Olaf Scholz con Klara Geywitz (foto LaPresse)

Separare la carriere tra banche e governi

Claudio Cerasa

La riforma del Mes e la buona bozza Scholz lanciata dal vice Merkel sono due passi formidabili per far maturare l’Europa e rompere un legame mortale: quello tra banche e debiti sovrani. Perché i nazionalisti hanno paura di un’Europa più forte

Olaf Scholz è un politico tedesco che probabilmente dirà poco a molti lettori ma per due ragioni diverse questo nome è diventato improvvisamente cruciale nel determinare il futuro della politica economica europea.

 

La prima ragione riguarda il futuro personale di Scholz. Dal 14 marzo del 2018 è il vicecancelliere della Germania e, da esponente di primo piano del suo partito, l’Spd, oggi è impegnato in una competizione elettorale importante da cui dipenderà il futuro non solo del suo partito. Scholz corre per guidare l’Spd, il 26 ottobre ha raggiunto il ballottaggio che si terrà tra il 6 e l’8 dicembre e qualora dovesse essere sconfitto dal suo sfidante, l’economista Norbert Walter-Borjans, molto critico per la scelta dell’Spd di essere al governo con Cdu e Csu, la grande coalizione tedesca potrebbe crollare.

 

La seconda ragione per cui il nome di Scholz è molto importante riguarda il suo incarico all’interno del governo. Scholz è anche ministro delle Finanze e giorni fa ha consegnato al Financial Times una proposta cruciale per provare a dare uno sprint all’Unione bancaria. Fino a oggi la proposta è stata discussa per ragioni sbagliate e in particolare per un’idea che non fa parte dei negoziati che il ministro tedesco sta portando avanti con i suoi colleghi al governo dell’Eurozona: la ponderazione dei titoli sovrani all’interno delle banche. Una delle idee di Scholz era introdurre, all’interno di ciascuna banca europea, una ponderazione dei titoli di stato basata sul livello di rischio. La proposta è stata però stracciata da tempo e oggi al centro della bozza vi è un tema che ha una sua rilevanza non solo per ragioni tecniche ma anche culturali oltre che economiche e che potrebbe finalmente sanare una ferita importante che si era aperta in Europa nel 2011. La proposta di Scholz non è quella di ponderare all’interno delle banche i titoli di stato ma è costringere le banche a prevenire rischi futuri legati al paese in cui operano attraverso un’operazione cruciale che rischia di cambiare molto la geopolitica bancaria del nostro paese: inserire dei parametri per diversificare il portafoglio delle banche e non avere più un eccesso di concentrazione.

 

La questione riguarda molti aspetti della vita delle banche italiane ma ne riguarda soprattutto una: la necessità e anzi la possibilità per le grandi banche di disfarsi progressivamente di un certo numero di titoli di stato. Oggi nella pancia delle banche italiane ci sono circa 400 miliardi di euro investiti in titoli di stato, alcuni istituti di credito hanno investimenti in titoli di stato che occupano più del 50 per cento del proprio portafoglio e la possibilità di rivedere i propri livelli di concentrazione offre un’opportunità che andrebbe studiata con attenzione: separare le carriere delle banche italiane e i debiti sovrani e responsabilizzare gli stati ricordando ai governi che nel corso del tempo non sarà più data la possibilità di scaricare sulle banche il peso del rischio politico del proprio paese.

 

Nel 2011 la correlazione tra rischio sovrano e rischio bancario ha creato un circuito perverso che ha permesso di accelerare le crisi di alcuni paesi europei e oggi in Europa il dibattito su come rompere il legame tra banche e debito sovrano è articolato all’interno di questa dialettica: i tedeschi chiedono di ridurre il debito pubblico e in subordine di ridurne la quantità in carico alle banche, così che una crisi del debito non produca crisi del settore finanziario, l’Italia, assieme ad altri paesi, chiede che al “risk reduction” venga affiancato un “risk sharing”, in modo da garantire che se una banca ha problemi ci siano risorse sufficienti per rilanciarla con risorse comuni europee a prescindere dallo stato nel quale ha sede la banca che entra in crisi. A tutto questo va poi affiancato un punto importante contenuto all’interno del negoziato per la riforma del famoso Fondo salva stati che il precedente governo è riuscito a modificare inserendo un altro elemento utile a separare le carriere di banche e debito sovrano: un meccanismo di salvataggio delle banche più funzionale rispetto a quello che esiste oggi che permetterà a una banca di sistema che si trova in difficoltà di chiedere aiuto direttamente a un meccanismo che si chiama Single Resolution Board (oggi, con le attuali norme, il Fondo salva stati può intervenire solo dopo la richiesta dello stato). Provare a separare il destino delle banche e dei debiti sovrani è, come si dice, una precondizione per una mutualizzazione dei rischi e per una maggiore integrazione bancaria e fiscale europea e l’idea di avere un’Europa più forte e più integrata che tenta di esercitare una sovranità che superi i confini delle nazioni non può che far impazzire tutti coloro che hanno alimentato per anni la retorica vuota del nazionalismo. Ma la storia delle nostre banche e la storia dei nostri debiti sovrani ci ricorda che per dare maggiore sovranità a un paese che fa parte dell’Europa occorre fare le due cose che i populisti di solito si rifiutano di fare: occuparsi di come far scendere il debito pubblico, e non di come farlo esplodere senza badare a conseguenze, e occuparsi di rafforzare l’Europa per dare la possibilità ai paesi membri di trattare con i giganti del mondo non da topolino a elefante ma da elefante a elefante. In attesa di separare le carriere dei magistrati, separare le carriere dei rischi delle banche da quelle dei debiti non sembra essere una cattiva idea.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.