Olaf Scholz (foto LaPresse)

Scholz o Walter-Borjans? Il nuovo leader dell'Spd è un segnale per tutte le sinistre

Paola Peduzzi

Oggi i socialdemocratici scelgono tra il ministro delle Finanze e il “Robin Hood” del momento. A rischio è la grande coalizione

Milano. Dopo sei mesi di riflessione, molte divisioni interne, risultati elettorali deludenti e una doppia votazione, questo pomeriggio alle 17 l’Spd dirà i nomi dei suoi prossimi leader – due, un uomo e una donna – dopo le dimissioni a giugno di Andrea Nahles. I 426 mila membri del Partito socialdemocratico tedesco devono scegliere tra il ticket capitanato da Olaf Scholz, 61 anni, attuale ministro delle Finanze soprannominato “Scholzomat” (il nomignolo è molto antico, risale al 2004, quando Scholz, che aveva cominciato a 17 anni la sua militanza nell’Spd nell’ala più a sinistra, si presentava in tv a difendere le riforme liberali del governo Schröder, e pareva un robot), e quello guidato da Norbert Walter-Borjans, 67 anni, ex ministro delle Finanze nel Nordreno-Westfalia, soprannominato “Nowabob” per comodità visto il nome complesso, ma noto soprattutto come “Robin Hood”. Scholz, che si candida assieme a Klara Geywitz, avvocato quarantatreenne del Brandeburgo (est della Germania) poco noto ma, dicono, molto abile nella negoziazione, rappresenta la continuità, cioè la volontà dell’Spd di rimanere all’interno della grande coalizione assieme alla cancelliera conservatrice, Angela Merkel, fino alla fine della legislatura. Walter-Borjans, che è candidato assieme a Saskia Esken, cinquantottenne nata a Stoccarda, attivista per le pari opportunità e contro l’estrema destra, vuole tirare fuori l’Spd dalla “landa selvaggia neoliberale”, prendere di petto “gli errori del passato” e uscire dalla grande coalizione con la Cdu.

 

La decisione sul futuro dell’alleanza di governo da parte dell’Spd (c’è anche la parte Cdu/Csu da considerare, che è quella di maggioranza) sarà presa al congresso di partito previsto il 6 dicembre a Berlino, ma l’umore di quell’incontro sarà naturalmente condizionato da quale coppia vincerà la votazione interna. Al primo turno, la maggior parte dei favori è andata al ticket Scholz-Geywitz, ma con il 23 per cento dei consensi, pochi e molto vicini al 21 per cento dei rivali, e per questo l’esito finale è incerto. A pesare su Scholz, che è molto conosciuto e che ha l’establishment del partito dalla sua parte, ci sono i risultati elettorali pessimi: nel 2017, l’Spd vinse il 20,5 per cento dei consensi, un picco negativo storico, e da allora è soltanto peggiorata e nei sondaggi è data al 14 per cento. Non si può continuare così, ripetono tutti. Walter-Borjans intercetta proprio questo sentimento molto presente tra i giovani dell’Spd che non è confinato soltanto alla Germania e che vede nel riformismo delle sinistre occidentali una falla da colmare presto con una svolta a sinistra, che nella fattispecie inizia con la rottura del patto di governo con i cristianodemocratici ma che porta a sistemarsi molto lontano dal centro e dal dialogo con la destra (e pazienza se nel suo Land, sotto la sua amministrazione, il debito è aumentato del 60 per cento). La tentazione, come si sa, non riguarda soltanto la sinistra tedesca, nel Regno Unito e in America ha già leader di riferimento riconoscibili: è così che una votazione interna dell’Spd e la coppia che vince oggi riguardano anche noi.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi