a bruxelles

Così Pechino minaccia le istituzioni europee se parlano di diritti umani

Giulia Pompili

L'ambasciata a Bruxelles reagisce a un evento del Parlamento europeo sulla crescente influenza della Cina nell'Ue con una lettera "scomposta, intimidatoria e fuori da ogni canone istituzionale", dice Picierno. Negli stessi giorni del vertice Ue-Cina di Pechino

Non è passata neanche una settimana dal vertice di Pechino tra Unione europea e Cina, l’incontro di giovedì che avrebbe dovuto essere quello del dialogo e del “de-risking” tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente del Consiglio Charles Michel e il leader cinese Xi Jinping e il premier Li Qiang, quando nonostante “le differenze” era stata rinnovata volontà di “lavorare insieme”: la leadership cinese è tornata a intimidire e a ricattare, neanche troppo velatamente, il sistema istituzionale democratico europeo. Proprio come aveva fatto nel marzo del 2021, quando Pechino impose sanzioni contro dieci persone e quattro istituzioni dell’Ue, tra cui membri del Parlamento europeo e del Comitato politico e di sicurezza del Consiglio, colpevoli di aver sollevato la questione delle violazioni dei diritti umani nella regione dello Xinjiang. Con una lettera inviata da un ministro consigliere dell’ambasciata cinese a Bruxelles, Yanghua Yue, e datata 8 dicembre, la diplomazia cinese ha accusato il Parlamento europeo e una dei suoi vicepresidenti,  l’europarlamentare del Partito democratico Pina Picierno, di svolgere un ruolo negativo nelle relazioni tra Europa e Cina. In pratica, di sabotare la diplomazia.

 


Il motivo? Il 30 novembre scorso il Parlamento europeo, su impulso di Picierno e con la collaborazione della Federazione italiana diritti umani, ha ospitato un dibattito importante che però non è piaciuto a Pechino. A parlare con i parlamentari europei c’erano i rappresentanti politici delle minoranze più perseguitate dalla leadership cinese: c’era Finn Lau, uno degli attivisti più noti delle proteste pro autonomia di Hong Kong tra il 2019 e il 2020, che vive in esilio a Londra, c’era Vincent Metten, che coordina dall’Ue la campagna per il Tibet, e Dawa Tsering, della comunità tibetana nei Paesi Bassi. E poi Dolkun Isa, attivista e presidente del Congresso mondiale uiguro, ricercato da Pechino che fu fermato dalla polizia anche a Roma, nel 2017, mentre si recava a un’audizione al Senato, per via del mandato di cattura internazionale che pendeva su di lui fino al 2018. Nella lettera, il diplomatico cinese scrive che gli ospiti del Parlamento sono tutti criminali (Dolkun Isa “un terrorista”)  che “le questioni che riguardano Hong Kong, lo Xinjiang e lo Xizang (così  Pechino  definisce il Tibet) sono esclusivamente affari interni della Cina e non ammettono alcuna interferenza da parte di forze esterne”. E questo nonostante esistano ormai report e studi sulle sistematiche violazioni dei diritti umani da parte della Cina – l’ultimo, dell’ong Safeguard Defenders pubblicato tre giorni fa, spiega come con la leadership di Xi il Partito comunista stia utilizzando sempre di più la “punizione collettiva”, cioè di interi nuclei familiari, come strumento politico per controllare chi difende i diritti umani e aumentare il costo personale del prendere una posizione contro il metodo cinese.

 


Succede spesso che l’ambasciata cinese scriva letterine a chi organizza eventi o dibattiti ostili alla linea politica della leadership – è successo anche in Italia. Quest’ultimo caso però è particolarmente audace, perché mette in relazione la discussione su certi argomenti come i diritti umani e il buon funzionamento delle relazioni politiche ai massimi livelli, come l’Eu-Cina Summit della scorsa settimana: “Spero sinceramente che il Parlamento europeo svolga un ruolo più costruttivo nel promuovere lo sviluppo delle relazioni Cina-UE”, si legge. “Non mi stupisce questa missiva scomposta, intimidatoria e fuori da ogni canone istituzionale”, spiega al Foglio Pina Picierno. “I tentativi di interferenza della Repubblica popolare cinese sono forti e le istituzioni europee hanno il dovere di tutelare non solo la loro autonomia ma di essere un porto di approdo sicuro per le vittime della repressione dei regimi dittatoriali e autocratici”.  Oggi in plenaria al Parlamento ci sarà il voto sulle relazioni Ue-Cina sulla base della relazione dell’eurodeputata belga di Renew Hilde Vautmans: “Credo che, anche alla vigilia di questo voto, sia compressibile il nervosismo delle istituzioni cinesi. Nel testo infatti si evidenza il rapporto tra Russia e Cina nello scacchiere ucraino, le sistematiche violazioni dei diritti umani contro gli attivisti, il ricorso alla pena di morte, il lavoro forzato e le misure contro le minoranze religiose come gli uiguri e si chiede alle istituzioni europee di alzare il livello di guardia contro le interferenze e di attivare nuove misure di indipendenza tecnologica”, dice Picierno. “Tutti aspetti che agitano Pechino, che vuole democrazie deboli e vulnerabili”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.