Roma. L’Amministrazione Trump è entrata nella seconda fase della crisi da coronavirus. La prima è durata pochi giorni ed era quella della minimizzazione del rischio. Il presidente durante un comizio venerdì sera nella Carolina del sud aveva descritto l’epidemia come una bufala molto pubblicizzata dai democratici per danneggiarlo – il giorno dopo c’è stato il primo decesso – e otto giorni fa aveva twittato che “tutto è sotto controllo”. Non poteva durare, perché il numero di contagiati americani cresce secondo la progressione matematica che abbiamo imparato a conoscere in Italia e per ora ha superato il centinaio – sparsi fra diversi focolai. La Borsa la settimana scorsa ha dato segni di panico con le perdite peggiori dal 2008 perché non era molto convinta dalle rassicurazioni del governo. Come hanno spiegato alcuni esperti al Washington Post, il virus è in territorio americano da almeno sei settimane, quindi da gennaio, e adesso è soltanto questione di scoprire dove salteranno fuori i raggruppamenti più pericolosi – o più veloci a espandersi – di ammalati. L’Amministrazione ieri ha detto che entro la settimana avrà a disposizione mezzo milione di kit per fare i test, ma il numero di laboratori che possono analizzare i risultati è sempre quello quindi c’è un collo di bottiglia. È probabile che più aumenteranno i test fatti e più aumenterà il numero di contagiati.
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