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dall'europa all'america

Perché l'odio contro l'occidente ha trasformato Israele in un bersaglio

Giuliano Ferrara

Una volta c’era, con molta ambiguità, una rivendicazione nazionale palestinese, oggi è in ballo l’esistenza di Israele come focolare nazionale di un popolo disperso e in via di annientamento. Le piazze del cuore non capiscono lo scontro di civiltà in atto.

Nessuno ha il monopolio del cuore. Lo disse Valéry Giscard d’Estaing a François Mitterrand, tanti anni fa, durante un confronto decisivo in campagna elettorale per l’Eliseo. E’ una frase degna di un moralista del Seicento, il secolo d’oro, classico, della sensibilità e della amara sottigliezza morale. E allora vediamo che cosa ci dicono, magari che cosa significano oggettivamente, le emozioni che abbiamo visto in parata a Londra, a Parigi, nei campus universitari americani, in tanti altri luoghi dell’occidente al tempo delle guerre parallele e, come dice Joshka Fischer, in una tremenda possibile vigilia di un nuovo 1914. L’Italia è viziata dal morbo talkatorio, da faziosità, opportunismo e isteria, ma per forza di cose, malgrado l’estrema povertà emozionale delle opinioni ideologizzate e politicizzate, va compresa nel novero dei luoghi da esaminare e discutere in cui pulsano i cuori che al monopolio pretendono di accedere. 

 

Non rispolvero la vecchia bilancia etica dei due pesi e delle due misure. Mi limito a un’osservazione che ha l’evidenza dalla sua parte. Non è precisamente quello il punto. Tutti consideriamo tormentoso il destino di popolazioni sottoposte a bombardamenti, che diventano teatro di una guerra spietata di terra, d’aria e di mare, popolazioni cui mancano l’acqua l’elettricità il carburante i medicinali le cure più elementari. Nessuno ignora che la sorte dei bambini è la più grande sciagura nella sciagura generale. Eppure c’è dell’altro, è chiaro. Le vittime di guerra sono uguali a ogni altra vittima, è loro dovuta identica compassione, ma le vittime di un pogrom antiebraico sono la riemersione di un caso unico nella storia umana, riassunto nel fatto indiscutibile della Shoah, la tentata soluzione finale della questione ebraica. La differenza è che un tempo, poco tempo fa, ottant’anni, era la furia biologica culturale e razziale del Terzo Reich a minacciare e cercare di realizzare lo sterminio degli ebrei; oggi a concepire l’eliminazione degli ebrei è la furia apocalittica di una religione del martirio che si fa politica per produrre l’annichilimento della cosiddetta “entità sionista”, cioè Israele, la casa degli ebrei, dal fiume Giordano al mare, con la riproduzione potenziale della logica del 7 ottobre su vasta scala. 


E altra differenza è che gli ebrei sono in grado di reagire come possono, puntando a distruggere il loro nemico assoluto. Una volta c’era, con molta ambiguità, una rivendicazione nazionale palestinese, oggi è in ballo l’esistenza di Israele come focolare nazionale di un popolo disperso e in via di annientamento. Le piazze che aspirano al monopolio del cuore non afferrano questo dato elementare. E’ quasi impossibile concederglielo, ma lo facciamo. La vostra emozione per la durezza del contrasto difensivo portato da Tsahal dentro e oltre i suoi confini, per le sue devastanti conseguenze nonostante le norme cui si attiene un esercito regolare, vi impedisce la comprensione della cosa, vi induce a fiancheggiare quel Totò travestito da Mussolini islamico che cerca una vittoria ai punti, come ha detto ieri Nasrallah, contro l’entità sionista, vi induce a ricopiare per analogia i suoi argomenti martirologici sul 7 ottobre, che per voi è solo un episodio per quanto brutale di una resistenza, ne siete restati magari sconvolti ma per un solo istante, appena si è passati al contrattacco di Israele avete dimenticato tutto e avete messo in parata il cuore monopolista dell’occidente civile e umanitario.

Ora io mi faccio una domanda semplice e ve la faccio. Quasi mezzo secolo fa l’Iran fra gli applausi della gauche intellettuale e filosofica mondiale cadde in mano ai mullah della Repubblica islamica. Lì si impicca chi dissente, si ammazzano le donne che non portano il velo, si trasforma la “morale” in omicidio di massa. Come mai le piazze del cuore sono rimaste sempre vuote? In Siria regna il capo degli alauiti, Assad. La guerra scatenata dopo il risveglio cosiddetto arabo ha fatto cinquecentomila (500.000) morti, ha distrutto Aleppo, ha provocato un esodo milionario e infinite sofferenze. Come mai lo slogan “Stop Assad Now” è rimasto patrimonio, come le manifestazioni minuscole delle minoranze che si sa davanti alle ambasciate iraniane, di minoranze dal cuore arido? Come mai non c’è stata una piazza del cuore contro lo sterminatore del suo popolo? L’elenco è lungo: lo Yemen, l’Africa subsahariana, il Sudan oggi in cui l’esodo ha raggiunto i sei milioni di individui, i diversi carnai etno-razziali del Myanmar. Io non dico, mi sembra banale, che usate due pesi e due misure. Mi domando: perché? Perché, quando pretende il monopolio, il cuore non riesce a battere contro l’orrore incivile e aggressivo, genocidario, che gli si presenta davanti, a meno che si tratti di Israele e della questione palestinese? Perché non capite che, come ricorda Sofri nel suo diario dalla Cecenia (Sellerio) e come ha scritto qui più volte, la donna iraniana che si batte per la sua minima libertà e altre figure come gli ucraini, difensori dell’Europa ma fuori dall’Europa, sono i campioni dell’occidente che hanno fatto la riuscita migliore? 

 

Io e altri conosciamo la risposta. L’odio di sé, l’odio ormai culturalmente consolidato contro l’occidente, considerato un’impresa di schiavismo coloniale. Da questo pregiudizio storico incredibilmente assimilato dalle classi colte e dalle classi medie nei nostri affluenti e disperati paesi nasce quel doppio standard che porta a riempire per Gaza piazze disertate per la vasta sequela di stragi perpetrate in nome del mondo degli oppressi, di cui l’islam politico ha chiesto per sé il monopolio cardiaco, e sempre da quei pregiudizi risorge lo schietto antisemitismo antiebraico che si è visto all’opera dopo il 7 ottobre. Joschka Fischer dice giustamente che l’occidente deve fare uno sforzo diplomatico titanico, mentre infuria l’autodifesa esistenziale di Israele e Ucraina, per impedire che si consolidi il pericolosissimo asse delle autocrazie, dalla Cina alla Russia all’Iran e altri, tutti schierati con Hamas nella presente circostanza, tutti contro Israele come contro l’Ucraina. Purtroppo tutto questo è difficile. Perché c’è una sola spiegazione per le piazze del cuore che non capiscono a cuor battente la verità dello scontro di civiltà in atto, che non sanno nemmeno cominciare a adoperarsi contro i veri nemici del nostro modo di vivere e pensare, che siamo atei o credenti, cristiani o musulmani non politici. Sono schierati con tutte le loro emozioni contro di sé, e Israele è l’ultimo bastione di una civilizzazione che rifiutano, e si batte per non morire. 
       Giuliano Ferrara

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.