Angela Merkel (foto LaPresse)

L'eredità di Angela

Paola Peduzzi

Sul palco della Cdu brillava lo slogan: “Il centro forte della Germania”. Chi ne sarà il garante nel dopo Merkel?

Milano. Ieri a Lipsia si è aperto il congresso della Cdu tedesca e molti, come spesso accade nelle riunioni di famiglia, avevano gli occhi persi nell’album dei ricordi: nel 2003, a Lipsia, Angela Merkel lanciava la cosiddetta svolta liberale del partito cristianodemocratico – flat tax, meno burocrazia, scordatevi il posto fisso a vita – dopo la sconfitta del partito alle elezioni del 2002 (voleva correre la Merkel, il cristianosociale Edmund Stoiber non glielo permise, e poi perse di poco contro il cancelliere Gerhard Schröder).

 

Il 22 novembre del 2005, 14 anni fa esatti, la Merkel diventava per la prima volta cancelliera tedesca, dopo aver vinto le resistenze interne al partito e aver battuto di un soffio Schröder. Lipsia ha un significato speciale nella storia merkeliana e della destra tedesca e ieri questo correre dal passato al presente avanti e indietro era molto visibile: il pubblico era caloroso e accogliente, mentre la leadership della Cdu cercava di nascondere il suo perenne nervosismo, l’insofferenza nei confronti delle scelte di successione della Merkel e in generale della sua cautela che per molti dei presenti è semplicemente immobilismo. L’eredità della cancelliera era in realtà piazzata lì, in bella mostra, nello slogan sul palco – “il centro forte della Germania” – che proiettava il partito fuori dai suoi conflitti e dentro alle sfide future del paese, come a dire: qui non stiamo scegliendo soltanto il mio successore, ma il garante di una formula politica che sa di moderazione, dialogo, apertura. Ma: chi sarà questo garante?

 

Il ministro della Difesa, Annegret Kramp-Karrenbauer, è la delfina designata dalla Merkel, ma oggi non pare più tanto convincente. Ieri ha fatto un discorso molto bello (molto più di quello dell’anno scorso, che era incentrato su di sé e sulla Cdu) sulla Germania che verrà, sull’impossibilità di unirsi mai e poi mai ai “piromani” dell’estrema destra, sull’energia del riformismo e alla fine ha posto la questione su se stessa: se non vi fidate di me, parlate adesso, sono disposta a lasciare il posto, altrimenti tacete per sempre. Sette minuti di standing ovation. 

 

Si pensava che Friedrich Merz, che era stato battuto dalla Kramp-Karrenbauer ed è in ostilità con la Merkel proprio da quel fatidico 2003, avrebbe colto l’offerta della leader designata al volo: molti ripetono anche pubblicamente che la credibilità della Kramp-Karrenbauer è bassa e che con lei il partito è destinato a un declino ancora più rapido, e Merz lo fa quasi ogni giorno. Ma ieri, mentre tutti aspettavano famelici l’assalto, Merz ha tenuto il discorso più conciliante di sempre, si è preoccupato piuttosto di segnare le differenze con gli altri partiti, compresi i compagni di coalizione dell’Spd. Invece che avviare la guerra, Merz ha preferito mettere a tema l’altra grande domanda in sospeso: reggerà la grande coalizione? E soprattutto: ci conviene? La risposta non sta soltanto nelle mani della Cdu, che anzi potrebbe ritrovarsi a subire la decisione dell’Spd, che sta scegliendo il proprio leader proprio sulla base del futuro della coabitazione. Ma l’applauso più grande Merz non l’ha avuto sull’Spd, ma sui Verdi: “Quando Greta Thunberg dice ‘mi avete rubato la mia giovinezza’, le rispondo: ma no, la vostra generazione ha la migliore giovinezza di tutti i tempi” (l’inviato del Monde a Lipsia, Jean-Michel Hauteville, dice che una sua collega ha sussurrato “ok boomer”, ma non s’è sentito tra gli applausi).

 

Una volta che Merz non ha affondato la lama, il pomeriggio è trascorso molto più serenamente, pure se è rimasta la possibilità di farsi dispetti di varia natura. Tutti hanno ascoltato con inaspettata attenzione Armin Laschet, il governatore del Nord Reno-Westfalia, perché i rumors dicono che sia lui lo sfidante più pericoloso della Kramp-Karrenbauer. Ma ormai la tensione si era allentata, lo scontro è forse rimandato, o continua dietro le quinte, perché appare inevitabile. In gioco non c’è soltanto la leadership del partito – in ogni caso la Cdu deve negoziare anche con la Csu per la nomina del candidato cancelliere – ma un progetto politico che finora ha avuto la regia quasi solitaria della Merkel e che poi non l’avrà più. Molti criticano la cancelliera perché si è ritrovata dopo 14 anni senza una successione solida, e ricordano che tutti gli aspiranti del passato sono stati azzoppati proprio dalla Merkel. Non si sa se la scommessa sulla Kramp-Karrenbauer sia perduta, ma è certo che il centro forte della Germania, con la spinta dei “piromani” di estrema destra e la convinzione dell’Spd che tutto sia meglio di un’alleanza con la Cdu, abbia bisogno di trovare un suo nuovo leader.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi