Il primo incontro della presidenza russa all'Onu è stato uno show osceno

Il boicottaggio contro la disinformazione russa

Paola Peduzzi

Cinquanta paesi hanno scritto un comunicato congiunto contro l'intervento di Maria Lvova-Belova, commissaria del Cremlino per i diritti dei bambini raggiunta da un mandato d’arresto dalla Corte penale internazionale assieme a Vladimir Putin

Milano. L’ambasciatore all’Onu del Regno Unito ha bloccato la diretta del primo incontro informale del Consiglio di sicurezza a presidenza russa: è una cosa che accade molto di rado, ma quando Mosca ha fatto sapere che al primo appuntamento avrebbe fatto intervenire (da remoto) Maria Lvova-Belova, commissaria del Cremlino per i diritti dei bambini raggiunta da un mandato d’arresto dalla Corte penale internazionale assieme a Vladimir Putin, la missione britannica al Palazzo di Vetro ha deciso di iniziare subito la resistenza. “Non dovrebbe esserle offerta una piattaforma delle Nazioni Unite per diffondere disinformazione”, dice il comunicato inglese riferendosi alla Lvova-Belova: “Se vuole rendere conto delle proprie azioni, può farlo all’Aia”. L’ambasciata russa all’Onu ha detto che avrebbe trovato un altro modo (su YouTube) per trasmettere l’incontro, ha dichiarato che “evidentemente i paesi occidentali hanno paura che molte persone possano vedere la verità su questo tema” e che si opporrà in futuro alle dirette citando “la clausola di censura inglese”. Ma la resistenza diplomatica non si è fermata: gli Stati Uniti si sono uniti al Regno Unito nella richiesta di non trasmettere la diretta dell’evento (che non resterà quindi negli archivi), e quando si è collegata la Lvova-Belova, le delegazioni dei due paesi più quelle di Albania e Malta hanno lasciato l’aula. Cinquanta paesi hanno scritto un comunicato congiunto sottolineando che questo è l’esempio perfetto di come la Russia abusa del suo potere e del suo privilegio di essere un membro permanente del Consiglio di sicurezza. 

 

L’abuso si è consumato nelle parole della commissaria, che ha detto che ci sono cinque milioni di “rifugiati” ucraini in Russia (sono soprattutto deportati), tra cui 730 mila bambini arrivati per la maggior parte accompagnati dagli adulti, tutti assistiti dal punto di vista sanitario e finanziario. La Lvova-Belova ha detto che l’Ucraina “agisce contro gli interessi dei bambini” che non vengono evacuati dalle zone pericolose (pericolose perché sotto attacco delle forze russe) e ha anche citato un (osceno) aneddoto personale: si è lamentata che il bambino che ha “adottato” lei (è di Mariupol, città assediata, distrutta e affamata per mesi dai russi) insegue e minaccia gli altri suoi figli dicendo: “Ti mangerò, piccolo Moskal”, un termine dispregiativo ucraino per indicare i russi, “ma so che non è colpa sua – ha detto la commissaria – sono gli otto anni di propaganda nel territorio di Mariupol, la propaganda antirussa. Ma ora ci vogliamo bene, mi chiama mamma”. L’ambasciatore all’Onu della Russia, Vasily Nebenzya, ha aggiunto che gli ucraini hanno separato forzosamente i bambini dai loro genitori per mandarli in rifugi o altre famiglie in Spagna, Portogallo e Germania, proprio come facevano “gli americani in Vietnam”.

 

Lo spettacolo russo all’Onu prevedeva anche: le testimonianze di donne in zone occupate dalla Russia in Ucraina e nel territorio russo che dicevano di essere sollevate dal fatto che i loro figli fossero stati portati via e mandati in Russia; tre video della Lvova-Belova che abbraccia e porta giocattoli a bambini ucraini sorridenti negli ospedali e nelle case. La delegazione giapponese ha detto che la Russia dovrebbe evacuare le proprie forze dall’Ucraina invece che i bambini. Ma i cinesi, membri permanenti, hanno dichiarato di aver apprezzato la volontà della Russia di ricongiungere i bambini con le loro famiglie. Il mese scorso la Cina aveva bloccato la diretta di un incontro voluto dagli Stati Uniti sugli abusi in Corea del nord, sostenendo che il Consiglio non dovrebbe discutere di diritti umani.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi