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Editoriali

Interessi confliggenti tra Riad e Mosca

Redazione

L’intesa sul petriolio tra Arabia Saudita e Russia inizia a mostrare delle crepe

La riunione dell’Opec+ si è conclusa con la decisione dell’Arabia Saudita di ridurre la sua produzione di petrolio di un ulteriore milione di barili al giorno a partire da luglio, mentre gli altri paesi hanno preso l’impegno di confermare il taglio attuale di altri 12 mesi, fino alla fine del 2024. L’annuncio è stato ritardato per diverse ore, una delle discussioni più controverse tra i membri del cartello allargato dei paesi produttori è stata la revisione delle linee guida per misurare i tagli. Diversi paesi africani – allineati con la posizione della Russia – si sono opposti a tagli ulteriori per non scoraggiare gli investimenti stranieri nel potenziamento dei loro impianti. Infatti, nonostante un rialzo delle quotazioni gli analisti non si aspettano un grande aumento dei prezzi.

 

L’offerta reale e residua rimane alta rispetto alla domanda, con una quota importante di greggio sanzionato scambiato a prezzi inferiori alle quotazioni di mercato. La decisione dell’Arabia Saudita è a dir poco audace, poiché di fatto significa cedere quote di mercato ad altri produttori, a partire dalla Russia, che ancor prima dell’entrata in vigore dell’embargo europeo è entrata aggressivamente nel mercato dei grandi acquirenti asiatici (India e Cina ma non solo) applicando forti sconti sul suo greggio degli Urali. Superata la fase in cui speravano nella persistenza di prezzi superiori ai 100 dollari al barile, gli interessi di russi e sauditi sono ora divergenti: Mosca ha tutto l’interesse a continuare a vendere più petrolio possibile per massimizzare gli introiti di barili venduti sotti i 60 dollari del price cap, Riad ha bisogno di ridurre l’offerta globale per portare il prezzo del greggio stabilmente (almeno) sopra gli 80 dollari al barile per mantenere finanziariamente sostenibili i mega progetti di Vision 2030. Negli anni passati l’Arabia Saudita ha fatto molto per portare la Russia dentro il cartello allargato dei paesi produttori di petrolio, e ha continuato a sostenere questa alleanza anche dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Nei prossimi mesi a Riad potrebbero pentirsene amaramente.

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