La Cina censura i post sull'economia in crisi e così si autodenuncia

Priscilla Ruggiero

L'avvertimento agli economisti sui social cinesi non fa altro che confermare i problemi che sta affrontando Pechino. Xi silenzia la sua intellighenzia perché "mette in pericolo la sicurezza nazionale"

Nei giorni scorsi alcuni utenti del social network cinese, Weibo, hanno segnalato di aver ricevuto un avvertimento  dalla piattaforma che li esortava a “evitare di esprimere pessimismo riguardo all’economia” della Repubblica popolare cinese. Il messaggio è arrivato agli economisti e agli utenti “influenti” che condividono  analisi di economia e politica finanziaria sui social. L’economia cinese è in crisi ormai da tempo così come il mercato immobiliare, e gli ultimi dati pubblicati venerdì mostrano che la ripresa di Pechino dopo la pandemia è rimasta lenta, con una debole fiducia dei consumatori e una crisi immobiliare senza precedenti. Ma il leader Xi Jinping, che non vuole mostrare né far uscire dal paese i segnali (ormai sempre più evidenti) di debolezza, silenzia la sua intellighenzia con lo strumento che conosce meglio: la censura.  Così nel migliore dei casi invia messaggi di avvertimento sui suoi social, dando la possibilità di “correggersi”, nel peggiore elimina per sempre da internet post e profili. Un utente si lamenta sui social scrivendo che “per gli utenti importanti” un avvertimento simile equivale a un segnale di cortesia. Mentre “per gli utenti comuni come me, possono semplicemente cancellare l’account, tanto non importa a nessuno se sparisce”. Come è successo venerdì con l’account dell’economista cinese Ma Guangyuan, bannato da Weibo per  “aver criticato il mercato finanziario” e aver condiviso alcune osservazioni sulle azioni delle aziende in borsa.

 

Ieri sul social alcuni utenti hanno condiviso messaggi di protesta sulla censura nei confronti dell’economista condividendo il suo profilo e il messaggio della piattaforma che negava la possibilità di seguire il suo account perché aveva “violato le regole della community”: “Ma Guangyuan è stato nuovamente bannato! Con questa ondata di divieti, perché mi sembra di sentire un tuono in un luogo silenzioso?”, scrive un utente. Il tuono è quello di Pechino, che cerca in tutti i modi di nascondere il problema con scarsi risultati: censurando e inviando avvertimenti a chi fa commenti negativi – a volte fa commenti e basta – sull’economia cinese, non fa altro che confermare la crisi. In una nota sul suo account di WeChat, l’app di messaggistica utilizzata in Cina, il ministero della Sicurezza cinese ha scritto che  commenti negativi sull’economia metterebbero in pericolo la sicurezza nazionale: “Sui social sono apparsi numerosi cliché volti a indebolire l’economia cinese nel tentativo di utilizzare false narrazioni per costruire una ‘trappola discorsiva’ e una ‘trappola cognitiva’ secondo cui la Cina sarebbe in declino. Questo è un tentativo di contenere e sopprimere strategicamente la Cina”.

 

Lo scopo di questi post, secondo il ministro della Sicurezza nazionale, sarebbe quello di danneggiare l’economia cinese. Eppure sono gli stessi dati ed economisti cinesi a mostrare la lenta ripresa economica dopo la pandemia: l’ultimo rapporto pubblicato venerdì  dall’Ufficio nazionale di statistica evidenzia il crollo del 9,4 per cento degli investimenti immobiliari e l’aggiornamento  di giovedì della Banca mondiale prevede che la crescita annua cinese del 5,2 per cento quest’anno rallenterà al 4,5 per cento l’anno prossimo e al 4,3 per cento nel 2025. C’è poi la deflazione, i cinesi che con l’avvicinarsi del Capodanno cinese pensano solo al risparmio, e l’enorme problema della disoccupazione giovanile che a luglio ha raggiunto il suo record e così il governo ha deciso di smettere  di pubblicare i dati.

Di più su questi argomenti: