Annegret Kramp-Karrenbauer e Angela Merkel (foto LaPresse)

Viva la destra che si vergogna dei barbari

Claudio Cerasa

Non esistono compromessi responsabili con partiti irresponsabili. La lezione della destra tedesca sui confini della libertà

O tempora, o mores. C’è una destra europea che per ragioni di sopravvivenza ha scelto di rassegnarsi a essere una costola di una destra antieuropea e c’è poi un’altra destra europea che per ragioni di Dna ha scelto di fare della lotta contro la destra antieuropea un tratto non negoziabile della propria identità.

 

La prima destra è quella che si trova in Italia ed è una destra che vive nella contraddizione di voler liberare l’Italia dallo stesso populismo presente nel partito con cui oggi si ritrova alleata. La seconda destra è quella che si trova in Germania ed è una destra che vive una condizione del tutto opposta, come ci testimoniano le dimissioni rassegnate ieri da Annegret Kramp-Karrenbauer dalla leadership della Cdu. La seconda destra, quella ancora popolare guidata in Germania da Angela Merkel, è una destra che ieri ha offerto al resto d’Europa una formidabile lezione sulla necessità per gli europeisti di non mescolarsi con gli antieuropeisti, sul dovere degli antipopulisti di non farsi sedurre dai populisti, sull’urgenza per gli amici della società aperta di non iniettare nelle proprie vene i virus veicolati dai sostenitori delle istanze illiberali.

 

In questo senso, la scelta di Annegret Kramp-Karrenbauer di rassegnare le sue dimissioni da leader della Cdu non è solo una storia che ci dice molto sulla difficoltà di trovare una nuova Merkel. Ma è anche una storia che ci dice molto sulla formidabile specificità di una destra, come la Cdu, cresciuta in un paese che conosce bene quali sono i rischi di sdoganare partiti che giocano con l’odio, che trescano con la xenofobia, che soffiano sul negazionismo e che alimentano l’euroscetticismo. Akk si è dimessa per non essere riuscita a evitare ciò che è capitato la scorsa settimana in Turingia, quando il presidente liberale del land, Thomas Kemmerich, era stato eletto con l’appoggio esterno dell’estrema destra dell’AfD, i cugini tedeschi di Matteo Salvini che al Parlamento europeo si trovano nello stesso gruppo di cui fa parte la Lega. Lo ha fatto perché, come spiegato ieri dalla Akk, l’AfD “sostiene tutto quello cui noi siamo contrari e per cui collaborare con loro ci indebolisce”. E in questa frase apparentemente retorica c’è in realtà tutta la potenza di un messaggio da sballo: le libertà o sono piene o non sono e quando c’è di mezzo la difesa della nostra democrazia semplicemente non esistono compromessi possibili.

 

Gli equilibri della destra tedesca – così come quelli della destra austriaca, dove Sebastian Kurz, mesi fa, ha rifilato un altro splendido ceffone alla destra nazionalpopulista, cacciandola dal governo – sono diversi rispetto a quella italiana e il partito di Angela Merkel ha ovviamente un consenso che vale tre o quattro volte quello del partito del Cav. Ma con l’arrivo in Italia di un proporzionale non troppo diverso rispetto a quello che ha oggi la Germania ciò che resta in Italia della destra europea avrà finalmente una buona scusa per guardarsi allo specchio e capire se fare compromessi responsabili con le destre irresponsabili non sia diventato un ossimoro pericoloso per le nostre libertà. O tempora, o mores. Intanto, che sballo questa destra europea che ha ancora il coraggio di vergognarsi dei barbari.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.