La centrale nucleare di Zaporizhzhia (LaPresse)

paura atomica

La guerra attorno alla centrale di Zaporizhzhia fa paura, ma non c'è un “rischio Chernobyl”

Enrico Cicchetti

Gli impianti sono progettati per resistere a incidenti aerei, esplosioni, terremoti e tornado. Nessun razzo potrebbe farle saltare in aria. Mentre Russia e Ucraina continuano a rinfacciarsi la responsabilità del bombardamento sull'impianto, Stati Uniti e Onu chiedono una zona smilitarizzata

Kyiv e Mosca continuano a rinfacciarsi la responsabilità del bombardamento sulla centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel sud est ucraino, e si accusano a vicenda di usare l’impianto come scudo. Propaganda di guerra e allarme reale si mescolano e ritorna lo spettro del disastro nucleare. “Qualsiasi attacco alle centrali è suicida”, ha detto mercoledì il segretario generale dell’Onu. Ieri sera Antonio Guterres ha convocato una riunione d’emergenza del Consiglio di sicurezza, voluta con forza da Mosca, e ha chiesto la fine immediata dell’attività militare vicino alla struttura. La Russia prova a dipingersi come parte affidabile a livello internazionale. Come a dire che per quanto li riguarda le porte della centrale più grande d’Europa sono aperte agli ispettori indipendenti. 

  
L’impianto appartiene all’Energoatom, l’agenzia atomica ucraina, ma dal 4 marzo è occupato dall’esercito di Putin ed è controllato dalla russa Rosatom. Gli ispettori dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) non verificano la situazione dall’inizio del conflitto (anche se alla sede di Vienna continuano ad arrivare dati in remoto). Rafael Grossi, direttore generale dell’Aiea, chiede da giorni che un team di suoi esperti possa accedervi. Una visita richiederebbe però l’appoggio logistico dell’Onu e un accordo tra Mosca e Kyiv che, dal canto suo, sa che un sopralluogo dei propri tecnici assieme a  quelli russi e con gli esperti delle Nazioni Unite sarebbe una sorta di riconoscimento dello status quo. Ieri il dipartimento di stato americano ha chiesto una zona smilitarizzata intorno alla centrale nucleare: “Combattere vicino a una centrale nucleare è pericoloso e irresponsabile, continuiamo a chiedere alla Russia di cessare tutte le operazioni militari”. La condanna internazionale è unanime e da più parti si è evocato un “rischio Chernobyl”, perché il conflitto odierno ha riacceso il terrore che si ripeta la catastrofe del 1986.

     
Zaporizhzhia però non è Chernobyl: come spiegato dal segretario all’Energia americano Jennifer Granholm, “i reattori dell’impianto sono protetti da robuste strutture di contenimento e vengono spenti in sicurezza”. Energoatom ha detto che le centrali ucraine sono progettate per resistere a incidenti aerei, esplosioni esterne, terremoti, uragani e tornado. Nessun razzo potrebbe farle saltare in aria. Del resto, come illustra un interessante thread Instagram di @avvocatoatomico, nessun reattore può esplodere: “È fisicamente impossibile. Neppure il reattore di Chernobyl è andato incontro a una detonazione nucleare”. Leon Cizelj, presidente della Società nucleare europea, e James Acton, co-direttore del programma di politica nucleare del Carnegie Endowment for International Peace, hanno detto a Politico che i rischi sono limitati: solo una raffica di bombardamenti aerei mirati potrebbe violare i 10 metri di cemento delle pareti del reattore. Un attacco ai siti di stoccaggio del combustibile esaurito avrebbe un effetto limitato, poiché qualsiasi materiale radioattivo rilasciato percorrerebbe solo dai 10 ai 20 chilometri. Una vulnerabilità potrebbe arrivare dai sistemi di raffreddamento, che sono “in contatto con il mondo esterno” e potenziali bersagli. Ma anche nello scenario peggiore, se si guastassero provocando la fusione del reattore, i danni sarebbero limitati a un raggio di 30 chilometri. “Una tragedia per la popolazione locale”, ha detto Cizelj, anche se non creerebbe vittime immediate, ma “per noi in Europa sarebbe un evento molto poco importante, in termini di conseguenze per la salute e per l’ambiente”. 

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  • Enrico Cicchetti
  • Nato nelle terre di Virgilio in un afoso settembre del 1987, cerca refrigerio in quelle di Enea. Al Foglio dal 2016. Su Twitter è @e_cicchetti