Un aereo da combattimento israeliano F-15 durante un’esercitazione nel deserto del Negev (foto di Jack Guez / AFP)

I raid israeliani s'allargano

Daniele Raineri

I media arabi (imbeccati da Israele?) descrivono le nuove missioni in Iraq e oltre

Tre giorni fa al mattino presto c’è stata un’esplosione nella base militare di al Saqr nella periferia meridionale di Baghdad, in Iraq. Nel 2008 passai un paio di settimane in quella base quando si chiamava Fob Falcon (Fob: Forward Operating Base), era sotto il controllo dei soldati americani e serviva a intercettare i combattenti dello Stato islamico che dalle zone di campagna a sud tentavano di infiltrarsi dentro alla capitale. Dai tetti della base Falcon si vedevano molti quartieri di Baghdad e a est c’era il fiume Tigri e la sponda dove nel 1981 il regime iracheno aveva tentato di costruire un reattore nucleare assieme ai francesi, il progetto si chiamava Osirak – ma gli israeliani con un raid aereo improvviso avevano raso al suolo tutto. Proprio quella fascia rurale a sud era molto infestata dallo Stato islamico perché il dittatore Saddam nei decenni precedenti vi aveva trasferito decine di migliaia di sunniti, che sono la minoranza irachena che al tempo era fedele a Saddam e si contrapponeva agli sciiti, che in Iraq sono la maggioranza ma all’epoca erano tenuti sotto controllo dal regime. Saddam aveva creato quella zona cuscinetto popolata di sunniti perché temeva che gli sciiti che abitano il sud del paese un giorno potessero marciare sulla capitale, magari assieme agli iraniani, che sono sciiti anche loro. Se ci avessero provato sul loro cammino avrebbero incontrato i sunniti, che si sarebbero dovuti trasformare in guerriglieri e avrebbero dovuto difendere Saddam. Quando nel 2003 Saddam era stato spodestato dagli americani, lo Stato islamico aveva trovato facile presa fra gli abitanti della fascia a sud di Baghdad. Ma questa è storia vecchia, perché l’Iraq di oggi è molto diverso. I soldati americani se ne sono andati (quasi del tutto). Saddam è morto. Lo Stato islamico è impegnato a riprendersi dalla sconfitta. Quell’assetto dell’Iraq durato fino al 2003 è scomparso e oggi gli sciiti sono molto forti. La base Falcon ha cambiato nome ed è passata sotto il controllo delle unità della Mobilitazione popolare, una forza paramilitare di maggioranza sciita. E alcune sottodivisioni della Mobilitazione hanno rapporti molto stretti con gli iraniani. Il fumo dell’esplosione di lunedì si vedeva fin dal centro della capitale e sono circolate alcune spiegazioni che parlavano di un incidente, come per esempio un incendio nel deposito di munizioni. Ma c’è pure il sospetto che si sia trattato di un raid aereo israeliano per colpire alcune armi iraniane nascoste dentro la base.

 

In Iraq i caccia F-35 hanno colpito basi che un tempo erano americane e ora servono come tappe per spostare le armi iraniane verso la Siria

Sta succedendo qualcosa di nuovo in medio oriente. Nel gennaio 2013 gli israeliani hanno cominciato a eseguire raid aerei in Siria per impedire agli iraniani di trasformare il paese in una piattaforma militare per aggredire Israele. Gli aerei hanno bombardato centinaia di bersagli: magazzini segreti di armi, convogli, posti di comando, laboratori per la ricerca e la produzione legati al programma armi chimiche e in qualche caso anche comandanti. Quando un generale iraniano ha commesso l’errore di visitare una postazione vicina alle alture del Golan con un telefonino nei paraggi è stato individuato e ucciso da un drone. Il governo di Gerusalemme per anni non ha riconosciuto la responsabilità di questi bombardamenti e si è comportato come se non stesse succedendo nulla, ma di recente ha cominciato a parlarne – quando ormai il ritmo e l’ampiezza degli strike non lasciavano più alcun dubbio.

