base aerea di Gioia del Colle (GettyImages)  

Il target della discordia

Quanto spende l'Italia nella Difesa? Ecco cosa dicono i numeri

Giulia Casula

Dall'intesa raggiunta nel 2014 dai paesi Nato sull'aumento del budget per le spese militari, la questione è più volte finita al centro del dibattito politico italiano. Eppure lo stanziamento del nostro paese si ferma all'1,46 per cento del pil

L'Italia è tra i venti paesi Nato a non aver raggiunto l'obiettivo del 2 per cento del pil che ciascuno stato membro sarebbe tenuto a versare per contribuire alla spesa militare all'interno dell'Alleanza atlantica. Ed è quindi tra quei paesi finiti nel mirino dell'ultima dichiarazione di Donald Trump, che in pieno clima da campagna elettorale si è scagliato contro gli inadempienti, reponsabili di non spendere a sufficienza per la difesa atlantica. Paesi che il tycoon, in corsa per il suo secondo mandato alla Casa Bianca, non sarebbe disposto a difendere e contro i quali non esiterebbe a "incoraggiare la Russia a fare quel che diavolo vuole". Le parole dell'ex presidente degli Stati Uniti hanno riportato all'attenzione di esponenti di maggioranza e opposizione la questione delle spese militari italiane su cui da tempo nel nostro paese si fa un gran parlare. 

Dal pacifismo grillino affidato al suo leader Giuseppe Conte, che in più di un occasione ha rilanciato la battaglia contro l'aumento del budget per raggiungere il target del 2 per cento del pil, all'ambiguità della linea Pd, con la segretaria Elly Schlein in disaccordo rispetto alla posizione favorevole all'aumento delle spese militari dell'ala riformista, espressa da figure come il presidente del Copasir Lorenzo Guerini (“non capisco perché dovremmo arretrare”, aveva dichiarato al Foglio) e l'ex ministro Piero Fassino. Fino alle recenti dichiarazioni del ministro della Difesa Guido Crosetto, che a novembre dello scorso anno, in audizione davanti alle commissioni Difesa della Camera e Affari Esteri e Difesa del Senato sulla guerra in medio oriente e in Ucraina, ha definito l'obiettivo Nato “impossibile da realizzare nel 2024” e “difficile anche per il 2028”, nonostante il centrodestra abbia sempre sostenuto la necessità di incrementare le risorse da destinare alla difesa. Insomma, da quando i membri della Nato hanno assunto l’impegno di aumentare le proprie spese per la difesa fino alla soglia del 2 per cento, in occasione del vertice tenutosi in Galles nel 2014, la questione è più volte finita al centro del dibattito politico italiano. Tuttavia, numeri alla mano, la realtà appare ben diversa dall'apparente "dispendio emorragico" in spese militari.

 

Secondo uno studio della Camera dei deputati, il rapporto tra spesa militare e pil in Italia è sempre oscillato tra l'1,14 per cento del 2014 e l'1,59 del 2020, la percentuale più alta raggiunta negli ultimi dieci anni. Dal 2021 in poi, infatti, la fetta di prodotto interno lordo destinata alla Difesa del nostro paese ha subito un lieve ma progressivo calo fino a raggiungere la quota dell'1,46 per cento nel 2023. In termini assoluti si tratta di circa 2,7 miliardi di euro, una cifra che negli ultimi anni è sempre cresciuta. 

 

   

Le Forze Armate italiane, si legge sempre nello studio della Camera, partecipano attualmente a nove missioni della Nato, con una presenza massima autorizzata dal Parlamento di 5.200 unità e un finanziamento di 463,5 milioni di euro. Un contributo esiguo se si considera che secondo il rapporto della Nato Defence Expenditure of NATO Countries (2014-2023) l'Italia si colloca alla ventiquattresima posizione, seguita da Canada, Slovenia, Turchia, Spagna, Belgio e Lussemburgo. Degli altri ventitrè stati membri, undici –Polonia, Stati Uniti, Grecia, Estonia, Lituania, Finlandia, Romania, Ungheria, Lettonia, Regno Unito e Slovacchia – superano la soglia del 2 per cento e risultano quindi in linea con l'obiettivo fissato al summit Nato del 2014. Come se non bastasse, a dimostrare la sterilità della polemica sulle spese militari italiane, più volte innescata dall'opposizione (con i Cinque stelle in prima fila) il Documento programmatico pluriennale della Difesa per il triennio 2023-2025 ha previsto il raggiungimento della percentuale Nato nel 2028, cioè tra cinque anni.