(Foto LaPresse)

I cinque stelle senza casa in Europa

David Carretta

I Verdi sono sospettosi con i grillini per tre ragioni: la Casaleggio, i porti aperti-chiusi e la posizione sulla Cina

Strasburgo. Il Movimento 5 stelle voterà oggi a conferma della Commissione di Ursula von der Leyen nel tentativo di uscire dalla propria marginalità al Parlamento europeo, ma Beppe Grillo potrebbe aver posto fine al sogno dei suoi eurodeputati di approdare nel gruppo dei Verdi. I post sul suo blog per giustificare la politica di internamento di massa della minoranza uigura condotta dalla Cina nello Xinjiang, nonché l’incontro di sabato con l’ambasciatore cinese in Italia, hanno creato molte preoccupazioni nei Verdi europei. “Ingiustificabile”, ha detto il presidente del gruppo, Philippe Lamberts: “Se Beppe Grillo fa questo, non è un argomento che possa attirare la simpatia dei Verdi”. Più scavano sotto la superficie del M5s, più i Verdi scoprono ragioni per non aprire la loro porta.

 

Il tentativo di dialogo tra il Movimento 5 stelle e i Verdi all’Europarlamento era formalmente iniziato a settembre, con una missione di “fact-finding” che doveva permettere alla leadership degli ecologisti di verificare se ci sono le condizioni per una collaborazione reale e sincera. I sospetti da parte dei Verdi erano molti. Nella passata legislatura – quella dell’alleanza “ci faremo un sacco di risate” tra Grillo e Nigel Farage – c’erano stati alcuni primi vani abboccamenti. Dopo le elezioni europee del 26 maggio, i deputati del M5s erano tornati a bussare a tutte le porte – Verdi, liberali di Renew Europe, euroscettici Conservatori, gruppo comunista, il Brexit Party di Farage – senza trovare una casa disposta ad accoglierli. Nei non-iscritti hanno meno margine di manovra politico (solo i gruppi possono presentare risoluzioni ed emendamenti in plenaria senza raccogliere decine di firme) e meno soldi e funzionari. A giugno i Verdi avevano risposto un secco “no” a causa dell’alleanza di governo in Italia con la Lega di Matteo Salvini, ma aggiungendo una postilla: se cade la coalizione populista, ne possiamo ridiscutere. Con la Brexit i Verdi perderanno 11 deputati e il M5s avrebbe potuto compensare l’uscita dei britannici. I rapporti tra deputati a Bruxelles e Strasburgo sono buoni. Ma per i Verdi i “fatti” che stanno emergendo nel “fact-finding” assumono un peso più rilevante dell’aritmetica parlamentare.

 

A suonare per prima il campanello d’allarme è stata Alexandra Geese, eurodeputata tedesca che parla un perfetto italiano ed è dunque in grado di guardare oltre gli slogan tradotti sbrigativamente. La presenza della Casaleggio Associati dietro al M5s è un “pericolo” per la democrazia, aveva detto Geese in un convegno il 12 novembre. “Vogliamo che i partiti siano gestiti in modo democratico. I legami tra la Casaleggio e i M5s sono abbastanza strani. E questo è quanto abbiamo detto agli interlocutori dei Cinque stelle”, ha confermato ieri Lamberts, che ha condotto le discussioni con Fabio Massimo Castaldo e Tiziana Beghin. “I Verdi tedeschi hanno imprese che vendono loro servizi? Ovvio. Ma queste imprese hanno contratti di fornitori con il partito e non hanno niente a che fare con la governance del partito”. Secondo Lamberts, la Casaleggio “è il problema numero uno, ma non il solo”.

 

Il problema numero due è scoppiato nella sessione plenaria di ottobre, quando il M5s ha annunciato tre emendamenti comuni con i Verdi in una risoluzione sui salvataggi dei migranti in mare, ma dando l’impressione di usare un doppio linguaggio. Il messaggio per gli interlocutori Ue era “porti aperti”. Quello per la base italiana era tutt’altro: per le ong valgono le “leggi nazionali applicabili” (in Italia sono i decreti Salvini). L’astensione del M5s ha fatto fallire la risoluzione. Per Lamberts è stata “una delusione” e forse qualcosa di più: “Francamente le ragioni invocate (per l’astensione) non erano molto chiare. Gli emendamenti usati per giustificare l’astensione erano o insignificanti o non lo erano, ma allora per la ragione sbagliata. Se lo hanno fatto per proteggere i decreti Salvini, che sono all’esatto opposto di quel che pensiamo, allora abbiamo un problema maggiore”. Il problema numero tre è esploso ieri, quando il Foglio ha chiesto a Lamberts dei post sul blog di Grillo a difesa della repressione della Cina contro gli uiguri e dell’incontro con l’ambasciatore di Pechino. “Non è uno scandalo incontrare un ambasciatore della Cina. E’ capitato anche a me, ma in generale è per avere un dialogo muscoloso”, ha risposto Lamberts. “Si può giustificare quello che avviene nello Xinjiang? Evidentemente no. Questa è l’opera di una dittatura che sta internando in modo massiccio i suoi cittadini. Giustificare gli abusi di un regime come quello cinese, che invece di evolvere verso il buon senso evolve verso la fossilizzazione della sua dittatura, è ingiustificabile”. E ora che fare per il M5s? “Da parte nostra c’è stata massima apertura e assoluta buona fede” e “abbiamo smentito luoghi comuni attribuiti al M5s”, ha detto al Foglio Castaldo. “Bisogna capire se dall’altro lato c’è ancora un interesse o se ci si nasconde dietro a tatticismi, scuse e giustificazioni molto fragili. Se non veniamo considerati un interlocutore democratico e credibile noi ci possiamo aprire altre strade”, ha spiegato Castaldo.

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