(foto LaPresse)

Putin non funziona

Micol Flammini

Il virus nell’Artico e le proteste degli operai russi. Vladimir non riesce ad approfittare della crisi come voleva

Roma. Andrei Pertsev è un giornalista del Kommersant, uno dei quotidiani russi più diffusi. In uno dei suoi ultimi editoriali si chiede: cosa accade se uno dei valori russi immutabili, Putin, inizia a distruggere l’altro valore russo immutabile, la stabilità? Il capo del Cremlino piace per questo, per la prevedibilità della sua politica, per l’impressione di immutabilità che ha dato a questi vent’anni. Il 2020 ha cambiato tante cose, e Vladimir Putin ha prima deciso di introdurre delle modifiche costituzionali, dando uno scossone alla stabilità, e nel momento in cui la Russia invece avrebbe avuto più bisogno della sua capacità di prendere decisioni, ha scambiato l’inamovibilità per stabilità: il coronavirus avanzava e lui si rifiutava di prendere delle misure per contenerlo. Quindi, scrive Pertsev, il presidente è diventato un vero nemico della stabilità, anche agli occhi di tanti cittadini. Anche agli occhi di tanti lavoratori, che continuano a lavorare in condizioni di scarsa sicurezza. Gli operai di Gazprom, la più grande compagnia energetica russa, nei giorni scorsi hanno iniziato a protestare soprattutto sui social, hanno detto che lavorano senza mascherine, dormono in dormitori comuni molto affollati, hanno scioperato chiedendo che venissero predisposti degli ospedali, eseguiti tamponi. Putin è andato in televisione, lui così riluttante all’inizio della crisi sanitaria a parlare di coronavirus, ha detto che la quarantena dovrà durare ancora, almeno fino al 12 maggio. Gli operai hanno protestato davanti agli uffici della Gazprom urlando: “Dov’è la quarantena?”. L’azienda ha detto che da domani i giacimenti della zona delle proteste, in Jacuzia, verranno chiusi, fino alla fine dell’emergenza, intanto il governatore della regione ha annunciato che sono stati testati tutti i diecimila lavoratori nel campo di Chayanda, che fornisce gran parte del gas del gasdotto Power of Siberia, e, sebbene i risultati non siano ancora pronti, "il numero di malati è significativo".

 

La Russia ormai ha più di centomila casi di Covid-19 e insieme agli Stati Uniti è il paese con il ritmo delle infezioni più alto, anche se il tasso di crescita si sta stabilizzando. Mosca è il focolaio più grande, una metropoli densamente popolata, con continui scambi con l’estero. Nelle province i focolai sono scoppiati all’interno degli ospedali o delle case di riposo, ma anche in villaggi remoti della zona artica. Questi villaggi hanno una particolarità, lì lavorano molte delle industrie del petrolio e del gas del paese, lì arrivano tanti lavoratori, non soltanto russi, ma anche turchi e moltissimi cinesi. E’ un finto isolamento quello delle zone artiche, in cui il lavoro intenso e il via vai degli ospedali ha creato dei piccoli focolai molto pericolosi. Secondo la Bbc russa uno dei maggiori centri del coronavirus è il villaggio di Belokamenka, sul mare di Barents, dove gli operai stanno costruendo un impianto di approvvigionamento di gas naturale. Anche qui i lavoratori hanno iniziato a fotografare le loro condizioni e a diffonderle sui social. Hanno raccontato che arrivano sul posto di lavoro in piccoli pullman, che vivono in dormitori, che per i nuovi arrivati la quarantena dura quattro o cinque giorni e soprattutto che i casi di coronavirus stanno aumentando. Un altro focolaio è a Sabetta, un porto sul mare di Kara. Qui passano i trasporti di gas liquido naturale. La gestione dell’epidemia e le misure da adottare, il Cremlino le ha affidate alle istituzioni locali, e a fine marzo, il governatore della regione aveva chiesto alle compagnie energetiche di non prendere nuovi lavoratori, ma di mantenere le stesse squadre almeno fino all’estate. Joshua Yaffa del New Yorker, che è andato sul posto, ha detto che nessuno ha prestato attenzione alle parole del governatore, tanto più che i settori strategici come quello energetico hanno continuato a lavorare e a far arrivare con i trasporti, ormai organizzati da mesi, squadre di lavoratori, centinaia.

 

Alla Russia non piace sentirsi instabile, e il coronavirus, arrivato dopo l’annuncio di Putin di voler modificare la Costituzione, sta diffondendo una sensazione di insicurezza, di fragilità. Non sono chiare neppure le misure economiche, emerge soltanto l’immagine di un presidente incapace di prendere decisioni fuori dall’ordinario e di farsi consigliare. Se questo virus davvero doveva rappresentare un’occasione per gli autocrati di consolidare il proprio potere, in Russia c’è un autocrate che questa occasione non riesce proprio ad afferrarla.