ad Avdiivka ancora arrivano i rifornimenti, ma potrebbe presentarsi il momento in cui la sua difesa non sarà ritenuta più conveniente e la decisione se continuare a combattere e lasciare ai russi la possibilità di avanzare deve essere presa prima che i soldati vengano circondati. Da qui inizia la carriera del nuovo capo delle Forze armate, tutti studiano le mosse di Oleksander Syrsky, che Volodymyr Zelensky ha chiamato a sostituire l’idolatrato Valeri Zaluzhny. L’inizio è complesso, Syrsky è sotto osservazione di tutti gli ucraini, la sua prima decisione è stata quella di rafforzare la difesa di Avdiivka, mandare uomini, “estenuare il nemico”. Vuole tenere Mosca concentrata sulla città industriale, impedendole di andare altrove, vuole gli occhi, i cuori, la resistenza puntati tutti su Avdiivka. Anche Zelensky ha detto che la città ha bisogno della massima attenzione, ma c’è una tendenza a guardare altrove, a distrarsi, come se tutti sapessero come andrà a finire. Di Avdiivka nessuno vuole parlare, è il già visto, anche se andare a vedere è particolarmente complesso, i giornalisti non hanno accesso facile, un giornalista portoghese ha raccontato di essere arrivato vicino al fronte con il permesso regolare e di essere stato rimandato indietro: “Probabilmente ci sono soldati disperati, ubriachi. Questa inaccessibilità non è comune”. Una fonte vicina alla Difesa ha detto al Foglio che la situazione è molto pericolosa, ma Syrsky e il ministro Umerov vorrebbero cambiare le disposizioni e dare la possibilità di una maggiore copertura, come avveniva a Bakhmut: Avdiivka va raccontata. “Bakhmut” è il titolo di un libro pubblicato da Miroslav Liuk, un poeta ucraino che dopo l’inizio della guerra totale ha deciso di prestare le sue parole al racconto del conflitto e durante i nove mesi di resistenza della città ha fatto avanti e indietro, ha rischiato, ha aiutato i civili, affezionandosi in modo particolare alla signora Aleksandra, un’insegnante di matematica ormai ottantenne che di lasciare Bakhmut non voleva saperne, venne ferita da una scheggia, ormai vive a Kyiv, ma vuole tornare nella sua città.

 

Liuk racconta la sua esperienza ripetendo spesso, incessante, di essere stato molto fortunato, quasi fosse un atto dovuto, riconoscere il privilegio della propria fortuna in un paese sventurato. “Nessuno segue Avdiivka – ha detto al Foglio – ma non è soltanto una questione internazionale, neppure gli ucraini lo fanno. Ci si è abituati, come ci si può abituare a tutto, sta a noi creare nuovi generi di comunicazione, far capire che lì si muore per la libertà di tutti, dobbiamo essere creativi, non dobbiamo accontentarci. Non si può dare la colpa al disinteresse, all’abitudine, dobbiamo muoverci, dobbiamo parlarne”. Eppure Avdiivka letteraria lo era già da qualche anno, non per la sua aria sporcata di nero, ma per la guerra di ieri che spingeva sui suoi confini, che si faceva sentire e che nel romanzo di Benoit Vitkine, giornalista del Monde e corrispondente da Mosca, era il regno dei “Fantasmi del Donbass”.  

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.