Via da Mariupol

Mosca mente: le chiama evacuazioni ma le sue sono deportazioni. Azovstal di nuovo sotto le bombe

Paola Peduzzi

I sopravvissuti evacuati dagli ucraini e quelli deportati dai russi. A Bezimenne i filmati mostrano un "centro di smistamento": interrogatori, controlli e poi il viaggio per la Russia 

Cento persone, soprattutto anziani e bambini, sono emerse dal bunker sotto l’acciaieria Azovstal di Mariupol: gli occhi mezzi chiusi di chi non è più abituato alla luce, i visi pallidissimi, i sacchetti, le lacrime, le descrizioni del buio e della paura, gli autobus diretti a Zaporizhzhia, a centotrenta chilometri di distanza, il nuovo rifugio. La prima grande evacuazione dalla città ucraina rasa al suolo dall’esercito di Vladimir Putin è iniziata domenica e sembra già finita: sono ricominciate le bombe.

Il presidente russo aveva detto che i suoi soldati si sarebbero ritirati e avrebbero allentato l’assedio, ma mentiva. Putin vorrebbe poter dire che Mariupol è conquistata, e in gran parte lo è – è anche interamente distrutta, restano i cadaveri, a migliaia, gettati nelle fosse comuni che si vedono nelle immagini satellitari – ma questi sopravvissuti che emergono dalle macerie appoggiandosi increduli ai militari ucraini rovinano tutto: il presidente russo aveva  chiesto di sigillare quest’isola di resistenza dentro la città del sud così strategica per i piani russi, “non deve uscire nemmeno una mosca”, e oggi invece si vedono degli essere umani piegati ma vivi che si incamminano verso il prato verde degli autobus. E’ inaccettabile per lui, e ribombarda. Le evacuazioni sono state interrotte. Mosca mente e confonde per l’ennesima volta: contrappone a queste evacuazioni a tempo, condizionate dalla violenza russa, le sue evacuazioni. Usa lo stesso termine, ma le sue evacuazioni sono deportazioni di ucraini in Russia. 

 

Fin dall’inizio della guerra, quando è apparso subito chiaro che i civili erano il principale obiettivo dell’esercito russo, si è discusso di corridoi umanitari, cioè di come mettere in salvo la popolazione ucraina. La Russia li ha impediti: gli unici corridoi che hanno funzionato, anche da Mariupol, sono stati gestiti soprattutto da privati, auto e autobus affittati, caricati in tutta fretta tra un bombardamento e l’altro. I corridoi umanitari funzionano in entrambe le direzioni: ci sono gli aiuti da portare nelle città sotto assedio. Ma non è mai stato nell’interesse dei russi spezzare gli assedi, anzi, ridurre alla fame i cittadini è  una strategia di guerra utilizzata da Mosca per piegare le resistenze locali. Così anche gli aiuti umanitari sono arrivati poco e male. 

 

Poi ci sono le deportazioni. Il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, lo stesso che fino a qualche mese fa era considerato dalle diplomazie internazionali come un interlocutore credibile e mondano, ha detto che più di un milione di ucraini sono stati evacuati nel territorio russo, inclusi 120 mila stranieri e persone provenienti dalle regioni autoproclamatesi repubbliche di Donetsk e Luhansk. Secondo Lavrov, 2,8 milioni di ucraini hanno chiesto di essere evacuati in Russia: è il consueto tentativo di Mosca di mostrare che c’è un consenso  tra gli ucraini, che esistono persone che dopo due mesi e più di violenze vorrebbero vivere sotto il regime russo. 

 

Mosca ha detto di aver messo “in salvo” 46 persone dall’acciaieria Azovstal sabato e altre 80 domenica. Ci sono i filmati degli arrivi a Bezimenne, a circa trenta chilometri da Mariupol, in territorio ucraino occupato dai russi dal 2014. I convogli con cui sono arrivati hanno disegnata l’oscena Z (la stessa che si vede, oltre che sui mezzi militari, sui camion carichi di grano che attraversano l’Ucraina diretti in Russia). I russi sostengono che chi arriva a Bezimenne poi sarà consegnato alla Croce Rossa e all’Onu. Un’inchiesta video fatta dalla Cnn ad aprile mostrava un “centro di smistamento” proprio a Bezimenne: i russi controllavano documenti e telefoni, prendevano le impronte digitali,  scrivevano tutto su un registro e spedivano gli ucraini in Russia. Dei deportati non ci sono più notizie.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi