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Nel nuovo mondo

L'Ue ha già paura dell'"escalation" di Israele

David Carretta

Tutti i leader europei hanno subito condannato l'azione terroristica di Hamas, ma presto la solidarietà ha lasciato il posto a dubbie iniziative diplomatiche 

Bruxelles. Israele ha dichiarato lo stato di guerra per la prima volta dal 1973, dopo che l'organizzazione terroristica di Hamas ha lanciato un attacco senza precedenti da Gaza, uccidendo almeno 600 persone, ferendone oltre duemila e prendendone circa 100 in ostaggio. Quella di sabato è stata la giornata più mortale dalla fondazione dello stato di Israele nel 1948. Le parole di condanna non sono mancate dall'Unione europea. Ma l'aggressione terrorista mette nuovamente l'Ue di fronte alla realtà di un mondo multipolare sempre più pericoloso, rispetto al quale fatica ad adattare i suoi vecchi concetti strategici.

Già nella giornata di oggi, mentre Israele si preparava a rispondere in modo durissimo a Hamas nella striscia di Gaza, il sostegno dell'Ue si è trasformato in appelli ad evitare l'escalation e a rilanciare il processo di pace in medio oriente. La scossa dell'aggressione contro l'Ucraina è servita a far uscire l'Ue dalle sue illusioni sulla Russia. Ma nel resto del mondo l'Ue continua a seguire vecchie chimere, come l'appeasement dell'Iran, il multilateralismo o il negoziato diplomatico come soluzione a tutti i problemi. E' urgente che l'Ue aggiorni il suo concetto strategico alla ferocia di un mondo di cui gli Stati Uniti non sono più gendarmi e in cui le forze anti libertà e anti democrazia sono all'offensiva.

Sabato i leader dell'Ue hanno tutti condannato l'organizzazione terroristica. “Condanniamo fermamente gli attacchi indiscriminati lanciati questa mattina contro Israele e il suo popolo, infliggendo terrore e violenza contro cittadini innocenti”, ha detto il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. “E' terrorismo nella sua forma più spregevole. Israele ha il diritto di difendersi da attacchi così atroci”, ha detto la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen. “Condanniamo inequivocabilmente gli attacchi di Hamas. Questa orribile violenza deve finire immediatamente. Il terrorismo e la violenza non risolvono nulla”, ha detto l'Alto rappresentante, Josep Borrell. Ma durante il fine settimana la solidarietà ha iniziato a lasciare il posto a dubbie iniziative diplomatiche, che proseguiranno nei prossimi giorni.

Sabato pomeriggio è stato Borrell il primo a spiegare che "oggi più che mai è necessario lavorare per una pace sostenibile attraverso sforzi rinvigoriti nel processo di pace in medio oriente". L'assalto di Hamas era ancora in corso, le immagini dei massacri e degli ostaggi iniziavano a circolare sui social network, e il premier Benjamin Netanyahu aveva appena annunciato "una guerra lunga e difficile" per Israele. Domenica sia Borrell sia Michel hanno comunicato nei loro contatti telefonici con altri leader la volontà dell'Ue di evitare un'escalation. "Necessità urgente di cessazione delle ostilità, riduzione della tensione, pieno rispetto del diritto internazionale umanitario", ha detto Borrell ai ministri degli Esteri di Egitto, Giordania e Arabia Saudita. "La priorità immediata è evitare un’ulteriore escalation e ulteriore violenza", ha detto Michel al primo ministro palestinese,  Mohammad Shtayyeh. Alcuni a Bruxelles si sono chiesti se questo significhi negare a Israele il diritto di rispondere a Hamas. "L'Ue riconosce il diritto di Israele all'autodifesa, secondo il diritto internazionale e nel rispetto del diritto internazionale umanitario", ha risposto la portavoce di Michel. Ma l'impressione di un messaggio ambiguo, volto a frenare la risposta di Israele, rimane.

Lunedì Borrell sarà a Muscat per una serie di incontri con il Consiglio di cooperazione del Golfo. “Abbiamo molte sfide comuni che richiedono una stretta cooperazione, comprese le tragiche conseguenze dell’attacco di Hamas contro Israele. Dobbiamo continuare a lavorare per la pace, insieme”, ha detto l'Alto rappresentante. La mancanza di reazione – quando non l'esplicito sostegno a Hamas – dei paesi del Golfo non augurano nulla di buono. Ma è soprattutto sull'Iran che l'Ue ha bisogno di un aggiornamento strategico. Mentre Michel e Borrell ieri invitavano a evitare l'escalation, il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, era al telefono con i leader di Hamas e della Jihad islamica per dire loro che l'attacco iniziato sabato “segna una pietra miliare unica in 70 anni”. L'approccio attuale dell'Ue sull'Iran è esclusivamente orientato al tentativo di resuscitare l'accordo sul nucleare del 2015. Tutto il resto passa in secondo piano, dal supporto a Hamas e Hezbollah al sostegno militare di Teheran alla guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina.

L'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca nel 2016 e la guerra russa contro l'Ucraina nel 2022 hanno convinto l'Ue della necessità di dotarsi di una autonomia strategica. Ma, a forza di slogan su un ordine mondiale basato sulle regole e di sogni su un ritorno a un futuro multilaterale, gli europei si dimostrano impreparati al mondo multipolare attuale. Che sia sulla Cina (con tutte le ambiguità del “de-risking”) o sui colpi di stato in Africa (con tutte le esitazioni tra disimpegno e impegno), l'Ue è incerta. Gli effetti si vedono anche nel suo vicinato più prossimo. Il vertice della Comunità politica europea di Granada della scorsa settimana si è distinto per la mancanza di influenza dell'Ue nello spazio di sicurezza europeo. Lo dimostrano la guerra dell'Azerbaijan per riprendersi il Nagorno-Karaback, il focolaio di tensione nel nord del Kosovo e la mancata ratifica dell'adesione della Svezia alla Nato da parte della Turchia.

Anche sull'Ucraina, l'autonomia strategica dell'Ue perde colpi. Lunedì 2 ottobre i ministri degli Esteri dell'Ue si sono ritrovati a Kyiv per una riunione “storica” del loro Consiglio. E' stato un tentativo vano di rimobilitazione delle truppe europee. Tra disaccordi sugli aiuti finanziari e militari all'Ucraina e un potenziale governo pro russo diretto da Robert Fico in Slovacchia, i segnali di stanchezza iniziano a farsi sentire. La stessa stanchezza si è percepita al vertice della Comunità politica europea e al Consiglio europeo informale di Granada, dove l'Ucraina è stata declassata a priorità secondaria rispetto alle politiche migratorie. Le bandiere di Israele o dell'Ucraina issate sulle istituzioni dell'Ue non sono sufficienti per affrontare le guerre, gli choc e le sfide di un mondo multipolare cattivo.

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