L'America latina è leader mondiale nelle vaccinazioni

Maurizio Stefanini

Il Wall Street Journal e altri media registrano che il ritardo iniziale è stato colmato, e che secondo il progetto di ricerca "Our World in Data" il Sud America ha raggiunto il 62 per cento della popolazione vaccinata con due dosi o con la dose unica Johnson & Johnson: è la regione più vaccinata del mondo

Dopo essere stata la regione del mondo in cui il Covid ha colpito di più, adesso l’America Latina sta rapidamente uscendo dall’emergenza proprio grazie alla rapidità con cui sta vaccinando la propria popolazione. E' la regione del mondo più vaccinata dopo l’Australia, da un terzo dei decessi mondiali per Covid è così precipitata all’8 per cento, che è in linea col suo peso nella demografia mondiale.

 

Già a inizio novembre il virologo Felix Drexler e il politologo Bert Hoffmann in un saggio uscito su Giga Focus – rivista scientifica dell’Istituto tedesco di studi globali e regionali –ipotizzavano che in America latina per il Covid forse il peggio era passato. Adesso, mentre vari media attestano il boom delle vaccinazioni della regione, un lungo articolo del Wall Street Journal conferma il collegamento tra le due cose. Drexler e Hoffmann  avevano appunto ricordato che con solo l’8,4 per cento della popolazione mondiale l’America latina aveva totalizzato un terzo dei 5 milioni di morti per Covid fino ad allora contati. Il Brasile era al secondo posto mondiale per vittime in senso assoluto dopo gli Usa, e il Perù primo come tasso in rapporto alla popolazione. “I sistemi sanitari sull’orlo del collasso e con fondi insufficienti, l’accesso tardivo e limitato ai vaccini, le disuguaglianze sociali profondamente radicate, l’informalità e le politiche incoerenti hanno contribuito a questi deplorevoli risultati”, spiegavano. E anche le ricadute sociali erano drammatiche, con almeno 22 milioni di persone sotto la soglia di povertà nel corso del 2020.

 

Ma la regione sembrava “stesse prendendo un attimo di respiro”, malgrado l’arrivo della variante Delta. Il rapporto registrava ancora forti dubbi, a proposito del tasso di vaccinazione ancora molto ineguale, tra paesi come Cile e Costa Rica che lo avevano più alto di Stati Uniti o Germania, e metà dei latino-americani ancora senza neanche la prima dose. Denunciava inoltre il modo in cui un sistema sanitario brasiliano con buona reputazione si fosse trovato a mal partito per via della disinformazione arrivata attraverso i social e dell’attitudine negazionista del presidente Bolsonaro.  Trovava incoraggiante il fatto che dopo aver dipeso in gran parte per l’arrivo di vaccini da Cina, India e Russia ora le maggiori forniture avessero iniziato ad arrivare dagli Usa e dall'iniziativa multilaterale Covax, che i governi avessero anche iniziato a  trattare direttamente con le case farmaceutiche, e anche che iniziassero a essere sviluppati vaccini locali: innanzitutto quello di Messico e Argentina con AstraZeneca, ma anche quelli cubani, anche se già prevedeva che avrebbero avuto problemi a essere omologati dalla Oms. Effettivamente il riconoscimento è ora arrivato per il primo, ma non ancora per i secondi.

 

A due mesi di distanza, Wsj e altri media registrano appunto che effettivamente il ritardo è stato colmato, e che l’America latina è invece ora leader mondiale nelle vaccinazioni, con il 62 per cento della popolazione che ha ricevuto  due iniezioni o la singola dose di Johnson & Johnson. E' più che del 60 per cento dell’Europa, il 56 del Nord America o il 54 dell’Asia, secondo il progetto di ricerca sulla pandemia dell’Università di Oxford “Our World in Data”. Insomma, tra le “parti del mondo” solo l’Australia ha fatto meglio. Ciò grazie al fatto che piaghe ataviche come la febbre gialla rendono storicamente i latino-americani meglio in grado di comprendere l’importanza dei vaccini, e alla fine la disponibilità della gente è più importante che non i problemi strutturali per cui ad esempio il Guatemala  è riuscito somministrare solo una prima dose a un terzo della sua popolazione e anche il Messico è ancora in ritardo. Ma il presidente Andrés Manuel López Obrador è stato altrettanto negazionista che Bolsonaro, anche se curiosamente la stampa internazionale e italiana hanno sembrato dare molto più spazio al “destro” presidente brasiliano quando diceva che il vaccino “trasforma in caimani” che non al “sinistro” suo collega messicano quando diceva che il Covid si cura “essendo onesti e pregando la Vergine di Guadalupe”. 

 

In compenso, un altro personaggio contestato come il presidente salvadoregno Nayib Bukele è stato efficientissimo, e facendo incetta di vaccini cinesi ha dato due dosi ai due terzi dei 6,5 milioni di abitanti del suo pur povero paese. Adesso Bukele dice addirittura che vuole rinunciare al meccanismo Covax, e si è messo lui a regalare 30 mila dosi al vicino Honduras.