 

Alcuni osservatori temevano che l’estate del 2019 sarebbe stata la stagione del Secondo Round, la sempre imminente ripresa della guerra con Hezbollah interrotta nell’estate del 2006. Sarebbe un conflitto molto diverso rispetto a quello di tredici anni fa, da entrambe le parti. Più che contro Hezbollah, sarebbe uno scontro diretto con l’Iran, che di fatto oggi può usare la sua egemonia regionale e muovere uomini, risorse e mezzi molto più rispetto a qualche anno fa. L’Iran intende usare una strategia della saturazione con centinaia di missili sparati assieme per mandare in tilt i sistemi di difesa e intercettazione israeliani. Anche dalla parte di Israele si pensa diversamente al conflitto che potrebbe arrivare. Questa volta il piano include una rappresaglia drastica contro il Libano, per impedire la rigenerazione del nemico sul breve termine. Vuol dire che le infrastrutture come gli aeroporti sarebbero colpite in modo durissimo. In breve: il Secondo Round sarebbe molto più devastante del primo, perché entrambe le parti non si accontenterebbero più di una soluzione temporanea e cercano la vittoria definitiva.

 

I raid allargati all’Iraq e forse allo Yemen fanno parte di una strategia per evitare la guerra al confine nord, che sarebbe devastante

Per evitare questo Secondo Round, gli israeliani hanno adottato una strategia di operazioni preventive che espandono il raggio delle operazioni che continuano a essere fatte in Siria. Per esempio, hanno sorvolato tutto l’Iran dalla capitale Teheran nel nord fino al porto di Bandar Abbas nel sud con i bombardieri invisibili F-35 – che avevano una triplice missione: prendere immagini delle basi iraniane, testare i loro sistemi di difesa (che però non si sono accorti di nulla) e mandare un messaggio implicito di avvertimento alla leadership iraniana. In questo contesto, arrivano le notizie di bombardamenti israeliani mai confermati da fonti ufficiali in Iraq. Un raid ha colpito la base di Amerli il 19 luglio, nel governatorato di Salahuddin, a nord di Baghdad. Un secondo raid molto più pesante ha colpito Camp Ashraf tre giorni dopo nel governatorato di Diyala, a nordest della capitale. Sono entrambe basi che appartengono alla milizia Badr, che è un’organizzazione militare irachene molto collusa con l’Iran (in Iraq la collusione degli sciiti con i vicini iraniani non è automatica come si potrebbe pensare, in molti casi c’è insofferenza, ma talvolta c’è ed è proprio forte). Poi tre giorni fa la notizia dell’esplosione nella ex base Falcon. Gli israeliani hanno ripreso i raid in Iraq in stile Osirak, come nel 1981. I luoghi colpiti fanno parte di quel corridoio ideale che dall’Iran porta missili ed equipaggiamento sofisticato fino alla Siria e al confine con Israele. E’ una rotta di terra che impiega camion refrigerati – come quelli usati per trasportare cibo deperibile – per ingannare gli osservatori e fa tappa in alcune guarnigioni di fedelissimi dell’Iran lungo la strada. In questo modo non c’è più bisogno di fare atterrare i carichi a bordo di aerei passeggeri all’aeroporto internazionale di Damasco, da dove poi erano seguiti con molta più facilità dall’intelligence israeliana, ma il trucco è stato scoperto. In pratica, gli aerei israeliani hanno cominciato a colpire il traffico di armi nelle prime tappe del viaggio, invece che in quelle finali.

 

E’ possibile che gli israeliani stiano facendo filtrare notizie su questo allargamento delle missioni sulla stampa araba. La notizia dei voli sopra Teheran è stata passata al giornale kuwaitiano al Jarida, che da sempre riceve queste imbeccate a uso e consumo dei lettori di lingua araba. La notizia dei raid in Iraq è arrivata da “una fonte militare israeliana” al sito arabo “Independent” (si chiama così, in inglese), che tra le altre cose accenna al fatto che queste missioni potrebbero espandersi anche allo Yemen, dove le milizie filoiraniane stanno andando molto bene nella guerra civile. Il giorno dopo fonti diplomatiche occidentali non meglio specificate hanno detto al giornale Asharq al Awsat (Il medio oriente) che i bombardamenti in Iraq sono stati fatti dagli israeliani. E’ come se Israele volesse mantenere la posizione ufficiale di distacco e neutralità e allo stesso tempo mettere tutti gli attori nell’area sull’avviso.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)